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   MUSICA E FEDE:
  
CINQUE ARTISTI: RIMSKIJ-KORSAKOV E COMPAGNI

L’uomo che non ha musica in se stesso,
né è commosso dall’armonia di dolci suoni,
è capace di tradimenti, insidie e ruberie.
                 (William Shakespeare, Il mercante di Venezia, a. V)

Delle dodici opere circa di Rimskij-Korsakov ne reta oggi in repertorio la metà. La fama dell’illustre Maestro è troppo legata, come detto la volta scorsa, alla sua abilità di orchestratore, cioè di ingegnere dell’organizzazione strumentale. I suoi capolavori, come tecnico della veste sonora, sono le due grandiose opere di Musorgskij Boris Godunov e Khovanscina e il Principe Igor di Borodin. Altre sue più notevoli composizioni vengono ancora rappresentate, sia in Russia che nel mondo.

Egli sta in una posizione intermedia tra matrice russa e gusto occidentale, e resta così un anello tra la cultura musicale francese e la nascente scuola russa, rapporto che culminerà nell’eclettismo dello Stravinskij parigino, anch’egli allievo di Rimskij per l’orchestrazione. La tecnica del Maestro si evolve verso il frazionamento della massa strumentale in timbri singoli, puri, e alla valorizzazione del colore come elemento essenziale del discorso musicale.

La Pasqua russa

Nel campo sinfonico in particolare si avverte una vertiginosa capacità inventiva: tre sono le sinfonie che hanno suggellato la fama di Rimskij compositore: La Grande Pasqua russa e Shéhérazade (1888) e il celebre Volo del calabrone (1900). La prima è una composizione che celebra la Pasqua ortodossa, e costituisce un importante elemento del genere sacro.

È uno spartito che induce a riflettere sul “Mistero”, come bene scrisse Mons. L. Giussani (1922-2005): se si soffoca il Mistero come dimensione del proprio rapporto con le persone e le cose, tutta la realtà è fatta a pezzi. La drammaticità della vita è in questa alternativa. Lo si avverte bene ascoltando la bella musica di Rimskij-Korsakov nella Grande Pasqua Russa. Si può paragonare ad una discoteca: un fiume di provocazioni sensorie senza costruzione...

L’alternativa cui siamo chiamati è quella di vivere secondo il Mistero o secondo la regola del “come pare e piace”. Cristo è morto per richiamare il mondo al Padre. Così noi siamo chiamati a questo richiamare il mondo, e non c’è via di mezzo tra questo compito e il “pare e piace”. La musica di Rimskij ci pone pienamente di fronte a tale alternativa.

Fiabe ispiratrici

Di tutt’altro genere è il poema sinfonico Shéhérazade, ispirato sullo sfondo di un Oriente sensuale e crudele, tratto dalla prima novella delle Mille e una notte, l’anonima raccolta di novelle arabe; nel 1910 il coreografo russo Alexandre Benois (1870-1960) ne trasse un dramma coreografico rappresentato all’Opéra di Parigi nel 1910; è forse l’unico esempio di trasposizione in teatro di una sinfonia. Infine, il Volo del calabrone fa parte di un’opera scritta nel 1899 e rappresentata a Mosca nel 1900. È una delicata composizione tratta da una novella di Aleksandr Puskin (1799-1837), l’insigne scrittore al quale si ispirarono altri musicisti.

Rimskij traduce in musica La favola di zar Saltan, nella quale vi è il trionfo del bene grazie ad un buon sovrano e al di lui figlio il quale, trasformato in calabrone, fa giustizia dei nemici del padre pungendoli a morte. L’opera si presenta in quattro quadri, di cui il celebre Volo è il terzo; brano breve, ricco di inventiva melodica e capace di straordinaria evocazione naturalistica. A parte il Volo, eseguito come brano a sé stante, quest’opera conobbe un successo rimasto duraturo sulle scene nazionali, pur mai superando i confini della Russia.

Un’altra opera di rilievo, di sfondo naturalistico in apparenza pagano ma ricco di spunti di riflessione spirituale, è Snegurocka (La fanciulla di neve), rimasta cara al Maestro proprio per la dolcezza sia del racconto che, ben più, della melodia. Tratta dal poema del drammaturgo Alexsandr Ostrovsij (1823-1886), è avvolta in un clima fiabesco nel quale la Fata della Primavera protegge la Fanciulla di neve, sua figlia, che, protetta pure da Nonno Gelo, vive in un sereno paese governato da un saggio zar; la Fanciulla si innamora del Dio Sole, ma al primo raggio si scioglie mentre il coro innalza l’inno trionfale al Dio che ha messo in fuga il gelo.

Dall’insieme della trama e della musica pare non esistano religioni o filosofie più appaganti del sole; ma la bravura del Maestro sta nell’interpolare il mondo del mito con quello della vita quotidiana, delineando la sventurata fanciulla che non sopravvive al destino. L’opera ebbe un vivo successo di pubblico (San Pietroburgo, 29 gennaio 1882), ma incontrò numerose riserve dalla critica, anche da uno dei “Cinque” di cui Rimskij faceva parte. Il “Gruppo dei Cinque”, infatti, (i musicisti Balakirev, Cui, Musorgskij, il Nostro e Borodin) mirava a svincolarsi dagli influssi occidentali attingendo dal folclore e dal canto liturgico russo.

Di essi, però, solo Musorgskij, e in parte Borodin e il Nostro, riuscirono in tale intento, mentre gli altri non andarono oltre un esotismo di maniera. Il Gruppo cominciò a scricchiolare quando i primi successi arrisero ai diversi componenti. Nell’animo dei cinque cominciò ad insinuarsi sottilmente la “meretrice” che mai “torse gli occhi” (Inferno, XIII, 64-65) non solo dalle corti principesche, ma purtroppo anche dalle comuni società umane; e Rimskij, mite e sensibile, fu oggetto di commenti amari da parte dei suoi compagni, Cui in particolare, per i suoi successi. Il “Gruppo dei Cinque” andò progressivamente sciogliendosi dopo la morte del maggiore tra essi, Musorgskij (1881).

Verso una cultura russa

Rimskij si dedicò alla revisione del Boris Godunov di Musorgskij, andato in scena a San Pietroburgo nel 1874, nella forma e nell’orchestrazione affrettata dell’Autore, già annebbiato dall’alcol; questa opera meravigliosa, contenente un messaggio spirituale e popolare di vastissima portata, costituisce la pietra miliare della scuola russa ed influenza larga parte del Novecento musicale europeo. Il genio è Musorgskij, ma il suo è veramente il prototipo del moderno work in progress, e sarebbe lungo tracciarne l’affascinante genesi. Il lungo e complicato cammino del Boris inizia nel 1868, in casa del musicista Michail Glinka, morto nel 1857.

La sorella Ljudmila raduna gli artisti e gli intellettuali della nuova generazione, impegnati a costruire una cultura autenticamente russa. Ed è il giovane Musorgskij a lasciarsi affascinare dalla fosca vicenda dello zar Boris, dalla sua follia e dalla sua morte (avrebbe fatto uccidere i fanciulli legittimi eredi al trono) magistralmen­te vergata dal sommo Puskin (1825). Enorme lavoro di bellezza affascinante, nel quale si trovano l’invidia, il tradimento, la ragione di stato, la sensualità, la fede, l’innocenza, il dolore, l’amore per la sorte dell’amata e infelice Russia, Boris venne ripreso da Rimskij nel 1895 nello stile brillante di fine secolo, e successivamente dieci anni dopo, apportando però molte modifiche anche a livello scenico.

Oggi sta tornando alla luce il Boris autentico, con l’orchestrazione musorsghiana pur rozza, ma di forte colore scuro e di potente impatto sonoro, che corrisponde pienamente al senso della tragedia. La riscoperta di quest’opera, certo uno dei maggiori capolavori dello spirito umano, inizia nel 1940 con una nuova rielaborazione da parte di Dmitrij Sostakovic, che tuttavia sovrappone un po’ troppo se stesso al testo.

Il primo Boris, comunque, sta conoscendo oggi, nei teatri, una “risalita”, grazie anche all’eccezionale allestimento diretto da Claudio Abbado alla Scala nel 1979. Prima del Maestro italiano fu il grande H. von Karajan (1908-1989) a consegnare alla storia una incisione immortale dell’opera (1970) nella versione di Rimskij, da lui prediletta.

                                                                            Franco Careglio


 IMMAGINI:
La musica di Rimskij Korsakov è un immediato richiamo al senso del mistero di Dio che redime il mondo.
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La Grande Pasqua Russa è un’opera di intenso valore spirituale e musicale che ispirandosi a temi popolari e sacri consegna alla storia una delle opere di maggiore pregio della cultura russa.

        RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 7  
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