Sarà lemergenza
educativa il nocciolo degli Orienta- menti pastorali per il decennio
2010-2020 che la Conferenza episcopale ha stabilito come programma
di lavoro per la Chiesa italiana. Lo ha fatto nella 59ª
assemblea generale che si è svolta il 25-29 maggio 2009
in Vaticano. Nei prossimi mesi si metteranno a punto il piano
complessivo e si fisserà la tabella di marcia.
Il presidente della Cei cardinale
Angelo Bagnasco spiega che «lemergenza drammatica
delleducazione è causa di tanti disagi delle famiglie
e di tali mali della società». Lepiscopato
non parte con il piede sbagliato del pessimismo ma si impegna
con convinzione propositiva, egregiamente espressa 150 anni fa
da San Giovanni Bosco con una formula semplice ed efficace: «Leducazione
è cosa di cuore».
Nel discorso allassemblea
Benedetto XVI esprime «tutto il mio apprezzamento e il
mio incoraggiamento» per la scelta, che da molto tempo
è una costante del pontificato e che potrebbe anche essere
oggetto di un Sinodo dei vescovi. È un tema urgente «in
un tempo in cui è forte il fascino delle concezioni relativistiche
e nichilistiche della vita e in cui la legittimità stessa
delleducazione è posta in discussione».
La Chiesa italiana osserva
il Papa constata che «la difficoltà di formare
autentici cristiani si intreccia, fino a confondersi, con la
difficoltà di far crescere uomini e donne responsabili
e maturi», nei quali e per i quali «la coscienza
della verità e del bene e la libera adesione a essi siano
al centro del progetto educativo». Il vero educatore «sa
unire autorità ed esemplarità», come insegnava
Paolo VI: «Oggi servono più testimoni che maestri».
E una forma essenziale di carità
è «la carità intellettuale». Ratzinger
cita limpegno «per la promozione di una diffusa mentalità
a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con attenzione
particolare a quella segnata da grande fragilità e precarietà».
Un impegno testimoniato dal manifesto «Liberi per vivere.
Amare la vita fino alla fine», che vede il laicato cattolico
«concorde nelloperare affinché non manchi
nel Paese la coscienza della piena verità sulluomo
e la promozione dellautentico bene delle persone e della
società. I sì e i no che
vi si trovano disegnano i contorni di una vera azione educativa
e sono espressione di un amore forte e concreto per ogni persona».
La crisi
colpisce le famiglie
Come in tutti i discorsi e
in tutte le riunioni consigli permanenti e assemblee generali
il Pontefice e lepiscopato tornano sulla «crisi
finanziaria ed economica che da mesi colpisce duramente tutti
i Paesi». Nonostante le misure intraprese, «gli effetti
sociali della crisi si fanno sentire pesantemente e colpiscono
le fasce più deboli, soprattutto le famiglie». Di
qui, per il Pontefice, il dovere di intensificare la solidarietà
e di inventare nuovi tipi di aiuto perché «non cè
dubbio che dallo spirito cristiano attinga vitalità sempre
rinnovata quel senso di solidarietà che è profondamente
radicato nel cuore degli italiani e che si esprime con particolare
intensità in alcune circostanze drammatiche del Paese,
come nel devastante terremoto che ha colpito lAbruzzo».
Benedetto XVI ricorda con accenti
addolorati e affettuosi la visita agli sfollati «e i lutti,
il dolore e i disastri prodotti dal terribile sisma» e
si dice ammirato «dalla fortezza danimo di quelle
popolazioni e dal movimento di solidarietà che si è
prontamente avviato da tutta Italia».
I vescovi hanno rinunciato,
su proposta del nunzio Giuseppe Bertello, al ricevimento in nunziatura
e hanno devoluto ai terremotati il corrispettivo di 10 mila euro,
che si aggiungono ai milioni stanziati con l8 per mille,
a quelli donati da parrocchie e diocesi, a quelli investiti nei
progetti Caritas.
Ratzinger elogia la decisione della Cei e dellAssociazione
bancaria italiana di lanciare il fondo di solidarietà
«Prestito della speranza», che ha avuto nella solennità
di Pentecoste «un momento di partecipazione corale con
la colletta nazionale», che andrà a favore delle
famiglie numerose rimaste senza reddito per la perdita del posto
di lavoro e che può essere incrementato con offerte e
donazioni di singoli e istituzioni.
I lavoratori
non sono una zavorra
Dice il Card. Bagnasco nella
prolusione: i lavoratori non sono «una futile zavorra»
con la quale, «talora in tempi e modi alquanto sbrigativi»,
si può «alleggerire la nave» quando, contraendosi
gli ordinativi e le commesse, «le imprese azionano la leva
occupazionale». Da uomo cresciuto in una città di
mare, della quale nel settembre 2005 è diventato pastore,
larcivescovo di Genova invita a «non alleggerire
la nave» dei lavoratori, come se si trattasse di «una
futile zavorra».
Contro le voci governative
«che si arrischiano in previsioni rasserenanti»,
denuncia che la crisi intacca in maniera «diretta e cruenta
la solidità delle famiglie», per le quali auspica
«un fisco più equo»; che a patire «le
maggiori ripercussioni sono i precari»; che la disoccupazione
intacca «anche le zone a più radicata tradizione
industriale»; che il lavoro flessibile registra «un
brusco aumento con la perdita dei posti di lavoro non garantiti»;
che il lavoro stabile conosce «linquietudine della
cassa integrazione»; che «gli ammortizzatori sociali
sono davvero modesti».
Chiede a politici, imprenditori
e sindacati «di ricercare valide soluzioni alla crisi occupazionale
e di creare nuovi posti di lavoro».
Riscoprire
la sobrietà
Queste situazioni «appesantiscono
il tessuto sociale, allargano le disuguaglianze, riducono la
serenità della gente». La crisi ha gli effetti più
deleteri «sullanello più debole della popolazione
e sulleconomia già precaria del Sud del mondo in
cui è previsto un aumento di cento milioni di nuovi poveri»
ed «è una tragedia vergognosa che un quinto dellumanità
soffra la fame». La globalizzazione ha perso credibilità
ed efficacia ed è indispensabile «rivederne i meccanismi».
Bagnasco mette in guardia dallerrore
di pensare che «dalla crisi che tanto ci angoscia»
si possa uscire «con una svalutazione del lavoro, identificato
come circostanza casuale e fortuita». Bisogna invece riscoprire
«il legame imprescindibile delluomo con il lavoro»
perché è sbagliata «una concezione meramente
mercantile del lavoro, quasi fosse una qualunque merce di scambio
sottoposta alla legge della domanda e dellofferta».
Bisogna anche che nazioni,
categorie e famiglie «si sintonizzino sullidea che
la crisi è unopportunità concreta per cambiare
in meglio gli equilibri comuni e gli stili personali allinsegna
di una maggiore sobrietà».
La precarietà
mina la società
Londata inarrestabile
di licenziamenti, esuberi e precarietà mina le basi della
società e delle famiglie e rischia di intaccare valori,
storia, futuro del Paese: perciò gli imprenditori evitino
i licenziamenti e il governo offra più ammortizzatori
sociali.
Al ministro Renato Brunetta,
per il quale «in Italia la povertà è diminuita»,
i vescovi contrappongono gravi preoccupazioni «per la crisi
occupazionale»; contestano il termine «esubero»
perché non tiene nel debito conto «un tessuto sociale
che va sfilacciandosi per le disuguaglianze che aumentano invece
di diminuire». È quanto ribadisce anche il comunicato
finale sui lavori dellassemblea Cei che invita a «inventare
soluzioni nuove», come il «Prestito della speranza».
I poteri
forti contro la Chiesa
Bagnasco fa una denuncia molto
grave sui poteri forti schierati contro il Papa e la Chiesa:
«A livello mondiale parecchi analisti parlano di pressioni
molto forti di lobby economiche e finanziarie: se questo è
vero, ci sono parti della dottrina cattolica che non sono accettate
e che inducono a unazione contro il Papa e contro la Chiesa».
Non cita casi specifici ma,
a suffragio della fondatezza della denuncia, basta ricordare
il pesante fraintendimento di una frase del discorso di Benedetto
XVI a Ratisbona nel 2006 sullIslam; la levata di scudi
del mondo ebraico contro il Papa per colpa di un vescovo, lefebvriano
e negazionista dellOlocausto, nel 2008-2009; la montatura
dei media e del mondo politico contro la frase di Ratzinger che
in aprile nel viaggio in Africa mise in guardia dal pensare che
«con il preservativo si possa risolvere la pandemia dellAids
che colpisce lAfrica».
Ad analoga conclusione è
pervenuta una recente assemblea dei presidenti delle Conferenze
episcopali europee (Ccee) tenuta a Budapest.