| HOME
PAGE - ITALIANO | FORMAZIONE CRISTIANA | FORMAZIONE
MARIANA | INFO
VALDOCCO |
CHIESA E COMUNICAZIONE:
I MEDIA NON CAPISCONO / 2
Per far capire
quanto sia difficile far comprendere ad alcuni giornalisti alcuni
aspetti della fede ci si può riferire al caso della Dichiarazione
Dominus Iesus (= DI) della Congregazione per la Dottrina della
Fede. Sin dalle prime ore della sua pubblicazione, avvenuta il
5 settembre 2000, la Dichiarazione suscitò reazioni incontrollate
e, per la maggior parte dei casi, polemiche. Il Cardinale Cahal
B. Daly, arcivescovo emerito di Armagh (Irlanda), ha descritto
bene il meccanismo dellodierna comunicazione, che è,
sì, immediata, ma, come in questo caso, poco veritiera.1
Di fronte a
un documento teologico, breve ma denso e articolato, i mezzi
di comunicazione sociale non colsero la tematica evangelica centrale,
che era quella delluniversalità salvifica di Cristo
e della Chiesa, ma posero laccento su poche affermazioni
e tematiche ecumeniche, ritenute di sicuro impatto polemico.
Senza offrire al lettore un quadro completo della DI, i lanci
di agenzia e i primi articoli della stampa internazionale presentarono
la Dichiarazione con toni allarmati circa la fine del dialogo
interreligioso ed ecumenico, usando i soliti stereotipi linguistici
di «chiusura», di «ritorno alla teologia preconciliare»,
di «antiecumenismo».
Un noto quotidiano
della East Coast americana addirittura scriveva che la DI non
soltanto declassava i protestanti,
ma negava loro il regno dei cieli, indipendentemente dalle loro
buone intenzioni e dalla loro retta vita. Sono solo alcuni esempi
di stravolgimento e di vera falsificazione del contenuto del
documento, che hanno influito negativamente sulla sua recezione.
Geoffrey Wainwright, presidente del comitato ecumenico del «World
Methodist Council», racconta che, non appena ebbe appreso
la notizia della pubblicazione del documento vaticano, si portò
subito sul sito web della Santa Sede e, come cera da aspettarsi,
si accorse che il documento era stato mal presentato.2 La conclusione
è, da una parte, uninnegabile dose di superficialità
e, dallaltra, una forte capacità di influsso, quasi
a confermare lasserto che nei media più si è
superficiali più si è efficaci.
Unobiezione
non nuova
Questo primo
impatto negativo influì anche sulla comprensione della
Dichiarazione da parte dei teologi i quali, per non essere da
meno dei giornalisti, ebbero un atteggiamento piuttosto titubante,
che andava dallaccoglienza (in pochi), alla recezione critica
e al rigetto totale (in molti). Il rimprovero principale che
veniva mosso a questo documento e in genere ai documenti
del Magistero era il linguaggio dottrinale, privo di pastoralità
e di efficacia comunicativa. A un esame attento delle obiezioni,
emerge che, in realtà, non è il linguaggio che
fa problema, ma il suo contenuto di fede. Il linguaggio del Magistero
è sobrio, fondato sulla Sacra Scrittura, comprensibile
a tutti. È il linguaggio corrente di un uomo di media
cultura.
Nel 457 d.C.,
quando limperatore di Bisanzio, Leone I, dopo il Concilio
di Calcedonia, inviò a tutti i partecipanti una lettera
per sapere cosa pensavano della formula di fede cristologica,
uno dei Padri conciliari, il vescovo Evippos, rispose che il
suo atteggiamento, condiviso anche dagli altri, era stato non
di tipo filosofico, ma di indole pastorale: «Haec ergo
breviter piscatorie et non aristotelice suggessimus» (abbiamo
fatto le nostre proposte come pescatori di anime e non come filosofi
aristotelici).3
Il linguaggio
pastorale, però, non significa comunicazione banale o
di basso profilo teologico, ma comunicazione precisa e di alta
qualità dottrinale, così come fu per la formula
calcedonese, che rimane a
tuttoggi una delle espressioni più sintetiche e
chiare del mistero di Cristo, come unica persona in due nature.
Del resto è stata questa anche la lezione del Vaticano
II, un Concilio certamente pastorale ma anche profondamente dottrinale
si vedano, al riguardo, le quattro Costituzioni
a dimostrazione che una corretta comunicazione dottrinale promuove
una sana e creativa pastorale e che la pastorale senza una solida
dottrina si dissolve in un vuoto praticismo.
Un esempio
recente è dato da Benedetto XVI, grande teologo, ma anche
grande pastore, la cui comunicazione è comprensibile a
tutti, grandi e piccoli, come dimostrano anche le sue catechesi
dialogate ai sacerdoti, ai giovani, agli stessi bambini, in una
memorabile serata dottobre del 2005 sul sagrato della Basilica
di San Pietro. Alla piccola Livia, che gli chiedeva «perché
confessarsi quando si fanno gli stessi peccati?», il Papa
rispondeva: «È vero, di solito, i peccati sono sempre
gli stessi, ma come puliamo regolarmente le nostre abitazioni
per non far accumulare la sporcizia, così non bisogna
trascurare la pulizia dellanima».
Semplificare
per imbrogliare
Lepisodio
della recezione difficoltosa della Dominus Iesus non è
un incidente di percorso. Giovedì, 22 novembre 2001, al
Tg2 della televisione italiana delle 20.30, molto ridotto, perché
subito dopo cera una partita internazionale di calcio,
nel presentare lultima notizia, relativa allesortazione
postsinodale Ecclesia in Oceania la conduttrice disse poche parole
concludendo: il Papa chiede perdono per gli errori dei missionari
e per gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La comunicazione
dellintero documento era stata ridotta agli errori e agli
abusi sessuali dei sacerdoti.
Anche qui, si è trattato di una vera e propria manipolazione
e falsificazione di un documento. Del resto, la stessa cosa capitò
al lancio del Catechismo della Chiesa cattolica, il cui contenuto
fu banalmente semplificato alla sola discussione sulla pena di
morte e sulla guerra giusta.
In questi casi,
il vero tema religioso dei documenti, il mistero di Dio e della
nostra salvezza, lazione evangelizzatrice della Chiesa,
non vengono mai evidenziati. Dal momento che il testo magisteriale
non viene riportato per intero e dal momento che si scelgono
solo quei punti, spesso secondari, che possono fare scandalo
o suscitare polemiche (e qui si nota una tecnica raffinata di
falsificazione e riduzione del contenuto, pur citando la lettera
del testo), occorre allora una riflessione adeguata, sullopportunità
o meno di dare il documento alla stampa, prima ancora che ai
vescovi, ai sacerdoti e ai fedeli della Chiesa intera, ai quali
i documenti in fin dei conti sono principalmente rivolti. Del
resto è stata
questa la modalità di pubblicazione del Compendio del
Catechismo della Chiesa cattolica, che ha rappresentato una novità.
La presentazione
del Compendio non ha avuto luogo in un incontro con i giornalisti
nella Sala Stampa della Santa Sede, ma nella Sala Clementina,
durante la celebrazione liturgica dellOra sesta, alla presenza
di Cardinali, Vescovi, di fedeli e catechisti di tutto il mondo.
È una scelta che qualifica la recezione del Compendio
non come un fatto primariamente mediatico, ma come un evento
ecclesiale, che richiedeva un clima di preghiera e di accoglienza
nella fede di questo «dono divino»: «Il Compendio
del Catechismo della Chiesa Cattolica così il Santo
Padre Benedetto XVI nel suo discorso che oggi ho la grande
gioia di presentare alla Chiesa e al mondo, in questa Celebrazione
orante, può e deve costituire uno strumento privilegiato
per farci crescere nella conoscenza e nellaccoglienza gioiosa
di tale dono divino».
Come evento
di Chiesa il Compendio non doveva essere la notizia di un giorno
solo, come sono in genere le notizie giornalistiche, ma doveva
essere, invece, la buona novella che illumina e guida i giorni
e le opere dei pastori e dei fedeli di tutto il mondo. Il momento
di preghiera stava a indicare che il Vicario di Cristo celebrava
un evento di grande valenza spirituale e pastorale allinizio
del suo magistero petrino. Il documento, essendo un fatto ecclesiale,
deve essere vissuto non come un caso mediatico accompagnato da
toni sensazionalistici o scandalistici, ma come un importante
evento di Chiesa, come esperienza di formazione, di evangelizzazione,
di catechesi.
La parola del
Papa, e tutti gli altri pronunciamenti del magistero, oltre che
un avvenimento «consumistico» della stampa quotidiana,
deve essere visto soprattutto come un insegnamento, che tende
a formare la coscienza cristiana. Il tema della ricezione pone,
quindi, una questione sostanziale di comunicazione ecclesiale,
che dovrebbe avere le seguenti note: essere autorevole, immediata,
corretta, convincente, positiva. Altrimenti, documenti elaborati
con somma cura e largamente condivisi dai pastori e dai fedeli,
vengono completamente stravolti dalle agguerrite agenzie di stampa.
Mons. Angelo Amato
(continua)
1
Cfr Card. C. B. Daly, Dominus Iesus and Ecumenical Dialogue,
in «LOsservatore Romano», Weekly Edition (March
2001) n. 10, pp. 9-11.
2 Cfr G. Wainwright, Dominus Iesus. A Methodist Response, in
«Pro Ecclesia» 10 (2001) p. 11.
3 Per la documentazione completa, cfr A. Amato, Gesù il
Signore, Dehoniane, Bologna 2003 6, p. 305.
IMMAGINI:
1 FOTO ICP / I mass media semplificano
gli eventi e le notizie che comunicano sono il più delle
volte sintesi approssimative della realtà.
2 FOTO ICP / La famiglia è
il luogo in cui si dovrebbe educare a decifrare i messaggi dei
mass media
3 FOTO
ICP /
È sempre più difficile comprendere la logica che
muove la diffusione delle notizie. Questa mancanza di chiarezza
provoca smarrimento e confusione, ma il cristiano sa che la parola
del Papa non può essere un avvenimento consumistico della
stampa quotidiana.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2007 - 10
| HOME
PAGE - ITALIANO | FORMAZIONE CRISTIANA | FORMAZIONE
MARIANA | INFO
VALDOCCO |
VISITA Nr.