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     VITA DELLA CHIESA / LITURGIA:
     IL GIORNO DEL SIGNORE

«Questo è il giorno fatto dal Signore,
rallegriamoci ed esultiamo in esso»:

questa frase del Salmo 117 (v. 24) sovente viene proclamata in questo Tempo, o per lo meno fa da sottofondo a tutte le celebrazioni pasquali poiché la Pasqua è il giorno che appartiene a Dio, il giorno che Lui non solo ha riservato a Sé, ma che ha plasmato nuovo introducendo nella storia umana tutta la sua potenza creatrice al fine di rendere, ciò che era irraggiungibile nell’orizzonte della speranza umana, l’evento fondante di una speranza che colloca l’uomo al di là della prospettiva effimera e terrena. Con la Risurrezione dai morti, Gesù inaugura il tempo ultimo della condizione umana ed immette nel nostro tempo mortale il seme della sua vittoria immortale.

Il giorno della Risurrezione, dunque, è il giorno di Dio. Il giorno che Dio ha realizzato per Sé in modo esclusivo ed unico. È il giorno di sua proprietà; è l’eccellenza della Sua novità assoluta, incondizionata ed illimitata.

Tuttavia, questo giorno che Dio ha riservato a Sé, poiché è suo, non è un giorno che Dio trattiene per Sé. Non lo sottrae alla trama umana, non lo defalca dal canovaccio delle nostre vicende, ma lo offre a noi come un’offerta della sua squisita bontà divina.

La Pasqua, e la Domenica, il suo riproporsi settimanale, non è tanto un giorno che noi consacriamo a Dio, è invece, un giorno che Dio consacra a noi. La Domenica è il giorno che Lui ha scelto per visitare il suo popolo e arricchirlo con i doni della sua Grazia. E poiché è Dio che ci visita in questo giorno, noi ci rallegriamo ed esultiamo. Alla Domenica, prima ancora di considerare ciò che noi dobbiamo fare per il Signore, dobbiamo riflettere su quello che Lui fa per noi. Noi siamo i destinatari dei suoi doni e così, più che offrire, riceviamo. Riceviamo Lui, il suo trionfo sulla morte, la sua presenza inestinguibile, Lui il Vivente sempre presente, l’Amore che non tradisce.

Per questo, se la Domenica è anzitutto un dono, la prima disposizione che dobbiamo avere è quella dell’accoglienza gioiosa. Sì, dobbiamo rallegrarci ed esultare perché nella Domenica ci viene offerto l’infinito tempo divino. Questo dono fa esplodere in noi un’incontenibile danza di gioia per la festa della gloria divina che viene in mezzo a noi. Questo dono lo possiamo godere, ma non manipolare, cambiarne il senso o la finalità. Non tocca a noi stabilire a quali condizioni Dio deve distribuire i suoi doni. Questo giorno interrompe la catena feriale e dipinge con i colori dell’esultanza l’attesa umana.

La Domenica appartiene a Cristo e al suo Mistero. Cristo ha stabilito che il dono della Sua visita si debba ricevere insieme, come convocati ad un unico appello e non da isolati, frazionati, divisi. La Sua presenza si manifesta nell’Ecclesia, nella Chiesa, adunata dalla memoria della Sua Risurrezione. La Chiesa esiste poiché è stata chiamata, convocata, posta in essere dal luminoso trionfo di Cristo sulla morte. Senza Risurrezione non vi sarebbe la Chiesa e senza la Chiesa non vi sarebbe la speranza immortale. Così il giorno del Signore è il giorno della Chiesa, sacramento della presenza del Risorto.
L’Assemblea eucaristica è il cuore della Domenica.

La Domenica è l’Eucaristia dell’Assemblea radunata nel nome del Signore risorto: fin dagli inizi è stato così. Luca, negli Atti degli Apostoli, racconta: «Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro...» (20,7). La celebrazione domenicale non è un semplice incontro di preghiera, è l’Eucaristia. La Chiesa l’ha ricevuta dagli Apostoli e la celebra riproponendola all’uomo d’oggi poiché in essa vi è la Vita che non muore. L’Eucaristia è ciò di cui la Chiesa vive e ciò in cui si esprime. Esiste la Domenica, giorno del Signore, solo quando noi ci raduniamo nel nome del Risorto.

Tramite l’Eucaristia domenicale noi, Chiesa, siamo in rapporto vivo con il Cristo Risorto, che santifica i nostri giorni terreni con il suo Corpo e il suo Sangue. Se questa è, dunque, la finalità della Domenica, la celebrazione eucaristica non può esser animata da indifferenza e anonimato, freddezza e disinteresse. Lo stare alla stessa mensa senza conoscersi e senza volersi bene è falsità. Il mangiare da soli è tristezza poiché si fa festa solo quando si è insieme nell’amore reciproco.

La qualità delle nostre celebrazioni determina il loro futuro. Cristo ha garantito alla sua Chiesa la sua presenza, ma non ha assicurato che questa presenza continuerà nelle nostre chiese, nei nostri quartieri, nei nostri paesi. Questo dipende dalla qualità delle nostre comunità, dallo spirito fraterno che sapremo vivere, dalla nostra capacità di accogliere il dono del Risorto che ci offre il suo giorno senza tramonto.

                                                                     Don  GIUSEPPE PELIZZA sdb     


 IMMAGINI:
La Chiesa esiste poiché è stata posta in essere dal luminoso trionfo di Cristo sulla morte.
La Domenica è il giorno del Signore, nel quale facciamo viva memoria della sua morte e Risurrezione.

           RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 4  
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