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         FAMIGLIA OGGI:
    
LA FAMIGLIA FRA SOCIETA' E MERCATO

Può esistere una società senza famiglia?

La risposta a questa semplice domanda è complessa. Per farla in breve potremmo dire che essendo la famiglia la base della società, quest’ultima non può esserci se non vi è la famiglia quale sua componente primaria. Quindi una sua tutela significa un rafforzamento della società stessa. Invece, se si vuole modificare la società è sufficiente abbandonare la famiglia e introdurre figure diversificate di famiglia, affermando che non vi è una tipologia unica di nucleo familiare e che l’amore, quale suo fondamento, può avere diverse espressioni. Il tutto condito con l’olio della tolleranza, e il sale dell’apertura e della modernità. Così, modificando il concetto di famiglia, si giunge ad alterare la società stessa.

Ma quale sarebbe la fisionomia di questa società? Quale il progetto che vorrebbe perseguire, l’identità in cui si riconoscerebbe?

Semplicemente nessun progetto e nessuna identità. Perché la società si ridurrebbe ad essere un puro mercato, una nazione un’azienda e le culture folclore da cartolina. La società sarebbe composta da individui i quali come scopo della vita hanno quello di consumare e la loro identità sarebbe data dal fatto che sono anzitutto dei consumatori, dei clienti, degli utenti. Ma anche degli spettatori pronti a fagocitare tutti gli spettacoli che vengono loro propinati.

Questa sarebbe un’operazione molto sottile, condotta agitando la bandiera della libertà e del rispetto per la diversità, in realtà il suo unico scopo è quello di disaggregare l’individuo dalla sua identità e appartenenza per iniettargli una nuova personalità, quella del consumatore felice e divertito il cui compito è quello di trascorrere il suo tempo dando il proprio assenso e denaro a tutte le beotiche mode che, sapientemente programmate, vengono propinate sul mercato.

Inoculando il virus del divertimento quale diritto fondamentale dell’individuo, lo si svella dalle sue radici e lo si getta in pasto al Moloch dell’edonismo, dinanzi al quale, privo di ogni difesa educativa, non gli resta che prostarsi in ammirata adorazione implorando la crescita della bramosia e il potenziamento della sua smania di possesso.

Poiché il bacillo del piacere che sovradimensiona le attese, non trova e né può trovare, il suo appagamento nelle realtà quotidiane ecco sopperire in suo aiuto le sostanze stupefacenti che già invadono la società votata al dio piacere. Sono queste che garantiscono il compimento della promessa del perseguimento del massimo godimento possibile. Peccato che sconquassino la natura e alterino la personalità, minando gravemente la salute. Ma nessun problema, già in precedenza, la saggia regia aveva disarticolato il concetto di natura modificando la nozione di persona umana mediante i sacerdoti della modernità che diffondevano il verbo del dubbio e del relativismo predicando il vangelo dei diritti, della libertà svincolata dalla responsabilità, dell’esaltazione della propria individualità finalmente affrancata dalle catene dei doveri e del rispetto.

Le leggi che indeboliscono il ruolo pubblico della famiglia, preparano generazioni future a basso tasso di responsabilità. La famiglia è la prima scuola di accoglienza, la prima palestra di vita per imparare ad essere buoni cittadini. Il suo rafforzamento, fortifica tutta la società.
Dire no al precariato affettivo, alle sue leggi e alle sue lusinghe significa avviare il vero cambiamento di cui abbiamo bisogno: la rivoluzione educativa.

Viviamo in tempi da Codice rosso e già si sente lo squillo dell’allarme educativo. Oggi i genitori fanno più fatica ad educare, c’è una generazione di giovanissimi che non riesce a diventare adulta. E, davanti a questi problemi, la risposta della politica è solo quella di dare cittadinanza a forme alternative e più deboli di convivenza? Si indica solo una scorciatoia. Che dal punto di vista educativo corrisponde a premiare una forma minore di responsabilità anche verso i figli: si preferisce incentivare la transitorietà affettiva. Simili provvedimenti firmano la resa educativa, la rinuncia a scommettere sulla famiglia; si cerca di scardinarla per far scordare il suo ruolo sociale che mantiene coeso il Paese attraverso la trasmissione dei valori tra le generazioni.

Altre sono le priorità di cui ha bisogno l’Italia che non le coppie di fatto. Già la legislazione vigente tutela di più le famiglie separate rispetto a quelle unite. Basta vedere la differenza di elargizione degli assegni familiari tra una madre o un padre single con un figlio a carico e quanto viene assegnato a chi si trova a gestire una famiglia numerosa. Occorre invertire questa logica e sostenere con coraggio la famiglia, architrave della società, perché se cresce la famiglia, cresce l’Italia.

                                                                    
Don Giuseppe PELIZZA


 IMMAGINI:
1  
Considerare la famiglia solo come un elemento del mercato del consumo, significa svilirla della
sua componente umana.

2   
Se la famiglia non è fondata sull’amore, anche i momenti in cui è possibile stare insieme rischiano di diventare occasione di divisione e incomunicabilità.
La famiglia è il luogo della trasmissione dei valori, anche politici di una società. Snaturarla vuol dire minare il fondamento stesso della società.

           RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 7  
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