HOME PAGE - ITALIANO / FORMAZIONE CRISTIANA
/ FORMAZIONE
MARIANA / INFO
VALDOCCO
STUDI
MARIANI / IL SANTO ROSARIO
NELLA
PIETA' POPOLARE / ASPETTI STORICI
I Francescani
in Terra Santa
Tra i più
noti archeologi cattolici che hanno operato in Palestina spicca
la figura di un frate minore di origine toscana, il padre Bellarmino Bagatti
(1905-1990).
Questi, al monte Nebo, così come nellarea vicina
al lago di Galilea, o ad Ain Karim, a Emmaus-Qubeibeh e a Nazaret,
imparò e poi insegnò a seguire con criterio storico
uno scavo. Lo fece, raccordando tra loro memorie di pellegrini
e risultati archeologici che fanno di un luogo venerato di Palestina
un testimone delle vicende di questa terra e della fede cristiana.
In tale ambito
si deve ricordare che gli scavi presso il Dominus Flevit
(sul pendio del monte degli Ulivi), con la scoperta di ossuari
nelle tombe giudaiche del I-III secolo, avevano fatto entrare
anche lo Studium Biblicum Franciscanum nel dibattito sulle origini
cristiane, innescato o rinverdito anche dalla scoperta di manoscritti
ritrovati nelle grotte di Qumran.
Lipotesi
dellorigine giudeo-cristiana di alcuni nomi e segni incisi
sulle pareti di pietra riaprì il problema inevitabile
della presenza cristiana a Gerusalemme e in terra palestinese
nei primi tre secoli.
Riscoprire
la primitiva comunità cristiana di Terra Santa significava
individuare un collegamento tra i santuari costruiti dal IV secolo
in poi e la predicazione di Gesù e degli Apostoli. Si
trattava di un percorso non facile che padre Bagatti seppe affrontare
con notevole entusiasmo.
La Grotta
di Nazaret
Le sue maggiori
soddisfazioni furono a Nazaret, nel periodo 1955-1960. Qui, ove
una Grotta è quanto rimane della Santa Casa (la parte
in muratura è a Loreto), gravava da tempo un dubbio non
marginale: lambiente poteva essere stato usato, con altre
attigue cavità, per delle sepolture. In tal caso il luogo
dellAnnunciazione non era autentico. Non era infatti possibile
che un ebreo, per i costumi giudaici, potesse abitare in un luogo
cimiteriale.
Ma la scoperta
di sili domestici, usati dalle famiglie del tempo per conservare
le derrate alimentari, il ritrovamento di cisterne dacqua,
di molte piccole lucerne (illuminavano gli ambienti delle abitazioni),
il rinvenimento di ceramiche di cucina e di focolari ricavati
ai piedi delle pareti, con la deduzione che le tombe si trovavano
fuori del villaggio (dove ora sorgono le abitazioni di recente
costruzione) hanno gettato una prima luce sullautenticità
della Casa della Vergine Maria.
Sono seguite
poi altre prove a favore. Ad esempio vani scavati nel suolo roccioso,
forse adibiti un tempo ad usi domestici. Questi saranno utilizzati,
più tardi, per il culto cristiano. Lo attestano un battistero
e dei graffiti. Sopra questi vani furono innalzati nel tempo
cinque luoghi di culto. Si incominciò con una chiesa in
forma sinagogale, con facciata rivolta verso Gerusalemme, costruita
tra il II e il III secolo da cristiani di ceppo ebraico, tra
cui emergono i parenti del Signore che erano a capo
della Chiesa. Nel V secolo fu poi edificata una chiesa bizantina,
quindi un tempio crociato, e nel 1730 una chiesa francescana.
La scoperta
dellAve Maria in greco
Nel corso della
ricerca archeologica si arrivò a una scoperta notevole:
fu individuato su di una base di colonna della chiesa-sinagoga
un graffito con la scritta in greco: Ave Maria (XE
MAPIA), risalente al II-III secolo, ora conservato nel vicino
museo (le prime due lettere sono sormontate da una sbarra). E
sempre a Nazaret venne individuata anche unaltra incisione:
Sul santo luogo di Maria ho scritto. Trattasi della
testimonianza di un pellegrino che scrive per benedizione dopo
essere arrivato a pregare nel luogo della Casa della Vergine.
Mentre anche
un secondo dubbio fu superato (qualcuno riteneva che il riferimento
a Maria potesse indicare una divinità femminile pagana),
ci si rese conto che lespressione usata dallangelo
Gabriele (Ave Maria, nel senso di Rallegrati) era ormai fortemente
radicata nel cuore dei fedeli fino a segnare la prima preghiera
alla Madonna, la prima invocazione, il primo atto di affidamento.
Questa propensione dei cristiani a confidare in Colei che ha
accolto per prima il Redentore troverà conferma anche
in unaltra scoperta.
La vicenda
del Sub tuum praesidium
Agli inizi
del XX secolo venne trovato in Egitto, ad Alessandria, un papiro
del III secolo con il più antico inno (tropàrion)
alla Beata Vergine Maria. Una traduzione può essere:
«Sotto
la tua protezione (o Allombra delle tue ali)
/ troviamo rifugio,
/ Santa Madre di Dio:
/ non disprezzare le
suppliche
/
di noi che siamo nella prova,
/ e liberaci da ogni pericolo,
/ o Vergine gloriosa
e benedetta».
Lungo tutto
il testo si riscontra la stessa situazione spirituale manifestata
nei salmi ove lorante invoca laiuto immediato del
Signore, rifugio e liberatore del credente che ricorre a Dio
per sfuggire ai pericoli che lo minacciano.
Il reperto
archeologico venne acquistato nel 1917 dalla John Rylands Library
di Manchester, ma per la sua
pubblicazione si dovrà attendere il 1938. Come mai? In
genere è uso presso i ricercatori pubblicare in tempi
rapidi i risultati delle loro scoperte, specie quando il ritrovamento
è clamoroso. Stavolta, al contrario, trascorreranno diversi
anni.
Una spiegazione
di tale vicenda può essere legata al fatto che il contenuto
del documento, studiato dal papirologo anglicano di Oxford Colin
H. Roberts, smentisce la tesi dei teologi della Riforma protestante
secondo la quale il culto riservato a Maria era da considerare
solo un fenomeno tardivo, e unincrostazione
posta sulla vera fede in Gesù Cristo (lo stesso Karl Barth
definì la mariologia il tumore del cattolicesimo).
Il Sub tuum
praesidium, al contrario, dimostra che i fedeli hanno venerato
la Madonna fin dai primi secoli; che la preghiera era stata probabilmente
scritta durante le persecuzioni di Valeriano e di Decio; e che
linvocazione Madre di Dio era già presente
nelle comunità cristiane prima del Concilio di Efeso del
431, ove si proclamò il dogma della divina maternità
di Maria (Theotokos).
Latto
di affidamento
Il professore
Colin H. Roberts cercò di cautelarsi, dicendosi sicuro
che il papiro doveva risalire a unepoca posteriore al Concilio
di Efeso. In realtà, furono i suoi stessi colleghi a smentirlo,
e oggi cè unanimità nel riconoscere che quel
testo non può risalire oltre il III secolo: la data più
probabile è attorno allanno 250. A noi, però,
in questo momento, ci interessa soprattutto sottolineare lo stretto
collegamento tra il CHAIRE MAPIA (Ave Maria) e il SUB TUUM PRAESIDIUM.
Entrambe le invocazioni, infatti, esprimono un atto di affidamento
alla Madonna. Tale constatazione non è marginale perché
fa comprendere anche lorientamento di alcuni testi apocrifi
ove si presenta Maria Madre della Chiesa. Così, nella
Dormitio Mariae (testo etiopico e codice vaticano greco 1982,
16) lautore fa dire a San Giovanni Evangelista: Maria,
mia sorella, tu che sei diventata la madre dei dodici rami (Apostoli),
che vuoi che faccia per te?. Una preghiera valida anche
per noi.
Luigi Guiducci
IMMAGINI:
1 Probabilmente la casa
di Maria poteva essere simile ad una di queste grotte che si
trovano allinterno della chiesa dellAnnunciazione
a Nazaret./
2 Annunciazione, Philippe de Champaigne
(1645), Wallace Collection, London. / Il saluto dellangelo a Maria,
ripreso da un ignoto pellegrino del II secolo, costituisce uno
dei più antichi atti di affidamento alla Vergine che si
conoscano.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2007 - 4
HOME
PAGE - ITALIANO / FORMAZIONE
CRISTIANA / FORMAZIONE
MARIANA / INFO
VALDOCCO
VISITA Nr.