MATRIMONIO OGGI:
   
UN SI' PER IL FUTURO

Per alcuni che si ritengono moderni, il matrimonio e la famiglia sono solo frutto di una costruzione sociologica casuale, derivati da particolari situazioni storiche ed economiche.

Ma, se vogliamo conservare un minimo di onestà, dobbiamo riconoscere che la questione del giusto rapporto tra l’uomo e la donna affonda le sue radici dentro l’essenza più profonda dell’essere umano. E la giusta risposta la si può trovare soltanto qui.

In concreto, non può essere separata dalla domanda antica e sempre nuova che l’uomo, almeno in qualche barlume di autocoscienza, rivolge a se stesso: chi sono? Cosa è l’uomo? E questa domanda, a sua volta, non può essere separata dall’interrogativo su Dio: esiste Dio? Chi è Dio?

La risposta della Bibbia a queste due domande è semplice ma gravida di conseguenze: l’uomo è creato ad immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Ne consegue che la vocazione all’amore è ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio: egli diventa simile a Dio nella misura in cui diventa qualcuno che ama.

Da questo legame fondamentale tra Dio e l’uomo scaturisce un’altra conseguenza: la connessione indissolubile tra spirito e corpo: l’uomo è infatti anima che si esprime nel corpo e corpo che è vivificato da uno spirito immortale. Anche il corpo dell’uomo e della donna ha dunque un carattere teologico, non è semplicemente corpo, e ciò che è biologico nell’uomo non è soltanto biologico, ma è espressione e compimento della nostra umanità. Parimenti, la sessualità umana non sta accanto al nostro essere persona, ma appartiene ad esso. Solo quando la sessualità è integrata nella persona, l’uomo riesce a dare un senso a se stesso.

Così, dai due legami:

l’uomo con Dio e nell’uomo fra il suo corpo e il suo spirito, ne consegue che la totalità dell’uomo include necessariamente la sua dimensione temporale e storica, comunitaria e istituzionale. Nella sua volontà, l’uomo è un protendere-verso che si esprime mediante delle scelte, suggellate da un sì. Questo sì è sempre per l’uomo un andare oltre il momento presente, un dirigersi verso il futuro, un aspirare ad un sempre che fonda lo spazio della fedeltà.

Sovente si afferma che l’uomo contemporaneo è appiattito sul presente ed è incapace di futuro. Vero, ma a ben guardare, neppure il presente lo interessa. Ciò che pare dominare è, invece, la bramosia di consumare il passato. Quello che l’uomo crede come “nuovo”, in realtà è qualcosa già invecchiato sugli scaffali idolatrici del consumo. Così, il suo è un avvinghiarsi inerte alla novità senza compiere nessuna scelta che coinvolga la sua volontà e la sua intelligenza. Per questo è paralizzato dal dire sì, e nel contempo ha orrore a negarsi qualunque piacere.

Solo il sì alla vita permette all’uomo di riscoprire la dimensione della sua volontà e all’interno di questo sì può crescere quella fede che dà un futuro e consente che i figli credano nell’uomo e nel suo futuro.

La libertà del sì si rivela libertà capace di assumere ciò che è definitivo e di dispiegarsi sugli orizzonti del tempo: la più grande espressione della libertà non è allora la ricerca del piacere, rimanendo in una perenne indecisione, ma orientarsi e costruirsi verso una scelta.

Apparentemente, l’apertura permanente ad ogni esperienza sembra essere la realizzazione della libertà, ma non è vero: la vera espressione della libertà è la capacità di decidersi per un dono definitivo, nel quale la libertà, donandosi, ritrova pienamente se stessa. Non è la moltiplicazione delle esperienze che accresce la libertà.

In concreto, il «sì» personale e reciproco dell’uomo e della donna dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e al tempo stesso è destinato al dono di una nuova vita. Perciò questo «sì» personale non può non essere un «sì» anche pubblicamente responsabile, con il quale i coniugi assumono la responsabilità pubblica della fedeltà, che garantisce anche il futuro per la comunità.

Nessuno di noi appartiene esclusivamente a se stesso: ciascuno è chiamato ad assumere nel più intimo di sé la propria responsabilità pubblica. Il matrimonio come istituzione non è quindi una indebita ingerenza della società o dell’autorità, l’imposizione di una forma dal di fuori nella realtà più privata della vita; è invece esigenza intrinseca del patto dell’amore coniugale e della profondità della persona umana.

Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio sono invece espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell’uomo. Una tale pseudo-libertà si fonda su una banalizzazione del corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell’uomo.

Il suo presupposto è che l’uomo può fare di sé ciò che vuole: il suo corpo diventa così una cosa secondaria, manipolabile, addirittura interscambiabile, da utilizzare come si vuole.

Il libertinismo, che si fa passare per scoperta del corpo e del suo valore, è in realtà il dualismo più profondo che la filosofia possa pensare, tanto che al termine della sua usufruibilità, del corpo non resta che spregio e mercificazione. La vera rivalutazione del corpo la si può avere soltanto rivalutando la volontà dell’uomo e la sua capacità di aprirsi alla vita con la scelta di un sì che lo apre al futuro.
                                                       
                                                                             
Giuseppe Pelizza sdb


IMMAGINI:
1  
I
l dono che i coniugi reciprocamente fanno nel matrimonio è un impegno personale e pubblico in cui ciascuno dichiara la sua volontà di amare senza condizioni l’altro.
2  
Da sempre il matrimonio è stato considerato una delle principali feste della vita dell’uomo.
Una festa che per essere tale non può rimanere chiusa nella dimensione privata ma necessariamente si apre all’ambito comunitario.


  RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 9
 
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