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     STUDI: MUSICA E FEDE
     IL FUOCO DELLA RUSSIA

Il più singolare e autorevole tra i compositori moderni è Igor Fedorovic Stravinskij, nato il 5 giugno 1882 ad Orianenbaum nei pressi di San Pietroburgo. Il suo è un nome conosciuto anche dai più refrattari in fatto di musica, tanta è la potenza della sua arte e immediata la sua capacità comunicativa. La sua religiosità, di tipo non istituzionale ma neppure di carattere soltanto naturale, gli permise di affrontare temi di profonda riflessione sulla vita e sugli eventi, e, ancora alla metà del secolo scorso, Stravinskij continuava ad essere il paradigma di chi compone musica sacra.

Straniero in nessun luogo

Di ingegno fervido e fantasia inesausta, la sua vena compositiva divenne ancor più feconda attraverso l’esperienza dei pesanti lutti familiari che negli anni Trenta oppressero la sua esistenza. La migliore definizione dell’universalità del suo ingegno, che, con serenità estrema, spazia dal profano al sacro e dallo storico al mitologico, è stata formulata da quel fedele amico e collaboratore che fu lo scrittore svizzero Charles-Ferdinand Ramuz (1878-1947): non eri straniero in nessuna parte della terra, da nessuna parte lo potevi essere, perché da nessuna parte ti mancava il rapporto con le cose, con la vita, da nessuna parte eri separato dall’Essere: è questo il dono più grande.

Sebbene sul piano privato Stravinskij non sia stato esente da gravi responsabilità morali, la definizione del Ramuz coglie bene la capacità straordinaria di questo compositore di esplorare ogni più recondito aspetto dell’animo umano, e di tradurne in efficacissima armonia le gioie, i lutti, le speranze e i sogni. La sua carriera viene divisa in tre periodi, che si inquadrano anche nelle nazioni in cui visse. Ecco perché non fu straniero in nessuna parte della terra, perché seppe incarnare, da tipico russo cosmopolita, le culture tanto diverse dell’antica Russia, dell’Europa, in particolare della Francia, e infine dell’America che divenne la sua definitiva e forse più amata patria, della quale ottenne la cittadinanza a New York nel 1945.

L’incontro con un grande maestro

Figlio di un affermato cantante lirico, non fu un enfant prodige. I suoi studi regolari di musica cominciarono anzi molto tardi, quando, già avviato al conseguimento della laurea in legge, incontrò il grande maestro Nikolaj Rimskij-Korsakov (1844-1908, l’eccezionale orchestratore del Boris Godunov di Musorgskij, suo amico e collega, che non poté dare una veste orchestrale a quel suo immenso affresco di storia e di popolo prima che l’alcol gli togliesse la mente e la vita). Tra i meriti di Rimskij-Korsakov vi è quello di avere intuito nel ventitreenne laureando un inesauribile desiderio di apprendere l’arte per eccellenza, la musica, e di esplorare ogni altra espressione artistica e soprattutto la vita.

Il tirocinio di studi durò fino alla morte di Rimskij, ed ebbe come risultato, oltre alla Sinfonia in mi bemolle (1905), una “suite” di melodie d’impronta popolare per voce e orchestra: Il fauno e la pastorella (1905), due opere sinfoniche e lo Scherzo fantastico (1908).

Intanto la sua frequentazione dell’alta società gli fruttava conoscenze e anche opportunità tutt’altro che limpide. Piuttosto basso di statura e non certo un bell’uomo secondo i canoni comuni, si acquistò fama di donnaiolo (si parlò addirittura di una relazione con Coco Chanel). Nel 1906 sposò la cugina Katerina Nossenko, che gli diede quattro figli, da lui sempre amatissimi e per i quali riservò gran parte del suo tempo e dei suoi proventi. I due rimasero sposati, pur con notevole quanto ammirevole sofferenza di Katerina, che sapeva delle infedeltà del marito, fino al 1939, quando ella morì di tubercolosi.

I primi successi

Nel 1908 si interessò di lui Serghei Diaghilev (1872-1929), famoso e influente impresario teatrale a San Pietroburgo, che molta parte ebbe nella carriera del nostro musicista. Intuito il talento del giovane, gli affidò la strumentazione di due pezzi di Chopin per un balletto e l’anno successivo la composizione di un intero nuovo balletto.

Nacque così l’Uccello di fuoco rappresentato nel 1910 a Parigi con straordinario successo. Musicisti come Debussy, Ravel, de Falla, riconobbero la genialità della partitura, e l’ascesa di Stravinskij ebbe così inizio. In questo spartito, improntato alle antiche tradizioni popolari russe, ma moderno e occidentale sul piano teatrale e coreografico, si celebra il coraggio dell’onestà e il trionfo degli oppressi, attraverso il vivacissimo colore della fiaba.

Già questa partitura contiene elementi di religiosità, sia pure del tutto naturale e non esente da una venatura di carattere pagano. Più meditativa e sofferta è la riflessione condotta sulla vita umana nel successivo balletto Petrouschka (Parigi, 13 giugno 1911), che ottenne enorme successo e portò Stravinskij alla fama internazionale e ad un posto di primo piano nell’avanguardia parigina. Narra la vicenda di un vecchio e misero ciarlatano, che presenta allo stupito pubblico di una piazza di San Pietroburgo tre pupazzi animati: Petrouschka, la ballerina e il Moro.

La magia del vecchio ha infuso loro sentimenti e passioni umane. Petrouschka, ridicolo ometto dall’aspetto meschino, è pieno di sincero amore per la bella ballerina, la quale gli preferisce ovviamente il prestante Moro, il cui vistoso aspetto nasconde una paurosa carenza di sentimenti.

Invano l’ometto cerca di mettere in guardia l’amata, anzi il suo aspetto spregevole lo fa scacciare da tutti. La ballerina sta per cedersi al Moro, quando Petrouschka irrompe pazzo di dolore e di gelosia e il Moro lo uccide. La folla, che ha partecipato con passione e sofferenza alla burla, è placata dal vecchio, il quale mostra che i tre non erano altro che pupazzi di stoffa.

Ma lo spettro di Petrouschka si presenta al di sopra del teatrino, come ammonizione a giudicare non in base all’aspetto ma alla verità. Caposaldo del repertorio coreografico nel Novecento, questo spartito resta un autentico capolavoro, che fece il giro di tutto il mondo e alla Scala approdò nel 1926 diretto dall’Autore. Il secco colorismo ritmico di Petrouschka impressionò profondamente Debussy, e anche lo preoccupò, vedendo che la sua incontrastata fama di raffinato narratore musicale poteva essere messa in forse.

                                                                      Franco Careglio ofm
                                                                          


 IMMAGINI:
Il balletto Petrouschka è una meditazione sulla vita, sugli inganni delle apparenze e il bisogno di una giustizia che vada al di là della storia.
Igor Stravinskij (1882-1971) è uno dei massimi e più discussi musicisti moderni. Utilizzò vari stili e generi. Per lui la musica non esprimeva nulla se non che se stessa.
lia di Erodiade. In questa forzatura si riconosce la tenebra di una vita precipitata nel peccato.

           RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 1  
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