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          MEDITAZIONE:
     
PURIFICARE IL LINGUAGGIO

Vi sono tante espressioni, nel nostro modo di dire, che dovrebbero essere ritoccate. Alcune di esse possono essere state usate anche dai Santi, alcuni persino dalla Sacra Scrittura... ma oggi, con il nostro linguaggio più preciso, o comunque diverso, sarebbe opportuno che venissero formulate in altro modo.
Ricordo, per esempio, che già alcuni decenni fa, si desiderava un’espressione migliore di una frase, un tempo classica: “devo salvarmi l’anima”. L’intenzione era ottima: ma ormai si preferiva ricordare: dobbiamo essere noi a salvarci, o dobbiamo lasciarci salvare da Dio? San Paolo ci ha chiarito, specialmente nella Lettera ai Romani, che “non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che usa misericordia” (Rom 9,16).

Certo, noi dobbiamo collaborare con Lui, con il desiderio e la preghiera fiduciosa: ma noi da soli “non possiamo fare nulla” (cf Gv 15,5); mentre “possiamo tutto con la forza del Signore” (cf Fil 4,13)!
E poi, “devo salvarmi” io, o devono salvarsi tutti gli uomini (cf 1 Tim 2,4)?

Un’ultima osservazione: il Padre vuole la salvezza dell’anima soltanto, o quella dell’uomo intero, anima e corpo? La Risurrezione di Cristo e la futura Risurrezione della carne non ci lasciano dubbi in proposito.
Un’altra espressione da ritoccare è questa: “Dio ci ha castigato, o ci castiga se...”. Mi ha molto colpito quanto scriveva Giovanni Paolo II, a proposito dell’inferno: “Non si tratta di un castigo di Dio inflitto dall’esterno, ma della (...) nostra libera scelta” (udienza generale di mercoledì 21 luglio 1999).

E se non va considerato castigo di Dio, ma conseguenza delle nostre libere azioni, il male peggiore di tutti, mi sembra logico non considerare castigo di Dio anche le nostre pene terrene, dove le conseguenze umane (proprie o altrui) sono assai più evidenti, e colpiscono santi e peccatori. È proprio quanto c’insegna Gesù, parlando del crollo della torre di Siloe, e della conseguente morte di diciotto persone: credete per questo che fossero più colpevoli degli altri? No, ma senza la conversione perirete tutti allo stesso modo! (cf Lc 13,4). In altre parole, l’allontanamento di Dio porta agli effetti rovinosi sperimentati dal crollo della torre...

Un’altra espressione da purificare: “questa malattia ce l’ha mandata Dio!”. La fede invece ci dà la certezza che Dio non è in alcun modo né direttamente né indirettamente la causa del male; e non permetterebbe neppure un male compiuto da altri, se dallo stesso male non traesse un bene, e un bene assai più grande! (cf Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 57 e 58). Pertanto, quando bussa il dolore, uniamoci a Cristo crocifisso: così la nostra sofferenza viene assunta da Lui, per la salvezza del mondo!

Ancora: “Era destino che succedesse così?”. Il destino, chi lo può decidere per noi? Solo l’Amore infinito di Dio, che ci ha creati perché vivessimo felici accanto a Lui; e quindi il nostro ultimo destino è il Paradiso! E la sua Provvidenza, passo passo, ci avvicina continuamente a questa meta. Soltanto noi, liberamente, potremmo orientarci ad un destino diverso...

“Dio mi sta chiedendo qualcosa che mi costa molto?”. Dio non chiede nulla: ha tutto, e può soltanto dare. Ora mi dà la forza di assomigliare a Lui nella generosità e nella gioia che ne consegue. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35).

“Dio mi sta usando per disegni d’amore?”. È bello capire che tutto serve al bene, e che dovunque Dio ci metta, lo fa per la felicità mia e di tutto il mondo. Ma oggi non mi sembra conveniente il verbo “usare”: un uomo non dev’essere mai “usato”: è sempre un fine, non è mai soltanto un mezzo! E se questo dev’essere chiaro per noi, è certamente chiaro per Dio. Questo non elimina la sua piena libertà: ma se Dio ci vuole in questo modo, non lo fa per “usarci”, ma per valorizzarci, perché possiamo raggiungere meglio la nostra pienezza!

Sono molte le altre espressioni che noi, cristiani del nostro tempo, dovremmo purificare. Quelle che ho ricordato ci servono da esempio, così che ricerchiamo un linguaggio più consono alla nostra fede e alla nostra cultura, anche a vantaggio di coloro che potrebbero essere allontanati dal messaggio cristiano per certi modi di dire...
                                                                                                   ANTONIO RUDONI sdb


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Il linguaggio religioso può risentire più degli influssi culturali che dell’azione dello Spirito, per questo si generano incomprensioni che possono allontanare alcuni dalla fede.
Purificare onestamente il linguaggio religioso non è solo conveniente, oggi è diventato un’urgenza pastorale perché gli uomini non perdano la fiducia in Dio.

          RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 3  
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