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     STUDI: MUSICA E FEDE
     FRA ASSISI E VIENNA

Dopo il Perosi, maggiore e probabilmente unico musicista sacro autentico, molti compositori moderni rivolsero l’attenzione alla sfera spirituale dell’animo umano. Né poteva essere diversamente, perché, come si è tentato di dimostrare nelle precedenti puntate, la musica non può non essere banditrice tanto della fides quanto della religio.

Perosi era sacerdote, ma non fu assolutamente il solo, tra il clero, ad onorare la fides con la bellezza dell’armonia. Moltissimi furono i sacerdoti (e statisticamente in numero maggiore quelli appartenenti ad Ordini religiosi) che composero partiture di bellezza straordinaria, sfortunatamente relegate oggi negli archivi delle cappelle musicali ancora esistenti. Proprio l’anno scorso, 2006, ricorreva il 50º della morte di un insigne maestro, che non ebbe la fortuna di Perosi e certo neppure il genio, ma una capacità formidabile di sintesi nel tradurre in suono e in canto i più profondi sentimenti dell’animo.

La melodia d’Assisi

Si tratta del Padre Domenico Stella, frate minore conventuale, il nome del quale è purtroppo ignorato anche dalle più vaste e minuziose enciclopedie musicali. Eppure ha lasciato un segno di notevole valore nell’universo musicale e ha donato un contributo prezioso nella conoscenza della musica sacra. È doveroso soffermarsi brevemente su questa figura di francescano e di musicista, vivido esempio di come “lodare Dio con timpani, cantare a Dio con i cembali, elevare a Lui l’accordo del salmo” sia l’espressione più appropriata della speranza che vive nel cuore del credente, come l’antico personaggio biblico cantò con tutto il popolo d’Israele (Giuditta, 16,1).

Nato a Carpineto Romano nel 1881, venne ordinato sacerdote nel 1904 e ottenne nel 1915 il titolo di Maestro d’organo e di composizione. Nel 1920 venne chiamato al Sacro Convento di Assisi per succedere al defunto Padre Emilio Norsa (altra mirabile figura di francescano conventuale e di musicista, già ebreo e poi convertito) nella direzione della Cappella Musicale della Basilica Papale, dove rimarrà fino al 1956, anno della sua morte.

Trovandosi con il difficile compito di riorganizzare la Cappella Musicale e di ridimensionare le partiture improntate allo stile operistico, farà proprie le indicazioni della riforma liturgica proclamata da San Pio X (1903) e dedicherà tutte le sue forze e il suo talento per un rinnovamento radicale della musica liturgica.

Vanno ricordati due eventi storici nei quali il Padre Stella fu coinvolto, come direttore musicale.
Anzitutto, la prima esecuzione del Cantico delle creature in forma di concerto, da lui stesso composta, avvenuta in Assisi il 12 settembre 1926 (VII centenario della morte di San Francesco) alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Alcuni anni prima la solenne celebrazione del matrimonio della principessa Giovanna di Savoia con re Boris di Bulgaria (1920), durante il quale Padre Stella diresse con successo di enorme risonanza.

Incoraggiato dal suo maestro, Filippo Capocci (1840-1911), insigne organista e all’epoca direttore della Cappella Lateranense, Padre Stella si dedicò anche a ricerche d’archivio e con l’autorizzazione del Ministro generale dell’Ordine, P. Alfonso Orlini, fondò la “Editrice Francescana Musicale”, che con le sue pubblicazioni ha sottratto all’oblio tanti lavori dei Maestri conventuali. Esigente con i suoi allievi e prima e più con se stesso, ha lasciato in eredità una produzione musicale che comprende più di 130 spartiti: alcuni già editi, altri conservati nell’Archivio della Biblioteca del Sacro Convento in Assisi.

“La musica di P. Stella, in base all’unanime giudizio dei critici, è caratterizzata da una felice e indefettibile vena melodica e da una costante e feconda aderenza al testo e allo spirito della sacra liturgia. In occasione del suo giubileo sacerdotale, l’8 dicembre 1954, il Comune di Assisi gli conferì la cittadinanza onoraria con questa motivazione: incomparabile Maestro compositore di musica sacra, eletto rinnovatore della Cappella Musicale della Patriarcale Basilica di San Francesco, luminoso esempio di preclaro ingegno, di francescana umiltà, di ardente amore per la patria del Serafico Padre San Francesco” (P. Giuseppe Magrino, Maestro di Cappella della Basilica Papale di San Francesco, Assisi, 2006).

Il talento viennese

Spostando ora l’attenzione dall’Italia ad altre nazioni europee, sempre però nel secolo scorso, si possono considerare due personaggi di calibro ben maggiore e di risonanza universale: un tedesco e un francese. Essi sono Richard Strauss e Francis Poulenc. Il primo sta alla musica sacra quanto Ponzio Pilato sta al Credo. Questa simpatica battuta è stata detta a chi scrive da un caro confratello, pure musicista e musicologo, che ben conosce la storia della musica sacra. Indubbiamente la genialità prodigiosa del compositore tedesco non si unì mai e neppure attinse alla luce della fede. Strauss era semplicemente agnostico.

Eppure il credente che si limiti anche solo ad ascoltare quello stupendo e sconcertante atto unico che è Salome (Dresda, 9 dicembre 1905), non può non sentirsi sollecitato ad una attenta revisione del suo rapporto con se stesso, con la propria intelligenza di credente, con Dio. Il grandioso successo artistico e finanziario dell’opera fornì a Strauss i mezzi per costruirsi una bella dimora a Garmisch in Baviera, che divenne per tutta la vita la sua principale residenza.

Primo direttore all’Opera di Berlino, trovò nello scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal (1874-1929), dotato di una autonoma sostanza poetica, il principale collaboratore letterario. Non fu mai vera amicizia, sentimento d’altronde poco cònsono al carattere del tedesco, ma esempio supremo di collaborazione tra due artisti. Alla morte del poeta austriaco, Strauss trovò un nuovo collaboratore di gran talento nel viennese ebreo Stefan Zweig (1881-1942).

Proprio allora si aprì il periodo più difficile, amaro e discusso nella vita di Strauss. Il regime nazista, instaurato in Germania nel 1933, gli offrì la presidenza della Musikkammer del Reich. Pur non simpatizzando per il nazismo, Strauss accettò, ma quando i gerarchi del Reich censurarono la sua collaborazione con l’ebreo Zweig (poi costretto all’esilio in Brasile, dove morì suicida), egli scrisse a quest’ultimo una lettera solidale, sprezzante verso il regime, che fu intercettata dalla Gestapo. Joseph Goebbels (con il quale Strauss mantenne sempre cordiali rapporti) lo costrinse a dimettersi dalla carica (1935).

La seconda guerra mondiale, con la distruzione dell’Opera di Vienna e di altri teatri e sale da concerto in tutta la Germania, gettò Strauss in una cupa disperazione. Egli constatò, oltre agli orrori della guerra, anche la catastrofica distruzione della cultura e della civiltà. Purtroppo neanche in quegli anni si aprì alla luce della fede. Nel 1945, accusato di collaborazionismo con i nazisti, fu esiliato in Svizzera, e visse tra Pontresina e Montrieux. Nel 1947 fu assolto dall’accusa e tornò nella sua Garmisch, dove morì nel 1949.

Con Salome Richard Strauss balzò in primo piano nel teatro dell’opera dell’inizio Novecento, ma la bellezza di questo spartito, massacrante per il soprano che interpreta la perversa fanciulla figlia di Erodiade, è metastorica. Nella perversione della giovane si può leggere, con gli occhi della fede e il cuore del credente, l’abiezione morale e fisica nella quale precipita l’anima caduta nel peccato. Nell’ottusità cieca e sensuale di Erode si può riconoscere la tenebra di una vita priva di un raggio di speranza, la vita cioè di coloro che hanno come dio il loro ventre e si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi (Filippesi 3,19).

Nella voce di Giovanni, che indica la via della giustizia e della verità, e per esse affronta il martirio, si può ben leggere l’invincibile forza della debolezza (2 Corinti 12,10). Alla prima rappresentazione, l’opera suscitò scandalo e irritazione in gran parte del pubblico e della critica per il soggetto sadico e perverso e per il violento erotismo emanato da quella partitura fatta come di sassi.

L’orchestra, in realtà, è la vera protagonista, e Salome si può definire un poema sinfonico drammatizzato. I temi musicali, violenti o insinuanti, talora mistici e ironici, sempre impregnati del tema dominante dell’erotismo, conducono al vertice dell’opera, la famosa danza dei sette veli, momento ossessivo e frenetico che sintetizza tutti i principali motivi della partitura.

Fatica immane per il soprano, che è praticamente sempre in scena e conclude cantando senza interruzione per circa venti minuti, dopo la danza, fino al momento in cui Erode, disgustato, ne ordina l’uccisione. Ben presto Salome ebbe ragione dei suoi detrattori e fu giudicata un capolavoro. È tuttora rappresentata in ogni teatro del mondo, anche se non tutti i soprani sono in grado di sostenerne l’enorme difficoltà vocale e interpretativa, tanto che alla fine costringono gli spettatori a convenire con Erode che esclama Man tote dieses Weib!, uccidete quella donna!

Una delle migliori edizioni discografiche è quella del 1968, con Montserrat Caballé come stupenda protagonista, forse fin troppo lirica. Proprio con quest’opera il grande soprano catalano si congedava ufficialmente dal pubblico, giusto venti anni fa, al Teatro alla Scala.
Alla prossima puntata la conoscenza con il delicato e mistico compositore francese Francis Poulenc.

                                                                      Franco Careglio ofm
                                                                          


 IMMAGINI:
Il concerto sul Cantico delle Creature, composto da Domenico Stella venne eseguito il 12 settembre 1926 in occasione del VII centenario della morte di San Francesco.
Grazie all’opera di padre Domenico Stella, la Pontificia Basilica di Assisi ha conosciuto una feconda stagione di rinascita musicale.
Richard Strauss (1864-1949) ottenne con l’esecuzione di Salomé un vero trionfo internazionale e la fama come compositore operistico.
4  Lo spartito di Salomé è una vera tortura per il soprano che deve interpretare la parte della perversa fanciulla, figlia di Erodiade. In questa forzatura si riconosce la tenebra di una vita precipitata nel peccato.

           RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 9  
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