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     DOPO IL CONVEGNO DI VERONA

Ora il convegno di Verona è davvero concluso e, con la «nota pastorale» della Cei, passa all’applicazione e al «vissuto» delle Chiese locali: diocesi, parrocchie, associazioni, gruppi, movimenti, congregazioni religiose. Con alcune preoccupazioni di fondo: è tempo di «accelerare l’ora dei laici nella Chiesa e nella società», di rilanciare il ruolo pubblico della fede e il carattere popolare della parrocchia, di rafforzare la famiglia, di promuovere la legalità nella vita privata e sociale. Il tutto in un’organica «integrazione pastorale».

Si intitola «Rigenerati per una testimonianza viva. Testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo» la nota pastorale che raccoglie suggerimenti e proposte del IV convegno della Chiesa italiana svolto il 16-20 ottobre 2006 a Verona. Pubblicata il 29 giugno 2007, festa dei Santi Pietro e Paolo, era stata approvata dalla 57ª assemblea Cei il 21-25 maggio. Anche i precedenti convegni a cadenza decennale – «Evangelizzazione e promozione umana» (Roma 1976), «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini» (Loreto 1985), «Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia» (Palermo 1995) – ottennero il sigillo dell’episcopato con una «nota pastorale» che apre il volume degli «Atti».
Una lettera di Monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei, spiega gli aspetti sui quali «dovrà concentrarsi l’attenzione delle Chiese particolari», una sorta di manifesto operativo, segnato soprattutto dalle citazioni del discorso che Benedetto XVI tenne a Verona.

Ecco alcuni temi.

PAROLA DI DIO - Bisogna riservare alla Parola di Dio «il giusto spazio» perché «la cifra della speranza cristiana è la persona di Gesù» e sperare vuol dire «scorgere l’opera misteriosa di Dio nel tempo». Non si tratta «di un ottimismo illusorio o di un’indefinita fiducia in un domani migliore». Il tema sarà ripreso dal XII Sinodo ordinario dei vescovi su «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa» in programma il 5-28 ottobre 2008 in Vaticano.

MISSIONE - «L’evangelizzazione è una questione d’amore», per cui occorre «sostenere percorsi che riavvicinino le persone alla fede», promuovere luoghi di incontro per chi è «alla ricerca delle verità» e per i battezzati che vogliono approfondire il Vangelo. L’immigrazione è nuovo luogo di evangelizzazione: molti adulti che chiedono il battesimo «sono di origine straniera».

FAMIGLIA - «È il soggetto centrale della vita ecclesiale, è il grembo vitale di educazione alla fede, è la cellula fondante e ineguagliabile» della vita sociale. Nella famiglia si vive «l’esperienza affettiva» privilegiata e fondamentale: bisogna reagire al «diffuso analfabetismo affettivo», impostando «percorsi formativi adeguati e una vita familiare ed ecclesiale fondata su relazioni profonde e curate».

EDUCAZIONE - C’è un «diffuso clima di sfiducia verso l’educazione». Perciò è necessario rilanciare l’opera formativa della comunità cristiana con le scuole cattoliche, i centri universitari e gli istituti teologici e occorre «un miglior coordinamento dei soggetti educativi ecclesiali» attraverso la costituzione di un «Forum delle realtà educative».

LAVORO - Attenti alle «forme di idolatria del lavoro»; basta con la crescita «immotivata e indiscriminata del lavoro festivo»; serve «una maggiore conciliazione tra tempi del lavoro e quelli dedicati alle relazioni umane e familiari». In un’epoca che «coltiva il mito dell’efficienza fisica e di una libertà svincolata da ogni limite» ciò che conta è «la buona qualità dei rapporti interpersonali», che trovano nel riposo festivo occasione di rafforzarsi. Anche se cambiano le modalità del lavoro – con la diffusione del precariato, soprattutto giovanile, con le difficoltà di reinserimento lavorativo in età adulta, con lo «sfruttamento della manodopera dei minori, delle donne e degli immigrati» – non può e non deve mai venir meno «il rispetto dei diritti inalienabili del lavoratore».

CONVIVENZA CIVILE - Mostra davvero «segni di lacerazione». I laici contribuiscano alla formazione di un «ethos condiviso» con la «doverosa enunciazione dei principi» e con un «approccio alla realtà sociale ispirato alla speranza cristiana». Serve una «seria propo-
sta culturale» nel-
la ricerca del bene comune, che sia «maggiormente incisiva e capace di entrare in dialogo, senza complessi di inferiorità, con le dinamiche culturali del nostro tempo». Ciò per contrastare i «tentativi di ridurre l’uomo a semplice prodotto della natura, mortificandone la dignità e la costitutiva vocazione alla trascendenza» e per arginare «il riduzionismo nel campo della cultura, delle scienze, della tecnologia, dell’etica e del diritto».

MASS MEDIA - L’obiettivo è «immettere nel circuito della comunicazione la voce della Chiesa». La nota prende atto del «progresso compiuto» in questo campo con la crescita di tutte le testate cattoliche e della capacità della comunità cristiana «di essere presente in Internet». Fondamentale è il ruolo delle case editrici e delle librerie cattoliche.

POLITICA - La Chiesa lavora per «il bene della comunità civile nazionale e internazionale». Lo fa non «per preservare un interesse cattolico» – insistente e ripetuto è il magistero di Papa Benedetto – ma per offrire il «suo peculiare contributo al futuro della comunità sociale alla quale è legata da vincoli profondi». Perciò la Chiesa parla e agisce «senza rischiare sconfinamenti di campo». I cristiani impegnati in politica «operano come cittadini sotto la propria responsabilità, devono essere animati da competenza e onestà, da uno stile politico virtuoso, guidati da una coscienza retta, illuminata dalla fede e dal magistero». Non dimentichino che il Vangelo chiede di «mettersi dalla parte degli ultimi».

EUROPA E ITALIA - L’Europa non deve rinnegare «le proprie radici cristiane», anzi deve dare spazio a quei principi etici che sono «parte integrante e fondamentale del suo patrimonio spirituale». L’Italia deve affrontare «con sapienza e coraggio la questione demografica», contrastare il «dilagare dell’illegalità» e superare «i divari interni al Paese».

CHIESA - Il Cattolicesimo italiano «ha un carattere popolare», non è un «Cristianesimo minimo» o una «religione civile». Occorre «una pastorale più vicina alla vita delle gente, meno affannata e complessa, meno dispersiva, più incisiva e unitaria». È l’«integrazione pastorale»: non un’opera di «ingegneria ecclesiastica» ma la valorizzazione di parrocchie, movimenti, associazioni, anche se da tempo c’è stanchezza negli organismi di partecipazione ecclesiale e nei Consigli pastorali «che non vivono una stagione felice»: vanno «ravvivati».

LAICI - Bisogna «creare nelle comunità luoghi in cui i laici possano prendere la parola e comunicare i loro pensieri sull’essere cristiani nel mondo», bisogna «accelerare l’ora dei laici», senza i quali il Vangelo non può giungere «negli ambiti più fortemente segnati dalla secolarizzazione». Serve «una nuova stagione formativa dei laici» che ne favorisca la crescita spirituale, intellettuale, pastorale, sociale.

                                                                     Pier Giuseppe Accornero
                                                                          


 IMMAGINI:
© Gabriele Viviani /
Nella Chiesa, i giovani possono essere formati alla grammatica dell’amore, della donazione e della vita.
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Far sentire la voce della comunità cristiana nei mass media è uno dei compiti prioritari per la Chiesa italiana nei prossimi anni.


            RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 10  
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