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VITA DELLA CHIESA:
I MARTIRI SALESIANI
DI MADRID E SIVIGLIA
Dalle origini della
Chiesa...
Nei primi secoli della Chiesa
il culto dei santi ini zia con la venerazione dei martiri
e dei loro resti mortali, conservati di solito nelle catacombe.
Più tardi, a partire
soprattutto dalla svolta costantiniana e dalla pace
della Chiesa (313 d.C.), nelle comunità cristiane si afferma
anche il culto dei santi monaci e dei santi vescovi. Cessate
le persecuzioni, infatti, al martirio del sangue
si sostituisce il cosiddetto martirio della coscienza
(o nel segreto del cuore), quello di chi si impegna
più da vicino nellimitazione e nella sequela di
Gesù.
È interessante notare che a partire già
dal secondo secolo, fino ai nostri giorni il termine martire
(in greco martys, che di per sé significa testimone, e
che dunque potrebbe valere per tutti i cristiani) indica solo
il fedele che ha versato il sangue (effuso sanguine) a motivo
della sua fede in Gesù Cristo (in odium
fidei).
Così il semplice
testimone della fede, che non è passato attraverso la
persecuzione cruenta, viene indicato con altri termini, in particolare
con quello di confessore.
Questo semplice rilievo terminologico
sostiene e avvalora la conseguenza che ne vogliamo trarre: da
sempre, nella Chiesa, la suprema testimonianza della
fede è quella di chi come il Signore Gesù
ha donato la sua vita perché il male e la morte
fossero sconfitti.
Lungo i secoli, il martire
cristiano rivive nella sua carne il duello tra la morte e la
vita: il martire muore con il re della vita, e insieme con lui
regna e vive per sempre. Le sofferenze e la morte dei martiri
sono la manifestazione più evidente della forza della
risurrezione, perché anzitutto nei martiri Gesù
Cristo celebra la sua pasqua e continua a sconfiggere la morte.
Lungo la storia, fino ad oggi, i martiri hanno suscitato nella
gente atteggiamenti contrapposti, che variano dal disprezzo allammirazione.
Cè chi
da Tacito
in poi li considera
dei fanatici o dei pazzi; e cè chi come per
esempio San Giustino ( ca. 167) rimane talmente
colpito dalla loro intrepida testimonianza di fronte alla
morte, da considerarla come un segno dallalto,
un vero e proprio miracolo.
La vita
intera di Origene ( 254),
uno dei più grandi teologi della Chiesa, è segnata
dallaspirazione ardente al martirio: Se Dio mi concedesse
di essere lavato nel mio proprio sangue, confessa lAlessandrino
in una celebre omelia, mi allontanerei sicuro da questo
mondo... Ma sono beati coloro che meritano queste cose
(Sul Libro dei Giudici 7,2).
Come si può vedere da
questa testimonianza, fin dalle origini della Chiesa il martirio
è avvertito come una grazia di Dio, assai di più
che un merito delluomo. SantAgostino ( 430),
per evitare le esagerazioni di quei cristiani che, come i donatisti,
andavano incontro di loro iniziativa al martirio cruento,
ci ha lasciato una massima lapidaria: Non poena, sed causa, facit
martyres. Non la pena in sé, cioè la morte fisica,
ma la causa cioè la suprema imitazione e la radicale
sequela di Cristo è ciò che fa il martire.
... fino
ad oggi
Pochi anni fa, nel cuore del
grande Giubileo, Giovanni Paolo II ha voluto celebrare una solenne
commemorazione dei martiri del XX secolo, nella significativa
cornice del Colosseo. Era il 7 maggio del 2000.
In quelloccasione il Papa ha inteso delineare con parole
incisive una vera e propria teologia del martirio,
che rifacendosi allesperienza cristiana delle origini
scavalca i secoli, e rimane la chiave di lettura più
adatta per rileggere e comprendere a fondo il significato del
martirio nelloggi della Chiesa e della storia.
Lesperienza dei
martiri e dei testimoni della fede, ha detto in quelloccasione
Giovanni Paolo II, non è caratteristica soltanto
della Chiesa degli inizi, ma connota ogni epoca della sua storia.
Nel secolo ventesimo, poi, forse ancor più che nel primo
periodo del cristianesimo, moltissimi sono stati coloro che hanno
testimoniato la fede con sofferenze spesso eroiche. Quanti cristiani,
in ogni Continente, nel corso del Novecento hanno pagato il loro
amore a Cristo anche versando il sangue!.
In effetti, stando ai dati
in possesso dellAgenzia
Fides, il quadro riassuntivo del solo decennio 1990-2000 presenta
un totale di 604 missionari uccisi. La medesima Agenzia informa
che negli anni 2001-2006 il totale degli operatori pastorali
uccisi è di 152 persone.
Queste persone, proseguiva
il Papa, hanno subíto forme di persecuzione vecchie
e recenti, hanno sperimentato lodio e lesclusione,
la violenza e lassassinio. Molti Paesi di antica tradizione
cristiana sono tornati ad essere terre in cui la fedeltà
al Vangelo è costata un prezzo molto alto.
La generazione a cui appartengo, continuava Giovanni
Paolo II, aprendo un sofferto squarcio autobiografico, ha
conosciuto lorrore della guerra, i campi di concentramento,
la persecuzione... Sono testimone io stesso, negli anni della
mia giovinezza, di tanto dolore e di tante prove. Il mio sacerdozio,
fin dalle sue origini, si è iscritto nel grande sacrificio
di tanti uomini e di tante donne della mia generazione...
E sono tanti! La loro memoria
non deve andare perduta, anzi va recuperata
in maniera documentata. I nomi di molti non sono conosciuti;
i nomi di alcuni sono stati infangati dai persecutori, che hanno
cercato di aggiungere al martirio lignominia; i nomi di
altri sono stati occultati dai carnefici. I cristiani serbano,
però, il ricordo di una grande parte di loro... Tanti
hanno rifiutato di piegarsi al culto degli idoli del XX secolo,
e sono stati sacrificati dal comunismo, dal nazismo, dallidolatria
dello Stato e della razza.
Giovanni Paolo II richiamava
poi il paradosso caratteristico del Vangelo, nel
quale il martirio cristiano fonda le sue profonde radici: Chi
ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo
la conserverà per la vita eterna (Gv 12,25), e spiegava
che i martiri non hanno considerato il proprio tornaconto,
il proprio benessere, la propria sopravvivenza come valori più
grandi della fedeltà al Vangelo. Pur nella loro debolezza,
essi hanno opposto strenua resistenza al male. Nella loro fragilità
è rifulsa la forza della fede e della grazia del Signore.
Decisiva è poi la conclusione
del medesimo discorso, che consente ad ogni credente, come a
tutte le persone di buona volontà, di cogliere le motivazioni
autentiche per cui noi oggi celebriamo la memoria dei santi martiri:
la loro eredità, diceva Giovanni Paolo II, parla
con una voce più alta dei fattori di divisione... Se ci
vantiamo di questa eredità non è per spirito di
parte, e tanto meno per desiderio di rivalsa nei confronti dei
persecutori, ma perché sia resa manifesta la straordinaria
potenza di Dio, che ha continuato ad agire in ogni tempo e sotto
ogni cielo. Lo facciamo, a nostra volta, sullesempio dei
tanti testimoni uccisi mentre pregavano per i loro persecutori.
I martiri
salesiani di Madrid e di Siviglia
È questa la prospettiva
più corretta, nella quale va collocata la beatificazione
di don Enrique Saiz Aparicio e dei suoi 62 compagni.
Come è noto, si tratta di un folto gruppo di martiri appartenenti
alla Famiglia Salesiana, uccisi durante i primi mesi della guerra
civile spagnola.
Originariamente si trattava di due cause di martirio diverse,
istruite rispettivamente nelle Diocesi di Madrid (Enrique
Saiz Aparicio e 41 compagni) e di Siviglia (Antonio
Torrero Luque e 20 compagni). Ma già nel 1985 le
due cause sono state unificate secondo la dicitura attuale: Enrique
Saiz Aparicio e 62 compagni.
Giunge a compimento così
lannoso e complesso procedimento, successivo a quello che
l11 marzo del 2001 condusse alla beatificazione di don
José Calasanz Marqués e dei suoi 31 compagni (i
martiri salesiani della provincia di Valencia).
A questi nostri fratelli e
sorelle nella fede che si collocano sulla scia luminosa
dei protomartiri salesiani Luigi Versiglia e Callisto
Caravario, canonizzati nellanno del grande Giubileo
possiamo riferire a buon diritto la conclusione dello storico
discorso del 7 maggio 2000, che abbiamo già ampiamente
citato: Resti viva, auspicava commosso il Servo di
Dio Giovanni Paolo II, resti viva nel secolo e nel millennio
appena avviati, la memoria di questi nostri fratelli e sorelle.
Anzi, cresca! Sia trasmessa
di generazione in generazione, perché da essa germini
un profondo rinnovamento cristiano! Sia custodita come un tesoro
di eccelso valore per i cristiani del nuovo millennio, e costituisca
il lievito per il raggiungimento della piena comunione di tutti
i discepoli di Cristo!.
ENRICO DAL COVOLO sdb
IMMAGINI:
1 Enrico Saiz Aparicio
con altri cristiani ha coraggiosamente affrontato il martirio
durante la guerra
civile spagnola.
2-4
Alcuni
momenti della celebrazione di beatificazione avvenuta a Roma
il 28 ottobre 2007.
5 Il Rettor Maggiore, Don Pascual
Chávez e il suo Vicario, Don Adriano Bregolin, durante
la celebrazione di beatificazione dei martiri salesiani spagnoli.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2008 - 1
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