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   VITA DELLA CHIESA:
   PAPA WOJTYLA: Santo presto o quando?

Il processo di beatificazione di Giovanni Paolo II è alla stretta finale? Proprio in questi giorni a Roma, presso la Congregazione per le cause dei santi si è riunita una commissione, composta da otto teologi più il promotore della fede, Monsignor Sandro Corradini, per valutare vita, opere e scritti di Karol Wojtyla e dare il via libera alla procedura ultima. In pratica, la commissione deve esaminare il lavoro compiuto nell’ambito della prima fase del processo di beatificazione, quella che è chiamata “processo diocesano”, e soprattutto esaminare le prove di santità raccolte e ordinate dal postulatore, cioè dall’avvocato difensore” della causa, Monsignor Slawomir Oder, in un documento di 1500 pagine. Se la commissione approverà il lavoro del tribunale diocesano e quello dell’avvocato difensore, il giorno fatidico della beatificazione di Giovanni Paolo II dovrebbe essere molto vicino.

Quanto vicino?

Tutti se lo chiedono. Ma è impossibile stabilirlo. Viene in mente la frase “santo, santo subito” gridata dalla folla durante le esequie di Papa Wojtyla, la mattina dell’8 aprile 2005, e poi diventata uno slogan. Celebrava il rito il cardinale Ratzinger e con lui concelebravano 157 cardinali. Erano presenti 700 vescovi e 3000 tra prelati e sacerdoti. Da ogni parte del mondo erano giunti i potenti della terra: 169 delegazioni straniere con 10 monarchi, 59 capi di Stato, 3 principi ereditari, 17 capi di governo, primi ministri, presidenti di parlamenti, ministri. E una folla di fedeli calcolata intorno a due milioni, mentre le telecamere di 137 catene televisive di 81 Paesi, trasmettevano la cerimonia in diretta, in mondovisione, raggiungendo un numero di spettatori calcolato sui tre miliardi.

C’era la Chiesa e il mondo intero intorno a quella bara povera, posta sulla nuda terra della piazza. E quel grido “Santo, santo subito”, ripetuto durante l’o­melia del cardinale Ratzinger pareva una ripetizione corale e quasi dolorosa, rivolta alla Chiesa. Ratzinger, che in quel momento, come cardinale decano, rappresentava la Chiesa, volle rispondere e lo fece con delle frasi incredibili che, pronunciate in quel momento, davanti alla più grande assemblea ecclesiale che si potesse immaginare e al mondo intero avevano il significato di una proclamazione, di una beatificazione immediata. Con voce sicura, commossa e ispirata, disse: “Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice”. Il 28 aprile, poi, cioè sole tre settimane dopo quelle esequie, quando Ratzinger era diventato Papa da nove giorni, volle dare il via libera per l’inizio della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, concedendo la deroga alla norma canonica che stabilisce che le cause di beatificazione non possano iniziare prima che siano passati cinque anni dalla morte del candidato.

Sembrava quindi che l’invocazione “santo, santo subito” potesse trovare un’immediata risposta. Sono trascorsi quattro anni. Se il processo si concludesse a breve, quel grido avrebbe ancora un significato. Ma, purtroppo, in Vaticano non tutti sono ottimisti.

Restano ancora delle ombre, molte ombre, affermano i pessimisti. Ritengono impossibile che, a così breve distanza dalla morte, si sia potuto esaminare con equilibrio e completezza l’esistenza di un pontefice che ha regnato per quasi 27 anni e ha intrattenuto rapporti con i potenti di ogni parte del mondo. Inoltre, affermano che non si possa procedere in questo processo senza prima esaminare tutti gli scritti di Wojtyla. Giovanni Paolo II, nel testamento aveva chiesto che tutte le sue carte private fossero bruciate, ma il suo segretario Stanislao Dziwisz le ha conservate e l’immenso archivio è stato trasferito da Roma all’arcivescovado di Cracovia dove però non è ancora stato inventariato e non è stato possibile quindi esaminare il contenuto di quelle carte. Ci sono poi i documenti dei servizi segreti russi e polacchi. Gli 007 di quei Paesi spiarono in continuazione la vita di Wojtyla, ed erano riusciti anche a infiltrare quattro superspie del KGB nello stretto entourage del Papa in Vaticano. Che cosa contengono quei documenti segreti?

I dubbi dei pessimisti si scontrano con i sostenitori della tesi “santo, santo subito”. I quali temono che, a voler esaminare tutto, ci si immetta in un labirinto da cui non si sa quando si potrà uscire. Come è accaduto per la causa di beatificazione di Pio XII e, in un certo senso, anche per quella di Giovanni XXIII. I Papi moderni, che hanno un’attività diplomatica intensissima, con contatti con tutte le nazioni, credenti e non credenti, possono diventare bersaglio di campagne diffamatorie, basate su calunnie e su falsi documenti, che, grazie al frenetico tam tam mediatico tipico della nostra civiltà, diventano baluardi insuperabili.

Chi avrà ragione nell’immediato per quanto riguarda la causa di beatificazione di Giovanni Paolo II? Gli ottimisti o i pessimisti? Ratzinger o i burocrati intransigenti? Per il cronista che cerca una risposta chiara, il Vaticano resta impenetrabile.

In attesa che il dilemma si chiarisca, abbiamo visitato gli Uffici della Postulazione, il luogo cioè dove lavora l’avvocato difensore, Monsignor Oder, colui che nel processo di beatificazione ha avuto l’incarico di produrre le “prove” della santità di Giovanni Paolo II.
Ci ha guidato la dottoressa Aleksandra Zapotoczny che in questi quattro anni ha fatto parte del gruppo dei collaboratori più stretti di Monsignor Oder.
Siamo al quarto piano del Palazzo arcivescovile del Vicariato di Roma. Gli Uffici del Postulatore sono francescanamente semplici. Poche stanze e nessun lusso.

Aleksandra Zapotoczny è una giovane giornalista polacca nata a Wadowice, la cittadina di Karol Wojtyla. Lavora con il postulatore della Causa fin dall’inizio ed è quindi molto informata sull’argomento.

È responsabile del periodico “Totus Tuus”, la rivista ufficiale della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, ed ha pubblicato tre libri di testimonianze sulla sua santità. «Ho imparato ad amare Giovanni Paolo II fin da bambina», dice. «Mia madre, medico, raccomandava sempre i suoi malati a Papa Wojtyla, e quando lui era in vita, li portava qui a Roma perché li benedicesse.

Mia nonna, fu compagna di scuola al liceo di Karol; la mia bisnonna si inginocchiava quando lo vedeva in televisione. Non avrei mai potuto pensare che un giorno la mia vita sarebbe stata così legata a Giovanni Paolo II».

Che genere di lavoro è il suo?

Aiuto il postulatore a tenere i contatti con la grande famiglia degli ammiratori e dei devoti di Giovanni Paolo II. Famiglia immensa, sparsa su tutta la terra. Monsignor Oder, come postulatore, lavora con la commissione incaricata di raccogliere e valutare tutto quello che riguarda Giovanni Paolo II. Noi invece teniamo i contatti con il pubblico, con i giornali, con la gente.
Questo genere di processi erano operazioni macchinose che procedevano su binari vecchi e lenti. Un procedere imbrigliato da antiche consuetudini e lentezze burocratiche. Monsignor Oder, fin dall’inizio del suo mandato ha deciso di utilizzare tutti i mezzi moderni e i canali della comunicazione. In particolare quelli legati a Internet, la rete globale. Quindi, ha voluto che ci fosse un sito, in cui dare le informazioni sul processo in tempo reale: e la posta elettronica, attraverso la quale la gente, in qualunque parte del mondo, poteva inviare notizie e informazioni. Questo sistema ha aiutato molto il lavoro, rendendolo dinamico.

Che cosa arriva in questo vostro ufficio?

Di tutto. Lettere, e-mail, testimonianze, regali fatti a Papa Wojtyla, invocazioni disperate di aiuto, richieste di preghiere, una valanga di materiale. Le lettere, le e-mail vengono lette, catalogate e conservate. Se necessario, si risponde. Quelle più significative le abbiamo pubblicate sul sito e sulla rivista. Tutti e due, rivista e sito, hanno lo stesso titolo: Totus Tuus.

Cosa scrive la gente?

Confida il suo amore, la sua devozione per Giovanni Paolo II. Molte lettere contengono richieste di aiuto. Le persone si rivolgono a Giovanni Paolo II come se fosse vivo. Lo chiamano per nome, “Caro Papa”, “Caro Karol”, “Caro Giovanni Paolo”, e anche “Caro papà”. Raccontano le loro pene, le sofferenze, fisiche e morali. A volte le loro tragedie. Certe lettere sono macchiate e si capisce che la persona scrivendo piangeva. Ma ci sono anche tante lettere di ringraziamento. Persone che raccontano di aver pregato il Papa e di aver ottenuto grazie importanti, guarigioni strepitose, miracoli. Nel primo anno dopo la morte del Papa, le lettere erano prevalentemente dominate dal dolore per la perdita di Giovanni Paolo, persona amatissima. Nel secondo anno invece dominavano le richieste di aiuto. Nelle lettere del terzo anno dopo la morte, prevalgono i ringraziamenti per grazie ricevute e i racconti di conversioni, di guarigioni prodigiose.

C’è qualche lettera che ricorda in maniera particolare?

Le ricordo tutte perché ognuna è come un brandello vivo di sofferenza e di amore. Mi commuovono soprattutto le lettere delle giovani spose che desiderano avere un figlio e non arriva.
Sembra che Giovanni Paolo II, dal cielo, sia molto sensibile a questi problemi. Monsignor Oder dice che, quando sarà fatto santo, Papa Wojtyla potrebbe diventare il protettore delle mamme che non riescono ad avere figli. Sono moltissime infatti le lettere di spose che ringraziano Giovanni Paolo II perché hanno avuto la grazia di un figlio dopo cinque e anche dieci anni di attesa. Qualcuna di queste mamme a volte viene a Roma a pregare sulla tomba del Papa e poi vengono qui, nei nostri Uffici, con il bambino in braccio a farcelo vedere.

Ci sono lettere che racconta-no di qualche guarigione veramente prodigiosa?

Molte. Le lettere sono servite proprio per conoscere le guarigioni che sono poi state studiate e utilizzate come “prove” di santità. A volte le guarigioni risultavano così strepitose che la gente, pensando che noi non si potesse credere a quanto raccontava, ci inviava anche le cartelle cliniche.
Mi ha molto colpito il racconto di una donna di 50 anni. Ammalata di tumore, con metastasi diffuse, fu dimessa dall’ospedale perché potesse morire in famiglia. Lei, cosciente del suo stato, si preparava alla morte pregando Papa Wojtyla. Ma chiedeva anche aiuto, aggiungendo sempre però la frase: “Sia fatta la volontà di Dio”. Era andata perfino a comperare il vestito che voleva indossare da morta. Ma ad un certo momento cominciò a sentirsi meglio. Alla visita di controllo, i medici rimasero stupefatti. Del tumore e delle metastasi non c’era più traccia. La signora sta bene e ogni tanto ci manda i saluti.
Un altro caso strepitoso è accaduto in Polonia.

Un ragazzo, Davide, fu colpito da un tumore ai reni. Inoperabile. Nella lettera, la mamma racconta che furono tentate tutte le cure possibili, ricovero in ospedali vari, chemioterapia e anche una nuova cura sperimentale americana. Niente. Il male progrediva rapidamente. Si formarono metastasi ai polmoni e il giovane non riusciva più a respirare. Sarebbe morto soffocato. Allora i genitori pensarono di portare Davide a Roma per pregare sulla tomba di Papa Wojtyla, ma Davide si oppose, disse che lui non credeva. I genitori insistettero e riuscirono a convincerlo. Davide non si reggeva in piedi e fu portato sulla tomba del Papa in barella. I suoi genitori pregavano e piangevano, lui guardava in silenzio. Ad un certo momento accadde qualche cosa di stupefacente. Davide si sentì improvvisamente bene. “Usciti dalla Basilica”, scrive la mamma del giovane nella sua lunga lettera “Davide ha cominciato a correre tenendosi con le mani i pantaloni che erano diventati larghi a causa del suo spaventoso dimagrimento e gli cadevano”. Il giovane era guarito e ora sta bene. È un episodio sconvolgente, ma nelle lettere ce ne sono tanti altri di simili.

Mi commuovono le lettere dei bambini. Mandano disegni dove tratteggiano il Papa con le ali o con l’aureola dei santi. A volte sulla busta scrivono come indirizzo. “Papa Giovanni Paolo II” e indicano come città “Cielo”. Oppure “Paradiso”. Nient’altro. E la cosa stupenda è che le lettere arrivano qui da noi. Questo significa che molte altre persone, impiegati delle poste, portalettere delle varie nazioni e città, si danno da fare perché quelle lettere raggiungano il Vaticano dimostrando in questo modo che anche loro amano Papa Wojtyla.

Struggenti le lettere di carcerati e sono diverse. Non chiedono di poter tornare liberi, ma piangono sulle loro colpe e chiedono perdono. Ricordo un giovane di 33 anni. Scrisse chiedendo una foto del Papa. Gliela inviammo. Dopo qualche settimana mandò una lettera di 14 pagine nella quale raccontava la sua vita sbagliata e la conversione che era arrivata attraverso il ricordo di Giovanni Paolo II. Voleva collaborare in qualche modo al processo di Beatificazione. Scrisse che non aveva soldi per fare un’offerta. L’unico oggetto prezioso era una collanina d’oro ricordo della sua mamma e mise nella lettera quella collanina d’oro. Non potevamo tenerla. Andai nelle grotte Vaticane e la posi sulla tomba del Papa pregando. Poi la rispedii a quel carcerato che rispose una lettera che faceva piangere.

Lei ha raccolto queste lettere anche in alcuni libri

Sono testimonianze stupende di fede, di amore. Sono certa che a conoscerle fa bene. In accordo con monsignor Oder, abbiamo perciò deciso di raccoglierle in un libro che abbiamo pubblicato un anno fa, con il titolo di “Miracoli”. Lo abbiamo pubblicato in Polonia ed è stato un successo strepitoso, centomila copie in pochi mesi. Per questo abbiamo poi pubblicato un secondo libro, “Nuovi miracoli” e un libro con i disegni e le lettere dei bambini che ho curato con il vaticanista Franco Bucarelli. Ora questi volumi saranno tradotti in varie lingue.

Il successo era inevitabile. Questi libri contengono storie che non sono frutto di invenzione, della fantasia di uno scrittore, sono storie vere, resoconti semplici di vicende a volte strepitose, come le guarigioni, veramente accadute e raccontate da chi le ha vissute. Ma il successo è dovuto soprattutto perché il protagonista di questi libri è Giovanni Paolo II. È morto da quattro anni, ma la sua popolarità continua ad essere grande, grandissima. Qui nei nostri uffici ne abbiamo la prova. Con il passare del tempo, le lettere, le e-mail, invece di diminuire, aumentano. E arrivano da ogni parte, perché il mondo intero continua a parlare di lui.
                                                                                                           
Renzo Allegri


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       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2009 - 8  
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