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   VITA DELLA CHIESA| LITURGIA: AVVENTO 2008:
   DIO NELLA STORIA DELL'UOMO


Ma quando da morte passerò alla vita
sento già che dovrò darti ragione, Signore.
Allora saprò la pazienza con cui mi attendevi;
e quanto mi preparavi, con amore, alle nozze.

                                                
Padre D. M. Turoldo, 1916-1992

Dio si veste di umanità.Questa è l’attesa che si vive in Avvento, tempo cosiddetto “forte” dell’anno liturgico, insieme alla Quaresima. In questo tempo facciamo la triste scoperta che le “nostre opere di giustizia sono diventate ­come panno immondo” (Isaia, 64,6) e, se non ci poniamo in silente e umile attesa di Dio che viene a dare senso all’esistenza umana, diveniamo coloro che presumono di sapere tutto, anche il futuro, e di possederlo. Perché attendere, chi e che cosa? Si sa tutto, si possiede tutto.

Che bisogno vi è di Dio? Se ci lasciamo suggestionare dalla cultura nella quale siamo immersi, perdiamo l’unica àncora di salvezza. La “buona notizia” che attendiamo è questa: merita vivere e procreare, merita camminare e soffrire! Lo capiremo se faremo esperienza dell’attesa. Saremo passati attraverso la sapienza profonda del deserto, che ci avrà permesso di scoprire l’iniquità e la falsità che si annidano sotto spoglie avvenenti; potremo vivere una stagione pura, non contaminata: la stagione di un mondo diverso che noi credenti chiamiamo Regno di Dio.

L’attesa: parola che evoca mistero, timore, inquietudine. Nel pensiero cristiano, attesa non ha tali contenuti: essa è speranza, sinonimo di certezza. Più volte Cristo parla di attesa, paragonando il Regno di Dio al seme che germoglia e cresce, produce spiga e grano (Marco 4,26); il seme che, caduto in terra, produce molto frutto solo se muore (Giovanni 12,24).

Tali esempi insegnano come questa attesa non sia come quella, logorante e vana, dei due protagonisti di Aspettando Godot (1952), di Samuel Beckett (1906-1989), che attendono invano l’arrivo di un enigmatico personaggio, dando prova di una patetica resistenza che conduce all’assurdo. No. Noi credenti non possiamo essere come quei due. Per noi attesa vuol dire capacità di rimetterci in questione, perché non siamo dei contribuenti alla disperazione collettiva, ma dei suscitatori di novità, capaci di reggere l’attesa come forza creativa della storia.

La storia e le sue fonti

La storia dell’Avvento si basa unicamente sui racconti evangelici della nascita e di Gesù. Sono narrati, però, soltanto da Matteo e Luca, i due grandi teologi del Natale. Essi mostrano forti differenze nella narrazione. Matteo narra che Maria e Giuseppe vivono a Betlemme, dove hanno una casa. La visita dei sapienti d’oriente, detti “magi”, che vengono da lontano per onorare il “re” mostrato loro da una stella, allarma il re Erode, sempre timoroso di perdere il suo trono; ha paura di questo fantomatico re appena nato, e fa assassinare tutti i bambini di Betlemme.

Ciò induce la famigliola a lasciare in tutta fretta la propria terra per trovare riparo in Egitto. Il fatto che il crudele Archelao, figlio di Erode, assuma il governo in Giudea dopo la morte del padre, rende timoroso Giuseppe di tornare a Betlemme, per cui conduce il bambino e sua madre in Galilea, a Nazaret.
Luca, invece, afferma che Maria e Giuseppe vivevano a Nazaret e si recarono a Betlemme solo per farsi registrare colà nel censimento romano. Il fatto che Maria, avuto il figlio, lo abbia deposto in una mangiatoia perché non vi era posto per loro in albergo, implica che essi non fossero di casa a Betlemme. Il pacifico ritorno della famiglia da Betlemme a Nazaret, attraverso Gerusalemme, non lascia spazio alla visita dei magi e alla furia di Erode.

Non si giustifica il tentativo di conciliare queste differenze. Il credente con umiltà si appaga del fatto che non vi è modo di sapere quanto i racconti di Matteo e di Luca siano “storici”, né da quale fonte essi li abbiano tratti. Il dato storico, vero e determinante, è che il Figlio di Dio è venuto tra la sua gente, attraverso una nascita “secondo la carne dalla stirpe di Davide” (Romani 1,3), “nato da donna sotto la legge” (Galati 4,4) perché noi tutti fossimo salvi e ricevessimo l’adozione a figli.

Questa limitazione della conoscenza priva forse i racconti dell’infanzia di ogni attendibilità? Niente affatto. Un’eccessiva preoccupazione per la storicità ci distoglie dal senso ispirato del testo biblico, che è incentrato su quanto i due evangelisti vogliono insegnarci: l’identità divina e umana di Gesù, detto il Cristo, e il suo ruolo di Redentore dell’u­manità tutta.

Questo è anzitutto lo scopo dell’Avvento: rievocare solennemente Colui che venne tra noi per riportarci alla dignità di figli. Tale festa va dunque preparata, meditata, attesa. È utile anche “vedere”, come volle fare otto secoli fa un grande cristiano, San Francesco d’Assisi, la modalità con la quale quel “Dio che i cieli non possono contenere” (1 Re 8,27) scelse di venire su questa terra: la povertà, la situazione di chi non ha potere e non vuole averlo, perché ben sa quanto esso sia pericoloso. La nascita di Gesù non avvenne al riparo dai pericoli e nella quiete di una stanza ben riscaldata.

Avvenne nel disagio, sia stata nella “casa” aperta a chiunque di cui accenna Matteo o nella “mangiatoia” di cui parla Luca. Non vi è alternativa, ci insegna il racconto della nascita: o viviamo dando primato all’amore, e il nostro potere diminuisce; o viviamo cercando il potere, e l’amore è sopraffatto. L’immagine del Bambino che nasce nella mancanza di beni, non comporta il rifiuto del miglioramento della vita dell’uomo. È un monito contro lo spostamento dell’asse dei progetti di esistenza.

Quando questo asse si poggia sull’avere, allora non solo Dio diventa muto in cielo, ma diventa disperato l’uomo sulla terra. Quando invece l’asse si poggia sulla consapevolezza che l’essenziale è Dio, allora si prende coscienza che Dio sta tra gli infelici della terra. E si comprende che i beni della terra dovranno essere diversamente distribuiti. Essi non sono anelli di una catena della schiavitù, ma diventano, nella visione cristiana, strumenti di solidarietà creativa sulla terra. L’attesa dell’Avvento ci richiama all’impegno laborioso affinché vi sia posto e pane per tutti in questo albergo di transito, il mondo.

I personaggi

L’attesa di un evento non si vive mai in solitudine. Nei racconti di Matteo e di Luca una grande quantità di personaggi popola l’attesa. La narrazione infonde ansietà gioiosa e vigilante, espressa da tutti i personaggi.
Giuseppe, sposo di una fanciulla di Nazaret, scopre che ella è incinta. L’ansia lo aggredisce, ma non vuole esporre la sua sposa all’infamia, perché è più forte in lui l’anelito alla giustizia che l’osservanza di una legge crudele. Un angelo, inviato da Dio, avverte il giovane di non temere, perché quel che è nel grembo della sua sposa è opera dello Spirito di Dio. Avrà compreso tutto il giovane? Forse no, ma l’amore va oltre il dato sensibile. Il giovane riceverà ancora un avviso circa il pericolo che incombe sul fanciullo appena nato, e sceglierà la via dell’esilio per sottrarlo alla morte. Cessato il turbine, il giovane prenderà la via di una regione nuova, per allontanare ogni probabilità di pericolo.

I Magi, quelle statuine dall’espressione seria e solenne che si vedono nei presepi, sono studiosi che si muovono da paesi lontanissimi, per adorare il Re dell’universo. Compiono un viaggio interminabile e pieno di incognite. Quanti passi faccio io per adorare Dio, almeno alla domenica? Il re Erode, abile e scaltro politico, che mantiene il suo trono barcamenandosi tra Roma e il governo locale, prova un’angoscia mortale: si tratta del suo potere. Si sopprimano tutti i bambini di Betlemme: quel “re” sarà eliminato con loro. Ma anche la città intera di Gerusalemme è colta da un fremito di sgomento mai avvertito.

Erode e i Magi: ci troviamo di fronte a due risposte contrastanti rispetto alla ricerca della verità: il tiranno vive circondato dal terrore, perché teme per il suo potere, e ricorre come difesa alla strage; di rimbalzo la città è “turbata” perché percepisce un senso di smarrimento: che accadrà? Un sovvertimento, una catastrofe?
Il Bambino è la causa di questi viaggi, paure e stragi. Nel racconto di Matteo Gesù appare già come il pericoloso sovvertitore da espellere dalla patria, e come il ricercato a morte che le forze del male, impersonate da Erode, tentano di sopprimere. Ma Dio, suo Padre, veglia su di lui e lo strappa dai pericoli con interventi straordinari (e sempre operati dagli umili!) perché Egli possa svolgere la sua missione di salvezza. I credenti – rappresentati da Giuseppe e dalla sua sposa – sono ­associati a questa “via crucis” e per essa partecipano alla salvezza di Dio mediante Cristo; l’Israele incredulo (altro personaggio) è destinato al giudizio di condanna, perché non accoglie la luce vera che viene nel mondo.

Nel racconto di Luca troviamo altri personaggi, che arricchiscono l’attesa di nuova e palpabile gioia e trepidazione. Un vecchio sacerdote irreprensibile, Zaccaria, ha in moglie la buona Elisabetta. Una sconfitta, quasi una maledizione, grava su di essi: non hanno figli: per la donna è la sua “vergogna” (Luca 1,25). Un angelo appare a Zaccaria: avrà un figlio, a cui porrà nome Giovanni. Il vecchio dubita: lui e sua moglie sono avanti negli anni: non è possibile. Ma il suo dubbio viene punito: non ha creduto nell’onnipotenza di Dio, basandosi su dati umani. Rimarrà muto fino alla nascita del bambino. Non sono rare nell’Antico Testamento coppie di coniugi senza figli, ma vi è un solo caso in cui entrambi sono impossibilitati ad averne: si tratta di Abramo e di Sara, personaggi fondamentali nella storia della salvezza.

Che Luca intenda stabilire un parallelismo tra le due coppie di genitori, risulta chiaro dalla risposta di Zaccaria (Luca 1,18), che è una ripetizione letterale della risposta che Abramo dà alla divina rivelazione (Genesi 15,8). Quando riacquisterà la parola, Zaccaria eleverà una solenne e grata lode al Signore, il Benedictus, recitato dalla liturgia ogni mattina.

Ed ecco il personaggio

più importante dell’Avvento: Maria. Della Madre di Gesù, e Madre di Dio, parla soprattutto Luca, non giudeo. L’ebreo Matteo è troppo debitore alla cultura giudaica, totalmente “maschilista”, diremmo oggi, per porre in rilievo una donna ed evidenzia Giuseppe. Maria, in Luca, ascolta, prega, canta di gioia, serve. L’annuncio da parte di Gabriele, la visitazione, il Magnificat (1,26-56), la vedono protagonista. Di tutte le scene utilizzate dalla liturgia per l’Avvento, questi racconti lucani sono i più noti. È questa l’“annunciazione” per eccellenza, ben più famosa degli annunci a Giuseppe e a Zaccaria. L’episodio è oggetto di estrema attenzione nella teologia, nella spiritualità, nell’arte e nella letteratura. Ella è il modello ideale di discepolo, che accoglie il messaggio evangelico con l’umiltà del povero che tende la mano. L’annuncio a Zaccaria avviene a Gerusalemme, e la nascita sarà subordinata ai rapporti tra marito e moglie; tutto riflette l’Antico Testamento.

L’annuncio a Maria avviene in una sperduta località della Galilea, Nazaret, sconosciuta e svilita (Giovanni 1,46), e il concepimento implicherà un atto divino di creazione, senza cooperazione umana: esso è opera dello Spirito che adombrerà Maria, lo stesso che aleggiava sulle acque alla creazione del mondo (Genesi 1,2). Maria, prima discepola di Gesù suo Figlio, è la prima “ad ascoltare la parola di Dio e ad osservarla” (Luca 11,28), e il suo discepolato diventa reale quando ella risponde il suo “eccomi”. Dio, nel suo arcano disegno, ha scelto questa fanciulla come “nuova e definitiva arca di alleanza” con la sua creazione. Per questo la preserverà da ogni macchia e la accoglierà in cielo in anima e corpo. Il discepolato di Maria è coerenza all’amore con cui Dio “ha guardato l’umiltà della sua serva” e alle “grandi cose” che Egli ha fatto in lei (canto del Magnificat). Lo stesso può essere vero per noi, redenti dal sangue di Cristo, “santi per vocazione” (Romani 1,7), in quei momenti ardui in cui siamo chiamati a dire il nostro “sì” alla volontà incomprensibile di Dio.

Noi, nell’Avvento, rendiamo grazie al Padre che in Maria ci ha rivelato il bene nascosto del suo disegno, preparato fin dalla fondazione del mondo.
Altro personaggio è Simeone, un vecchio giusto e timorato di Dio, citato solo da Luca (2,25-32). Anch’egli aspettava, da tanti anni; il Signore lo premia con la visione “della sua salvezza”, il Cristo. Il vecchio loda Dio e annuncia il futuro del Bambino, che porrà le genti tutte dinnanzi alla drammatica scelta tra Dio e il mondo. Maria parteciperà al destino doloroso del Figlio: la spada che le trapasserà l’anima sarà la comprensione che Gesù appartiene, più che a lei, al Padre e alla sua missione di salvezza. Il vaticinio si adempirà pienamente sul Calvario.
Infine i pastori, ai quali per primi viene rivolto l’annuncio della grande gioia della nascita del Salvatore; gli angeli, che intonano l’inno venerabile del Gloria.

Intorno a questa nascita, insomma, vi è un grande movimento di persone e una grande varietà di sentimenti. I due personaggi principali, Giuseppe e Maria, donano un insegnamento di preziosità immensa. Dio irrompe nella loro esistenza e sconvolge i loro progetti. Il Regno di Dio viene nella diversità. Giuseppe aveva un progetto di vita familiare, come lo aveva Maria. Se fossero stati legati al loro futuro come lo avevano pensato, avrebbero reagito negativamente. Entrambi invece erano pronti all’adventus non secondo i loro progetti, ma aperto alla diversità che veniva. E la “diversità” dell’amore di Dio li trovò pronti.

La liturgia

L’Avvento è il tempo nel quale, in modo più pieno e delicato, la luce del Signore entra a rischiarare la nostra vita. Nelle quattro domeniche sono presenti in modo particolare tre grandi persone, che ci aiutano ad entrare in questo clima di attesa luminosa e paziente: il profeta Isaia, che sette secoli prima previde la nascita del Salvatore, il profeta Giovanni il Battista, intrepido assertore della verità e della giustizia e la Madre di Gesù, Maria, che ci condurrà nel cuore dell’Avvento a riconoscere suo figlio nell’umiltà di Betlemme.

Quali possono essere i segni che ci aiutano a vivere bene questo tempo? Anzitutto la meditazione più attenta della Parola di Dio. Non basta allestire il pur significativo presepe, occorre conoscere a fondo, quasi a livello di studio, la Parola offerta ogni giorno dalla ricchissima liturgia di questo tempo. Più si conosce, più si ama. La Parola non è una pia devozione, è vita, è crescita umana, spirituale e culturale. Il tempo dell’attesa inizia con un solenne invito: è tempo di svegliarvi dal sonno (Romani 13,11).

La nostalgia verso il passato equivale appunto al sonno, se il credente non opera il risveglio di fronte all’appello sempre presente della salvezza personale non ancora definitivamente compiuta. L’ispirazione cristiana illumina ogni parola, ogni scelta, ogni azione. La vigilanza, ci avverte la Parola dell’Avvento, è una compromissione diretta. Troppo comodo vivere la vigilanza cristiana stando alla finestra e guardando la storia che scorre come un fiume sotto i nostri occhi.

Dobbiamo essere nei flutti del fiume, perché chi non sceglie nei flutti sceglie male, perché è solo un predicatore, un rètore del Vangelo. Occorre scegliere compromettendosi, come San Francesco d’Assisi, otto secoli fa, come San Giovanni Bosco. L’Avvento è tempo di risveglio e di scelta, non nell’istmo intellettuale, ma nella prassi storica. L’umiltà dell’Incarnazione diventa perno della coscienza che si fa certa che Dio ha vinto il mondo e allora, oltre ogni disperazione, risorge la speranza di un futuro migliore per l’uomo.

                                                                            FRANCO CAREGLIO OFM
                                                                                                                           


 IMMAGINI:
Giovanni il Battista, Geertgen tot Sint Jans (1490), Staatliche Museen, Berlin. - Giovanni il Battista è uno dei protagonisti del tempo d’Avvento. La sua predicazione, essenziale e coerente, ha preparato la via alla venuta di Gesù.
2  L’attesa celebrata nel tempo d’Avvento è speranza nel quale il cristiano si rimette in discussione suscitando novità e liberando le forze creative nella storia dell’uomo.
 Gli angeli sono la cornice sempre presente nei testi d’Avvento. Sono il segno che Dio sta per irrompere definitivamente nella vicenda umana.
 Lo sposalizio di Maria, chiesa di Saint-Austremonius d’Issoire, Auvergne, Francia. - Lo speciale rapporto fra Giuseppe e Maria costituisce una delle novità del tempo d’Avvento. La particolarità della loro unione non vuole sminuire il matrimonio, ma esaltare la gioia per la presenza di Dio.

       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008-10  
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