FEDE e MUSICA:
IL TEATRO RELIGIOSO
Nella scorsa
puntata si era parlato del teatro religioso in generale, evidenziando
come la Francia sia stata, in misura maggiore delle altre regioni
europee, la culla delle rappresentazioni sacre con la sua miriade
di musicisti e di composizioni, sia pure a buon mercato. I generi
letterario-musicali si distinguevano in miracles, mystéres,
moralité, a seconda che accentrassero lattenzione
su di un santo, sulla Vergine o sulla Redenzione o infine su
un qualsiasi episodio edificante.
In Italia il
teatro religioso ebbe radici diverse da quelle del resto dEuropa:
infatti se brani in lingua vernacola
si affacciarono entro il testo dei drammi liturgici dItalia
(e che ciò sia avvenuto ci è attestato dalla Passione
di Montecassino, ricordata la volta scorsa), il fenomeno non
assunse mai le proporzioni raggiunte altrove e il volgare non
arrivò mai a discacciare dal teatro sacro la tradizionale
lingua latina, la quale vi stette ben salda e praticamente incontrastata
fino al secolo XV e anche oltre.
Se poi il dramma
liturgico si avvicinò parzialmente al contemporaneo teatro
volgare, questo fu solo in grazia di una maggiore spettacolarità
di realizzazione, che lo rendeva più splendido e attraente.
Ma tale teatro, che rimaneva in definitiva creatura ecclesiastica
o meglio clericale e che continuava a serbare elementi fin troppo
evidenti della funzione liturgica, anche in Italia dovette adattarsi
a convivere, dalla fine del Duecento, con produzioni drammatiche
di tuttaltro genere, pur mantenendo il carattere del sacro:
erano queste le sacre rappresentazioni, che ebbero
caratteri loro propri, diversi da quelli del contemporaneo teatro
volgare europeo.
Allinizio
fu la Lauda
Le sacre rappresentazioni
non si svilupparono da una base già drammaticamente costituita,
qual era il dramma
liturgico, bensì ebbero origini liriche, vantando come
precedente artistico la famosa lauda trecentesca, che influì
ovviamente sulla loro fisionomia e struttura generale.
A differenza
poi delle rappresentazioni sacre del resto dEuropa, in
quelle italiane fu sempre assente lelemento lascivo, il
comico troppo spinto, il grottesco; vennero anche sempre evitate
le tinte troppo accese, alle quali la passionalità poteva
indurre, mantenendo normalmente un ingenuo e delicato dialogare.
Il passaggio
da lauda a sacra rappresentazione avvenne nello stesso modo che
aveva visto il tropo ecclesiastico (come si era accennato
nello scorso servizio) o eliminato (risultando oltremisura fantasioso
o perfino offensivo allausterità di fondo della
rappresentazione) o trasformato in dialogo e poi in dramma vero
e proprio, ma sempre più commovente e spirituale più
che teatrale. In altre parole si verificava, nel nostro teatro
medioevale, un ritorno allispirazione religioso-drammatica
a scapito però della maturità drammatica raggiunta
in particolare dai generi francesi dei miracles e dei mystéres.
La sacra rappresentazione
inizia quindi, in Italia, con la lauda. Questa forma poetico-musicale
affonda le sue origini in un duplice fatto: la costituzione in
Firenze, fin dal XII secolo, della compagnia laica dei laudantes
o laudesi, avente come regola il canto di preghiere in lode della
Vergine, pratica presto imitata da altre confraternite e ancor
più dalla popolazione comune, mentre una disposizione
di Gregorio IX incoraggiava tale forma di culto mariano. Laltro
fatto si verifica nella seconda metà del Duecento ed è
coloritamente narrato dalla cronaca del francescano fra Salimbene
da Parma (1221-1290 ca).
Nel 1260 un
eremita di nome Raniero Fasani (di Perugia, personaggio di rilievo
in città, già marito e padre) iniziò il
movimento dei flagellanti, rendendo pubblica la pratica
dellautoflagellazione, fino allora confinata nelle celle
dei monasteri o nelle capanne abitate dai seguaci più
radicali di San Francesco
dAssisi, gli Spirituali. La ferocia delle lotte politiche
intestine, la sanguinosità delle discordie di quei giorni
avrebbero ispirato Raniero Fasani, e con lui numerosi seguaci,
a fare professione collettiva di penitenza, dapprima per le vie
di Perugia, poi anche in lunghe processioni dirette in altre
città.
Percorrevano
le strade cantando le lodi della Vergine e le sofferenze di Gesù,
e da questi spettacolari cortei ricevette forte impulso, senza
che i protagonisti se ne rendessero conto, la rappresentazione
sacra. I Francescani e i Domenicani, entrambi impegnati per il
rinnovamento della vita religiosa, appoggiarono apertamente questo
movimento, che produsse frutti non solo spirituali ma anche artistici.
Verso il
teatro
Un poeta
stravagante, certo ma di grande spessore letterario come
Jacopone da Todi (1236-1306), francescano, scrisse più
di 90 laudi, tra cui il famosissimo Stabat Mater, alta espressione
della religiosità medioevale, nella forma dellinvettiva
contro i vizi e animata da un crudo e drammatico lirismo. Suo
capolavoro è la lauda Donna de Paradiso o Pianto della
Madonna, che tutte le antologie della letteratura italiana riportano.
Di qui al canto sceneggiato il passo è breve.
Le frasi musicali,
estremamente semplici e conchiuse, corrispondono ciascuna allintonazione
di un verso poetico: cosicché il canto risulta facile
e simmetrico. Attraverso questa evoluzione, sempre per il momento
segnata da una forte devozione non solo popolare, prende corpo
il teatro vero e proprio, che a tempo debito diverrà teatro
lirico.
Finora questo
teatro in embrione, che non ha affatto coscienza di esserlo,
e giustamente, perché continua
ad essere espressione religiosa, poiché è sempre
basata sulla lauda; il termine rappresentazione appare invece
per la prima volta in un allestimento orvietano messo insieme,
come si legge nelle fonti, da un certo Tramo di Leonardo della
locale confraternita laica francescana: ma siamo già nel
1405. Il teatro di Orvieto si rifà in parte ai vecchi
laudari umbri, senza rispettarne gli schemi e innovando tematica,
proporzioni e senso dello spettacolo. Viene messo in scena il
Miracolo di Bolsena, avente per protagonisti il popolo, i magistrati
e il clero della città: nulla a che vedere quindi con
il primitivo e severo testo della lauda.
Prima di arrivare,
però, alla rappresentazione scenica musicale, il cammino
è ancora molto lungo. Lo spettacolo orvietano è
in ogni caso un anticipo di quello che sarà, a suo tempo,
il teatro lirico: un aiuto concreto alla dimensione spirituale
delluomo, un contributo a rendere il cuore più capace
di amare e di lodare.
Oltre quattro
secoli dopo, il 24 gennaio 1835, veniva alla luce, a Parigi,
unopera che si presentava come la celebrazione della pietà
e del perdono: I Puritani, di Vincenzo Bellini (1801-1835). Il
grande musicista apre questo spartito con una lode delicatissima
al Creatore, rivestendo di dolcezza incomparabile i bruttissimi
versi che il nobile conte Carlo Pepoli (che si vantava di essere
letterato, forse perché citato in una poesia di Leopardi,
quale amico del poeta) aveva raffazzonato:
la luna, il
sol, le stelle,
le tenebre, il fulgor,
dan gloria al Creator
in lor favelle.
La terra, i firmamenti,
esaltano il Signor.
A Lui dian laudi e onor
tutte le genti.
Appare strano
che Bellini, insigne maestro romantico e pure classicheggiante,
si fosse rivolto al Pepoli per il libretto dei Puritani. Il fatto
è che da poco aveva irrimediabilmente rotto con il massimo
librettista forse di ogni tempo, Felice Romani (1788-1865), letterato
per davvero, che gli aveva fornito il libretto di Norma. Al di
là comunque delle parole, che in fondo altro non sono
che limpalcatura che regge larte, il coro iniziale
invita a riconoscere nel Padre lamore che regge e conduce
il mondo e la nostra esistenza, fino a che non si compirà
per noi la beata speranza.
Franco Careglio
IMMAGINI:
1 © I Discepoli, nella Maestà di Duccio
di Buoninsegna (1255-1319) - Siena, Elledici / G. Pera / Il successo del dramma
liturgico nel Medioevo fu dovuto sovente alla sua spettacolare
realizzazione che lo rendeva splendido e attraente. Spettacolarità
che si ritrova nelle esecuzioni di alcuni dei migliori maestri
della pittura italiana.
2 I Misteri di Cristo, Cappella di Clusone (BG).
/ La Passione
di Cristo fu tra le prime rappresentazioni sacre che vennero
eseguite nel Medioevo. La sua drammaticità e la sua unicità
si prestavano facilmente allesecuzione scenica.
3 La Vergine di Benna (XIII sec.). /
Il passaggio
dalla Lauda al canto sceneggiato è molto breve, tanto
per la ritmica quanto per la poeticità del verso. Per
questo sia il teatro lirico quanto quello recitato hanno un grande
debito verso la spiritualità medioevale.
4 La sofferenza di Maria
presso la Croce è il tema della celebre Lauda Stabat Mater,
espressione altissima della spiritualità francescana.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2006 - 10
VISITA Nr.