NUOVA EVANGELIZZAZIONE:
UN NUOVO MODO DI EVANGELIZZARE?

In questi ultimi tempi, i documenti della Chiesa – sia del Papa che della Conferenza Episcopale – parlano di “nuova evangelizzazione”.
Tante cose nel mondo, e anche tra di noi, sono cambiate e perciò occorre rimuovere quello che non va bene e immettere nuovi modi di evangelizzare. Perché? Come? È di qui che comincia la nostra riflessione: a partire da una lettura della situazione.

In una società lontana da Dio

Vediamo le chiese sempre meno frequentate, e chi partecipa alla Eucaristia è prevalentemente una persona anziana. Tante famiglie si sgretolano, i matrimoni in chiesa sono sempre meno frequenti, e anche tra coloro che si sposano in chiesa succede non di rado che, dopo pochi anni, molti si separino. I bambini vengono ancora abbastanza al catechismo, ma dopo la prima Comunione e la Cresima non li vedi più. Il clima religioso e cristiano sta scomparendo a vista d’occhio, anche noi viviamo in una società “laica” e che ci tiene ad essere laica (nel senso di estranea alla religiosità e alla religione).
Interroghiamoci sulle cause e anche sul fatto che, mentre in Paesi lontani e chiamati una volta “terra di missione” le comunità cristiane sono ferventi, nei Paesi di tradizione cattolica le cose vanno al contrario. Perché da noi succede questo fenomeno di scristianizzazione?
In parte – dobbiamo riconoscerlo – è la società del benessere che fa dimenticare l’importanza e l’essenzialità della vita di fede e di grazia. Già l’aveva detto Gesù: «Guai a voi, o ricchi... è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli!» (Lc 6,24; Mc 10,25). La ricchezza terrena fa dimenticare la vera ricchezza che è Dio!
Concomitante a questo fenomeno – dell’attrattiva delle ricchezze che allontana da Dio – c’è un altro fenomeno: per molti, il cristianesimo si è ridotto a una dottrina di verità da credere e a una morale di cose da fare e di cose da non fare. E anche la “preghiera” si è ridotta a delle preghiere da recitare, spesso a delle tiritere da pappagalli (salvo poi confessarsi di “avere avuto distrazioni nel recitare le orazioni”!). Tutto lì.

Gesù vivo

È naturale che un cristianesimo ridotto a verità astratte, a doveri da compiere e a formule da recitare, alla fine annoi tutti. E Gesù? Dove è finito? Certo, tutti continuano a dire: “Ma io a Gesù ci credo!”. Sì, ma è una fede relegata tutta nel cervello, una ammissione quasi eguale a quella di chi dice che crede che esiste l’America, esiste il Polo Nord, esiste la Luna... Ma questo Gesù, in cui dici di credere, lo cerchi con tutto il cuore, lo ami?
Facciamo un esempio: in quasi tutte le famiglie c’è il libro dei Vangeli (molti dicono di tenerlo nel cassetto del comodino da notte...), ma pochi lo leggono, qualcuno lo apre ogni tanto, e quelli che lo leggono si limitano a leggerlo, così come si leggerebbe un altro libro. Ma quanti sono talmente affamati e assetati di Gesù, da voler penetrare nel cuore dei suoi insegnamenti, da voler condividere e assimilare i suoi sentimenti, da volersi coinvolgere nella sua vita e – soprattutto – nel mistero della sua passione morte e Risurrezione?
Se pensiamo al tipo di rapporto che esiste tra due innamorati (diciamo pure: tra due innamorati seri e casti), tra due sposi che veramente si amano, e poi lo confrontiamo al rapporto con Gesù – arido, convenzionale, fatto di ripetizione di parole – che distanza passa... Di qui si deduce come mai oggi il cristianesimo si stia spegnendo in molti cuori... E allora, che fare?

Ripartire dall’essenziale

Dal momento che – di solito – la nostra missione evangelizzatrice la viviamo in Paesi di antica tradizione cristiana e quindi ci troviamo soprattutto di fronte a persone e a situazioni di scristianizzazione o di fede indebolita (senza peraltro atteggiarci a cristiani perfetti e quasi non bisognosi di essere anche noi evangelizzati di continuo...), la nostra missione in che cosa può consistere?
Innanzitutto, nel vivere pienamente e con gioia, con umiltà e amore, la nostra fede. Come già abbiamo avuto modo di approfondire, intanto evangelizziamo in quanto siamo autentici cristiani. La dinamica e lo spirito delle Beatitudini devono essere sempre alla base della nostra vita cristiana e quindi della nostra evangelizzazione.
Ma, in più, occorrono altre attenzioni da parte nostra. Una prima attenzione consiste proprio nello “stare attenti” a tutti i casi di disagio, di sofferenza, di solitudine, anche di povertà di fede. I nostri occhi e il nostro cuore non possono essere assenti e distratti. Quante persone gravitano intorno a noi – o noi intorno a loro – e gradirebbero un gesto di attenzione, un piccolo e umile servizio, una parola di amicizia o di conforto, a volte anche il nostro interessamento, le nostre domande; non certo domande curiose, retoriche, ma domande che rivelano la nostra vicinanza di spirito: “Ti vedo triste; hai qualcosa che ti fa soffrire?”... “Posso esseri utile con qualche servizio?”... “Faresti due chiacchiere con me?” ... “Partecipo a un viaggio, a un pellegrinaggio, vorresti venire anche tu?”...

Dio: un problema marginale?

Altre volte l’occasione viene da un fatto, da una situazione che si sta vivendo. Allora un intervento, discreto e non da saccente, per richiamare un motivo di fede, può essere utile e aprire non solo una conversazione, ma anche delle vere e proprie confidenze. Ad es., la malattia o la morte di una persona cara, un matrimonio imminente, la nascita di un bimbo possono essere commentati con una parola di fede.
Ma queste parole di fede, come vanno dette? Senz’altro, in una luce positiva, di gioia, di comunione spirituale, di speranza (a questo proposito, quali momenti sono più preziosi di quelli trascorsi accanto a una persona malata, o anziana, o sola...). Se l’interlocutore ha delle difficoltà, si cercherà di superarle, ma sempre in una luce positiva, di suggerimento, più che di rimprovero. In taluni casi anche il rimprovero può essere utile ed efficace, sempre che sia mosso da umiltà e sincerità e pronunciato in modo rispettoso e garbato.

A un certo punto, non di rado si arriva alla possibilità di parlare proprio di Gesù, del suo messaggio, della sua opera di salvezza. Se chi ci ascolta ha difficoltà di fede, è il momento di suggerirgli la necessità di affrontare – sempre con il nostro aiuto, ma anche, in taluni casi, suggerendo l’incontro con un sacerdote, un diacono, una religiosa – il problema cruciale: Gesù, è proprio il Figlio di Dio? È proprio risorto? C’è il Paradiso, la vita eterna?
Ecco, di fronte a questi interrogativi occorre parlare chiaro (sempre con molta delicatezza) facendo capire che il problema Dio, il problema Gesù, non è un problema insignificante di fronte al quale posso anche stringermi nelle spalle, ma è un problema che non può essere assolutamente accantonato.
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Si potrebbe continuare, ma ciascuno di noi – se veramente vuole sentirsi ed essere vero cristiano e quindi vero evangelizzatore – può guardarsi intorno e trovare le occasioni, anche procurarsele con interventi appositamente studiati. Se amiamo veramente Gesù, certamente vogliamo dedicargli ogni giorno qualche piccolo segno della nostra fede e del nostro amore ed entusiasmo per Lui.
Proviamo... e saremo felici!

                                                                              Don Rodolfo Reviglio


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-9
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