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   LA SPIRITUALITA' cristiana:
   LA SPIRITUALITA'CRISTIANA E'.....?


Nei giorni del festival-convegno Torino Spiritualità del settembre 2008 si è acceso un vivace dibattito sulla questione dell’esistenza e dell’accettazione della terminologia Spiritualità umana. Esiste anche una spiritualità semplicemente umana, fuori dall’ambito propriamente religioso?

La risposta, per altro non condivisa da tutti ma ormai sembra quella vincente, è che si può parlare anche di una semplice spiritualità umana, perfino di una spiritualità per atei: anche questi infatti, pur non ammettendo l’esistenza di Dio, rimangono sempre uomini e qualche volta sono anche più in ricerca di altri credenti, seduti e sazi delle risposte altrui acriticamente sedimentate ormai nel proprio bagaglio culturale ed esistenziale.

Il Card. Martini enuclea questo concetto: “Possiamo affermare che la spiritualità umana si pone in obbedienza a quattro precetti essenziali: sii attento, sii intelligente, sii responsabile, sii capace di giocarti la vita per quanto appare giusto e vero. Senza questo cammino quadruplice non si ha sforzo di autenticità, non si ha spiritualità; si ha invece approssimatività, o deriva, o degrado”.

Mentre il teologo Hans U. von Balthasar parlando di spiritualità semplicemente umana la vede come “l’atteggiamento, pratico ed esistenziale di un uomo... come espressione della sua interpretazione eticamente impegnata della vita”.

E parla poi dell’esistenza umana, in generale, che può essere guidata dalla spiritualità dell’amore (ecco l’atteggiamento contemplativo), dalla spiritualità dell’azione o della prassi (si mostra nell’atteggiamento dinamico fatto di impegno anche “rivoluzionario”) ed infine dalla spiritualità dell’indifferenza o dell’imperturbabilità (e si avrà quindi la spiritualità stoica, buddista, induista, di una certa mistica di matrice tedesca, e anche il famoso “Nata te turbe” di Teresa d’Avila).

Da che cosa potrebbe essere guidata questa spiritualità umana o laica, per usare una parola molto comune nei dibattiti, che prescinde per definizione dall’orizzonte metafisico? Per qualcuno dal concetto di coscienza (intesa secondo il filosofo Immanuel Kant) per cui l’uomo, nella sua vita etica quotidiana, tratta l’altro uomo sempre come fine e mai come mezzo, rimane poi aperto allo stupore della vita e della creazione (‘il cielo stellato sopra di me’). Da questa osservanza della legge morale quotidiana gli deriverà quella serenità, pur in mancanza di certezze metafisiche, anche davanti alla morte.

Il termine spiritualità

Il largo uso che si fa di questa parola così importante nella vita dell’uomo, non deve far dimenticare che ha avuto origine propriamente in ambito cristiano e del cristianesimo.
Secondo qualche studioso il primo uso certo del termine ‘spiritualità’ è da ricercarsi in una lettera, attribuita a San Girolamo (morto nel 420), il grande studioso e traduttore della Bibbia, e precisamente in una sua lettera. Egli scrive: “Fa’ in modo che tu possa progredire nella spiritualità (in latino: Age, ut in spiritualitate proficias). Stai attento a non perdere il bene ricevuto come un custode incauto e negligente. Corri, per non diventare pigro. Affrettati, per comprendere più velocemente... Mentre abbiamo tempo seminiamo nello spirito, per raccogliere una messe spirituale abbondante” (Epistula VII, 9).

Ricevuta la grazia nel battesimo, come dono gratuito da parte di Dio, c’è qui una chiara esortazione al neofita o neo cristiano (in genere adulto, in quei primi secoli) a progredire sempre di più e con impegno in questa vita spirituale, nella vita cristiana, lasciandosi guidare nel proprio comportamento dallo Spirito, che è lo stesso Spirito ricevuto nel fonte battesimale.

Non era certamente estraneo all’eruditissimo Girolamo il passo di San Paolo nella lettera ai Romani (c. 8) quando parla con molta forza della vita nello spirito (l’uomo nuovo, rinnovato nel battesimo dallo Spirito di Dio) e nella vita della carne (l’uomo vecchio, che vive in regime di peccato e ignoranza di Dio). “Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace” (v. 5). E più avanti scrive ancora Paolo: “Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio... Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (vv. 14 e 17).

In questo famoso passo di San Paolo troviamo il nucleo centrale di ogni spiritualità cristiana: il riferimento allo Spirito di Gesù che parla e agisce nel cristiano per guidarlo (nella libertà e collaborazione, pensiamo al sì di Maria di Nazaret nell’Annunciazione) e portarlo alla graduale trasformazione della propria esistenza, passando dal dominio della ‘carne’ (o egoismo peccaminoso) e arrivando gradualmente alla piena configurazione al Cristo, all’interno della Chiesa, che è il Suo corpo.

Gesù Cristo: il centro

Ancora il teologo Angelo Amato ha scritto: “La spiritualità cristiana è quindi l’esperienza dell’azione salvifica dello Spirito Santo nei cristiani e la loro configurazione a Cristo nella comunità ecclesiale, tempio dello Spirito. Essa è dono e compito, grazie e impegno, esperienza mai compiuta ma sempre aperta al compimento nella storia delle persone e della comunità” (in Maria e la Trinità, San Paolo, p. 147).

E il Card. Martini, da biblista: “Che cos’è la spiritualità cristiana? La definizione non cambia: è “vita secondo lo Spirito” dove però non si intende più lo spirito in senso universale e generico, ma determinato e concreto, cioè lo Spirito di Gesù Cristo. Per il cristiano, vivere ‘secondo lo Spirito’ significa lasciarsi muovere, ispirare, condurre da quello Spirito che ha mosso, ispirato, condotto Gesù Cristo” (in Dizionario Spirituale, Piemme, p. 177). E, aggiungiamo perché ce n’è bisogno anche oggi, non un Gesù Cristo di qualche filosofo, o quello descritto in qualche movimento neo spiritualista, o perfino quello creato forse a propria immagine e sensibilità culturale, ma quello concreto, storico, documentato, descritto dai Quattro Vangeli ereditati e custoditi nei secoli fino a noi dalla Chiesa, la Sua comunità riunita nel Suo nome.

Ancora A. Amato: “La spiritualità umana diventa cristiana quando si misura con la persona e l’opera di Cristo e da lui attinge ispirazione, forza e armonia”.
È quindi Gesù di Nazaret, detto il Cristo, il discriminante ed il nucleo assolutamente centrale e insostituibile di ogni spiritualità e devozione che si vuole intendere come cristiana. E non può essere altrimenti, lo dice già il nome di “cristiana”.
E siccome per il Cristianesimo Gesù Cristo è il Vivente, è “ieri, oggi e nei secoli”, ed è sempre vivo e operante mediante il suo Spirito, la fede cristiana, e la vita spirituale (o la spiritualità) si misura nella profondità del rapporto interpersonale ed esistenziale con Lui, come il vero Determinante della vita del singolo cristiano, nella sua dimensione sociale in generale ed ecclesiale.

Ed allora la vita secondo lo Spirito si configurerà come “sequela ed imitazione di Gesù Cristo, nell’accoglienza delle sue beatitudini, nell’ascolto della Parola di Dio, nella consapevolezza e attiva partecipazione alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa, nella preghiera individuale, familiare, nella fame e nella sete di giustizia, nella pratica del comandamento dell’amore in tutte le circostanze della vita e nel servizio ai fratelli specialmente se piccoli e sofferenti” (in Christi Fideles Laici, n. 16).

C’è molto lavoro da fare per avere una profonda spiritualità cristiana. Ed in questo “lavoro” abbiamo bisogno degli esempi dei santi, che sono i nostri fratelli e sorelle, ma specialmente del sommo modello ed esempio che è Maria di Nazaret, la Madre di Gesù. Parlare di lei nell’ambito della spiritualità cristiana (con Gesù Cristo al centro che rimane fondamentale e dà significato a tutto il resto) significa che ci può e (e ci deve) essere anche una spiritualità mariana.

                                                                                                MARIO SCUDU


Gesù Cristo è...

Gesù Cristo è l’alfa e l’omega, il principio e il fine di tutte le cose. Noi non lavoriamo, come l’Apostolo, che per perfezionare ogni uomo in Gesù Cristo, perché in Lui solo abitano la pienezza della divinità e tutte le altre pienezze di grazie, di virtù e di perfezione, perché in Lui solo siamo stati benedetti con ogni benedizione spirituale; perché egli è l’unico nostro Maestro che deve istruirci, l’unico nostro Signore da cui noi dobbiamo dipendere, l’unico capo al quale noi dobbiamo essere uniti, l’unico modello al quale dobbiamo conformarci, l’unico medico che deve guarirci, l’unico pastore che deve nutrirci, l’unica Via che dobbiamo percorrere, l’unica Vita che deve vivificarci, l’unico Tutto che deve bastarci in tutte le cose. Non ci è stato dato altro nome sotto il cielo che il nome di Gesù, per cui noi dobbiamo salvarci...
(In San Luigi G. de Monfort, Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, n. 61).


Seguendo Gesù Cristo

Guardando a lui, al Crocifisso e Vivente, l’uomo è in grado non solo di agire nel mondo di oggi, ma anche di soffrire, non solo di vivere, ma anche di morire. Rifulge ai suoi occhi un senso persino là dove la ragione pura deve capitolare, persino in una condizione di miseria assurda e nella colpa, perché si sa sostenuto da Dio nei momenti positivi come in quelli negativi: La fede nel Cristo Gesù dona pace con Dio e con se stessi, pur senza scavalcare i problemi del mondo. Questa fede rende l’uomo veramente umano, in quanto lo persuade ad aprirsi radicalmente all’altro, a chi ha bisogno di lui, al “prossimo” (...).
Seguendo Gesù Cristo, l’uomo nel mondo d’oggi può vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente umano: nella felicità e nella sventura, nella vita e nella morte, sorretto da Dio e fecondo di aiuto per gli altri.
(In Hans Küng, Essere Cristiani, p. 688).

                                                                                                                           


 IMMAGINI:
Santa Teresa pone come primo passo verso l’ascesa a Dio il ritiro dell’anima dall’esterno e l’osservanza della passione di Cristo e la penitenza. Nel secondo, la volontà umana è rimessa in quella di Dio, fino a raggiungere una certa quiete.
2  Il primo ad usare il termine spiritualità sarebbe stato Girolamo che in una lettera raccomanda di fare in modo che si progredisca nella spiritualità.

       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2009-2  
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