Nel mondo doggi, in tutte
la fasce sociali, la fedeltà non gode di buona salute.
La più colpita è senzaltro la coppia, ma
anche il mondo del lavoro e la vita consacrata non sono esenti
dalle­sperimentare lamaro sapore ­dellinfedeltà
diffusa. In questo contesto, suona quasi fuori moda che la Famiglia
Salesiana celebri il primo centenario della morte di Don Michele
Rua, che ricorre il prossimo 6 aprile 2010.
Questo grande salesiano, diretto
successore di Don Bosco, austero nella persona, ascetico nella
spiritualità, riservato nelle relazioni, ha fatto della
fedeltà la caratteristica della sua consacrazione religiosa,
tanto da essere chiamato dai confratelli la regola vivente.
Ma chi è veramente Don
Rua? Michele nacque a Torino il 9 giugno 1837. In una giornata
autunnale del 1845 conobbe Don Bosco, ne fu affascinato e per
tutta la sua vita condivise ogni istante con lui. Nemmeno la
morte del fondatore intaccò la comunione esistenziale
tra i due.
Davanti alla salma di Don Bosco,
infatti, Don Rua prese un serio impegno: Gli promisi che
nulla avrei risparmiato per conservare, per quanto stava in me,
intatto il suo spirito, i suoi insegnamenti e le più minute
tradizioni della sua famiglia. Questo proposito venne osservato.
È lui stesso a confermarlo.
Nel 1907, parlando ai Salesiani, confessò candidamente
di non essere mai venuto meno alle promesse fatte.
La santità
dei figli prova la santità del padre
Il primo successore di Don
Bosco impegnò tutte le sue doti di mente e di cuore per
coinvolgere i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice ed i
Cooperatori in questa alleanza con il fondatore.
In una lettera ai direttori salesiani, scritta nel febbraio del
1888, a pochi giorni dalla tumulazione della salma di Don Bosco
a Valsalice, Don Rua annotava Dora innanzi sia il
nostro motto dordine: la santità dei figli sia prova
della santità del padre.
Nella prima circolare indirizzata
ai Salesiani in qualità di Rettor Maggiore, ricordava
che nostra sollecitudine devessere di sostenere e
a suo tempo sviluppare ognora più le opere da lui iniziate,
seguire fedelmente i metodi da lui predicati ed insegnati, e
nel nostro modo di parlare e di operare cercare di imitare il
modello che il Signore nella sua bontà ci ha in lui somministrato.
Questo, o figli carissimi,
sarà il programma che io seguirò nella mia carica;
questo pure sia la mira e lo studio di ciascuno dei salesiani.
Con molta discrezione e nello
stesso tempo con mano ferma, con intelligenza viva e sapienza
di cuore, guidò la Congregazione lungo i sentieri tracciati
dal Fondatore, ne consolidò le fondamenta istituzionali
e seppe spalancare nuovi orizzonti educativi, rendendola idonea
a rispondere con serietà e competenza alle sfide del mondo
giovanile del tempo.
Leggendo i fascicoli del Bollettino
Salesiano e le circolari ai Confratelli, si colgono i tratti
salienti della spiritualità salesiana voluta da Don Bosco
ed integralmente accettata e trasmessa da Don Rua.
Nel suo
cuore, lamore privilegiato per loratorio
Caratteristiche principali
della salesianità sono, allora come oggi,
la capacità di identificarsi con la vocazione di Don Bosco,
lapertura alla missionarietà, la grande capacità
operativa che fa del lavoro la preghiera per eccellenza, lintelligenza
nellelaborare interventi educativi innervati nella carità
e nellamorevolezza, la passione educante nella formazione
umana e cristiana, lintuito pedagogico capace di gestire
e realizzare progetti finalizzati al bene dei giovani poveri,
limpegno serio, costante ed esemplare nella pastorale,
lintensa devozione mariana, la ricerca della gloria di
Dio e della salvezza delle anime...
Nel cuore di Don Rua, come
nel cuore di Don Bosco, un posto privilegiato è occupato
dallamore per loratorio. Nel 1896 scrive: Lo
zelo ardente ed industrioso con cui si fecero sorgere oratori
festivi, ovunque àvvi una casa salesiana e con cui si
diede sviluppo a quelli che già esistevano, mi assicura
che voi avete ben compreso quanto mi stia a cuore questopera
così cara a Don Bosco.
Per lui loratorio non
era un fatto caratterizzato da grandi strutture, composte da
magnifici campi per i più svariati sport o da teatri bellissimi.
Era piuttosto un modo di stare
in mezzo ai ragazzi. Nella sua prima Lettera edificante
scrisse: Altrove noi troveremo vaste sale, ampi cortili,
bei giardini, giochi dogni fatta: ma noi amiamo meglio
venir qui ove non cè niente, ma sappiamo che ci
si vuole bene.
Paolo VI in un discorso ai
religiosi, disse: Siate quello che siete. Questo
invito sintetizza bene il messaggio che Don Rua rivolge ad ogni
membro della Famiglia salesiana, in particolare in occasione
del prossimo centenario.
Ermete
TESSORE SDB