LA SOCIETA' DELLA MANIPOLAZIONE:
   CAPIRE COME SIAMO MANIPOLATI

In una democrazia il dominio della popolazione non è facile, perché la democrazia vuol dire trasparenza e sincerità.
Il tiranno vuole dominare la popolazione e deve farlo in una forma non dolosa in modo tale che questa non lo avverta. Ciò che infatti i governanti di una democrazia promettono è anzitutto la libertà, ma attenzione è sempre e solo “libertà di manovra”, non “libertà creativa”, e questo anche a costo di compromettere l’efficacia della società. Nelle dittature, invece, si promette efficacia, anche se a detrimento, ove necessario, delle libertà, intesa però sempre come libertà di manovra.
I mezzi a disposizione del tiranno per “sottomettere” la popolazione, mentre la convince di essere più “libera” che mai, sono il “linguaggio” e l’“immagine”, che è altamente eloquente ed è una forma particolare di linguaggio.

Il linguaggio è il dono più grande che possiede l’uomo, ma anche il più rischioso per il fatto di essere ambivalente: tenero o crudele, amabile o spiacevole, diffusore della verità o propagatore della menzogna. Il linguaggio offre possibilità per scoprire insieme la verità e al contempo può essere usato per tergiversare sulle cose e seminare confusione.
Basta anche solo conoscere quest’ultima strumentalità del linguaggio e saperla maneggiare bene, che una persona anche poco preparata ma astuta può dominare facilmente le persone e intere popolazioni qualora queste non mantengano alta la guardia.
Per comprendere il potere seducente del linguaggio manipolato e manipolante dovremmo prendere in esame quattro punti: i “termini”, gli “schemi”, gli “approcci” e i “procedimenti”.

Abusare delle parole

Affrontiamo solamente qualcosa sull’abuso manipolatore dei termini.
Il linguaggio crea parole e in ogni epoca della storia, talune parole si caricano di un’autorevolezza tale che nessuno osa criticare. Sono parole “talismano” che sembrano condensare in sé ogni pregevolezza della vita umana. La parola talismano per eccellenza, della nostra epoca, è “libertà”. Una parola-talismano che ha il potere di dare luce alle parole che le vengono affiancate e sminuire quelle che le si oppongono o sembrano opporvisi.
Oggi si dà per scontato – il manipolatore non dimostra mai alcunché, dà per scontato ciò che gli conviene – che la “censura”, ogni tipo di censura, si oppone sempre alla “libertà”, intesa superficialmente come “libertà di manovra”. Di conseguenza, la parola censura è oggigiorno disprezzata. Al contrario, le parole “indipendenza”, “autonomia”, “democrazia”, “cambiamento”, “gestione congiunta”... unite alla parola “libertà” diventano una sorta di “termini-talismano per adesione”.
Il manipolatore trae ampio vantaggio da questo potere dei termini-talismano. Sa che introducendoli in un discorso, gli ascoltatori rimangono intimiditi, non esercitano la loro facoltà critica, accettano ingenuamente ciò che viene loro proposto.
Quando, in un determinato Paese, è stata portata avanti una campagna a favore dell’introduzione di una legge pro-aborto, lo stesso responsabile di tale legge tentò di giustificarla con questo ragionamento: “La donna ha un corpo e bisogna darle la libertà di disporre di questo corpo e di ciò che in esso avviene”.

La libertà umiliante

L’affermazione secondo cui “la donna ha un corpo” è smentita dalla migliore antropologia filosofica già da quasi un secolo. Né la donna, né l’uomo “hanno” un corpo; “sono” corporei. C’è un abisso tra le due espressioni. Il verbo “avere” è adeguato se si riferisce a realtà “possedibili”, ovvero agli oggetti. Ma il corpo umano – quello della donna e quello dell’uomo – non è un qualcosa di possedibile né disponibile; è un aspetto del nostro essere personale, così come lo spirito.
Quando ti dò la mano per salutarti, senti in essa la vibrazione del mio affetto personale. È “la mia persona tutta” che ti viene incontro. Il fatto che il palmo della mano vibri tutto il mio essere personale, rende evidente il fatto che il corpo non è un oggetto. Non esiste oggetto alcuno, per quanto eccezionale possa essere, che abbia questo potere.
Il ministro di quello Stato intuiva senza dubbio che la frase “la donna ha un corpo” non è sostenibile nello stato attuale degli studi di filosofia, e per rafforzare la sua argomentazione ha immediatamente introdotto il termine talismano “libertà”: “Bisogna dare alla donna la libertà di disporre del suo corpo...”. Sapeva che con la semplice utilizzazione di questo termine attualmente sovrastimato, milioni di persone si sarebbero ritirate timidamente e avrebbero detto: “Non ci si può opporre a questo proponimento perché è in gioco la libertà e sarebbe considerato come antidemocratico, fascista, ultra...”. E in effetti questo è ciò che è avvenuto.
Oggi si percepisce una sorta di “timore reverenziale” di fronte a questo tipo di termini manipolatori.

Liberarci dalla paura

Se vogliamo essere veramente liberi interiormente, dobbiamo abbandonare la paura nei confronti di questo tipo di linguaggio, e la migliore forma per farlo è di qualificare il senso delle parole. Quel ministro non aveva indicato a quale tipo di libertà si riferiva, proprio perché “la prima legge del demagogo è di non qualificare il linguaggio”, utilizzandolo in forma fumosa per cambiare il senso delle parole a seconda dei propri interessi.
Infatti egli alludeva alla “libertà di manovra”, la libertà – in questo caso – di manovrare ciascuno a suo piacimento, rispetto alla vita nascente: rispettarla o eliminarla. Ma questa forma di libertà non è l’unica, né la migliore. Si inizia ad essere pienamente liberi – liberi non solo dagli ostacoli che si frappongono all’agire, ma liberi per essere creativi – quando, posti di fronte alla scelta tra diverse possibilità, si opta per quella che ci permette di sviluppare la propria personalità “in modo pieno”.
Poniamoci adesso questa domanda: chi utilizza la “libertà di manovra” contro una persona in gestazione, si orienta verso la pienezza del proprio essere personale? Vivere personalmente significa vivere intessendo relazioni di carattere comunitario, creando vincoli. Colui che rompe i vincoli fecondissimi con la vita nascente, distrugge dalla radice il suo potere creativo e pertanto blocca il suo sviluppo come persona.

Non siamo nel vento

Ma questa considerazione non è alla portata di chiunque? Questo lo vediamo chiaramente quando riflettiamo. Ma il demagogo, il tiranno che desidera conquistare il potere percorrendo la scorciatoia della manipolazione, opera con estrema rapidità per non dare tempo agli altri di pensare e di sottoporre a riflessione ciascuno dei temi. Per questo non si sofferma a qualificare i concetti e a giustificare quanto afferma; dà per scontato ciò che gli interessa e lo espone con termini ambigui, con carenze di precisione.

Quando sottolinea un aspetto, lo fa come se fosse l’unico, come se tutta la portata di un concetto si limitasse a quella questione. In questo modo evita che la gente alla quale si rivolge abbia elementi di giudizio sufficienti per chiarire le questioni e farsi serenamente un’idea propria e ben depurata.
Non potendo approfondire una questione, la persona disorientata tende a lasciarsi trascinare. È come un albero senza radici che si lascia portare da qualsiasi vento, soprattutto se tale vento soffia a favore delle proprie tendenze elementari. Per rendere ancora più facile la sua opera di trascinamento e di seduzione, il manipolatore fa leva sulle tendenze innate della gente e si sforza di accecarne il senso critico.
Questo spiega perché certe parole ed espressioni legate al termine “libertà” vengono gestite in modo astuto...

                                                                        Alfonso López Quintás


      IMMAGINI:
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© Elledici / M. Comoglio / Il linguaggio può essere lo strumento attraverso il quale si nasconde la verità, facendo credere di difenderla.
Libertà è una delle parole magiche con cui si vuole conquistare l’uomo moderno. Ma lasciato alla sola libertà, senza valori morali, l’uomo è come un fuoco che brucia tutto quello che incontra sul suo cammino.
3  Solo alzandoci al di sopra della mentalità corrente possiamo recuperare la nostra dignità umana per non lasciarci travolgere da una visione gretta che riduce l’uomo unicamente a soggetto economico.
4  La famiglia è il luogo naturale in cui i figli apprendono le leggi della libertà.
5  L’uomo è chiamato a librarsi in volo verso le vette dell’autentica libertà di spirito per trovare in Dio la sua realizzazione piena. Una vocazione a cui tutti sono chiamati.


      RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 11
     
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