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ATTUALITA' SALESIANA: VENERABILE D. GIUSEPPE QUADRIO
   
INTERVISTA A D. FERDINANDO BERGAMELLI sdb

- Quando e dove ha conosciuto don Giuseppe Quadrio?

La prima volta che ho conosciuto don Quadrio risale a molti anni fa, quando ero ancora un ragazzino di dodici anni. Era il primo di settembre del 1947 ed io ero appena partito da casa lasciando i miei cari ed ero giunto a Penango (Monferrato), nell'aspirantato salesiano. Abituato alle pareti domestiche e al consueto ambiente familiare, mi trovai letteralmente sperduto e spaesato in mezzo a tanti ragazzi (circa 120). Ero molto triste e sovente scoppiavo in lacrime. Un mattino a colazione, piangevo e le lacrime scorrevano fin dentro il caffelatte che stavo prendendo. Mi si avvicinò don Quadrio, che, novello sacerdote, era venuto a Penango di passaggio, come assistente nel periodo delle vacanze. Mi colpì il sorriso e la tenerezza con cui si rivolse a me.

Con parole affettuose, colme di comprensione, cercò di consolarmi e di farmi sorridere, concludendo che non dovevo continuare a rovinare con le mie lacrime il buon caffelatte, soggiungendo: "Sai, anch'io, quando ero piccolo come te, avevo tanta nostalgia di casa e della mamma, quando partii dal mio paese.

Ma poi mi è passato. Vedrai che a poco a poco passerà anche a te. Ora però non piangere più!" E' una piccola cosa, anzi minima, consolare un bambino che piange, ma il sorriso di don Quadrio in quel giorno lontano mi è rimasto profondamente scolpito nel cuore e mi ha aiutato a superare la nostalgia della casa lontana e mi ha fatto sentire un amico vicino.

- Per quanti anni ha potuto essergli vicino?

Ho poi ritrovato don Quadrio molti anni dopo, nell'ottobre 1960, quando giunsi a Torino, nell'Istituto Internazionale Don Bosco (Crocetta), per incominciare gli studi teologici in vista dell'ordinazione sacerdotale. Proprio alcuni mesi prima (agli inizi di giugno) gli era stato diagnosticato un linfogranuloma maligno, che non concedeva speranze di guarigione.

Incominciò per don Quadrio un lungo e durissimo calvario durato tre anni, in un continuo andirivieni tra l'ospedale e la casa della Crocetta. Io, in questo tempo ho cercato di stargli vicino il più possibile. Andavo sovente a trovarlo alla vecchia "Astanteria Martini" e varie volte ho avuto la gioia di partecipare anch'io alle molteplici trasfusioni di sangue di cui egli abbisognava a causa della sua malattia. In tutto questo tempo sono rimasto letteralmente stupito e commosso di fronte alla inesauribile pazienza, costanza, forza d'animo con cui egli sopportò questo male devastante.

Non ho mai sentito uscire dalla sua bocca un benché minimo lamento. Mai. Al massimo, quando il dolore diveniva proprio insopportabile, don Quadrio, visibilmente sofferente, lasciava trasparire una lieve contrazione del volto e, rimanendo in silenzio, abbozzava un estremo tentativo di sorriso appena accennato. Facemmo subito amicizia. Gli ricordai le mie lacrime di ragazzino nel caffelatte a Penango. Lui se ne ricordava molto bene, e mi colmava di ringraziamenti per i piccoli servigi che gli prestavo. "Chi l'avrebbe mai detto - diceva pieno di gratitudine - che quel bambino in lacrime, ora è qui accanto al letto del suo consolatore d'un tempo, per aiutarlo e dargli conforto!". E quasi piangeva di commozione.

Nel breve tempo che riusciva a trascorrere in Comunità, tra un ricovero e l'altro, era costretto dalla sua malattia a vivere segregato nella sua camera, che diventava però meta di tante visite di noi chierici teologi che andavamo a trovarlo e a confessarci da lui.

Così io l'ebbi per quasi tre anni mio confessore e direttore spirituale. I superiori insistevano di lasciarlo in pace per non affaticarlo, ma il pellegrinaggio continuava in segreto. Si era già diffusa tra di noi la fama della sua santità e noi ne volevamo approfittarne. Don Quadrio l'ho visto anche morire. Egli era stato trasportato dall'ospedale nell'infermeria della Crocetta, perché ormai non c'era più nulla da fare e per venire incontro al suo esplicito desiderio di morire nella "sua casa". Erano circa le 22.40 del 23 ottobre 1963. Nella piccola stanza dell'infermeria egli giaceva supino sul letto e rantolava nell'agonia muovendo gli occhi con moto pendolare.

Eravamo in pochi intorno al suo letto, perché quasi tutti si erano ritirati, perché non ci si attendeva una morte imminente. Ad un tratto cessò il movimento pendolare degli occhi. Il suo volto riprese colore e gli occhi divennero luminosi. Alzandosi sopra i cuscini, proteso in avanti, con gli occhi sorridenti si mise a guardare lontano. Il caro don Bertetto (professore di mariologia e devotissimo della Madre di Dio) ci disse che egli stava vedendo la Madonna. "Oh! Beppino, tu vedi la Madonna, non è vero?".

Noi tutti eravamo commossi e ci aspettavamo che don Quadrio cominciasse a parlare… Improvvisamente avvenne un potente sbocco di sangue, che lo soffocò. Ebbi la netta impressione che l'ombra della morte venisse a coprirlo come un martire sgozzato. Subito dopo il suo volto divenne cereo. Tutti ci inginocchiammo e ci mettemmo a pregare. Io avevo le lacrime agli occhi. La nostra unanime convinzione fu che era morto un santo e un martire. Nel mio piccolo notes, che conservo ancora gelosamente tra le mie carte a distanza di 47 anni, annotavo, nel rigurgito delle impressioni: "E' morto don Quadrio! Un sacerdote santo ed eroico! L'ho visto morire anche! Quale lezione! Un sacrificio cruento: uno sbocco di sangue!".

- Può delineare brevemente la figura di don Quadrio?

Il Venerabile don Giuseppe Quadrio nacque a Vervio, in Valtellina (Sondrio) il 28 novembre 1921, da famiglia contadina, ricca di fede e di virtù umane. Entrò nell'Istituto missionario salesiano di Ivrea il 28 settembre 1933 e in soli tre anni frequentò brillantemente le scuole medie ed il ginnasio, con l'intenzione di prepararsi alle missioni. Al termine del noviziato emise la prima professione religiosa il 30 novembre 1937. Per la sua spiccata intelligenza, al termine del primo anno di liceo classico a Foglizzo, i superiori lo destinarono all'insegnamento dei chierici e lo inviarono a frequentare la Facoltà di filosofia all'Università Gregoriana di Roma (1939-1941).

Dopo un tirocinio pratico di due anni tra i chierici di Foglizzo come assistente e insegnante di filosofia, tornò a Roma per studiare teologia, sempre presso la Gregoriana. I successi nello studio e la superiorità intellettuale non diminuirono la sua giovialità umile e servizievole. Era il tempo della guerra e del primo dopoguerra. Nei momenti liberi dall'impegno scolastico, don Quadrio si dedicava generosamente all'apostolato tra gli sciuscià. Fu ordinato sacerdote il 16 marzo 1947. Il 7 dicembre 1949 ebbe la gioia di difendere, nella stessa Università, alla presenza di eminenti cardinali e prelati, tra cui il futuro Paolo VI, la tesi di laurea sulla definibilità dogmatica dell'Assunzione di Maria. Si era alla vigilia della definizione dogmatica dell'Assunzione di Maria. Papa Pio XII fece richiedere a don Quadrio i risultati della propria ricerca.

Dopo una preparazione così seria e solida, coronata sempre con il massimo dei voti e la medaglia d'oro, don Quadrio nel 1949 fu inviato al Pontificio Ateneo Salesiano di Torino-Crocetta come professore di teologia dogmatica. Nel 1954 venne eletto Decano della Facoltà di Teologia e rimase in carica fino a che la salute glielo permise. Nel 1960 - come ho già detto più sopra - si manifestò un linfogranuloma maligno che gli troncò la carriera dell'insegnamento e in tre anni lo doveva portare alla morte, avvenuta il 23 ottobre 1963 a soli 41 anni di età.

- Quali erano le sue doti principali?

Anzitutto una umanità ricca, profonda e coinvolgente, che lo portava istintivamente alla solidarietà ed alla condivisione. Nella formazione dei suoi chierici, don Quadrio insisterà moltissimo sulle virtù umane del sacerdote. Voleva che i futuri sacerdoti da lui formati fossero prima di tutto uomini autentici e non "larve di umanità o dei marziani piovuti dal cielo, disumani ed estranei, incapaci di capire e di farsi capire dagli uomini del proprio tempo" come egli scriveva a loro. Don Quadrio è stato innanzitutto un "uomo autentico", semplicemente!

Ma egli è stato anche, e soprattutto, un "uomo di Dio" un "prete santo". La sua santità può essere rapidamente riassunta nell'essersi fatto "trasparenza di Cristo", della sua bontà, della sua mitezza, della sua accoglienza e della sua tenerezza. Come insegnava ai suoi chierici, egli realizzò nella globalità della sua persona armonica, l'incarnazione del "Cristo oggi". Si può ben dire che in lui si era di nuovo fatta presente "la benignità e l'umanità del nostro Salvatore" (Tit 3,4).

Egli fu veramente, sempre e con tutti "il professionista della tenerezza di Dio". Un'altra dote fondamentale di Don Quadrio fu l'arte del dialogo. Profondamente radicato nella vivente tradizione della Chiesa, visse con animo aperto e con intuizioni profetiche gli anni del difficile trapasso culturale, che doveva portare al Concilio Vaticano II, del quale intravide i primi promettenti albori.

- Lei ha un ricordo particolare che desidera far conoscere?

Ne avrei tanti da ricordare! Mi limito a rievocarne uno solo: la "memorabile" Pentecoste del 28 maggio 1944, che egli definisce "la mia Pentecoste" e che rimarrà la pietra miliare della sua santità. Don Quadrio aveva 23 anni e si trovava a Roma a studiare teologia alla Gregoriana e a prepararsi a diventare sacerdote: "28 Maggio 1944 - La mia Pentecoste. Oggi qualcosa si rinnova nella mia vita: Tu ne prendi il timone e ne sei l'unica guida… Rinuncio solennemente ad ogni opposizione, contrasto, resistenza, ostacolo, impedimento al tuo soffio divino… Nelle mie relazioni intime aborrirò il nome del secolo e della mia piccola persona, e mi chiamerò col tuo dolcissimo nome, col nome che tu mi dai in questo nuovo battesimo: Docibilis a Spiritu Sancto". E d'ora in poi, nel suo diario intimo, non si firmerà più come al solito: "Giuseppe Quadrio", ma Docibilis a Spiritu Sancto! Questo giorno di Pentecoste segnerà il punto discriminante di non ritorno nel cammino verso la santità del Venerabile.

- Perché don Quadrio è da proporre come modello di sacerdote e di salesiano?

Perché la santità caratteristica di don Quadrio è fatta di semplicità, di piccoli, apparentemente "minimi doveri", come lui era solito chiamarli, da vivere però con fedeltà eroica nel quotidiano. Il Venerabile ha cercato di farsi santo nella verità della vita feriale, rifuggendo quasi istintivamente da eventi mistici straordinari, che avrebbero potuto prestare il fianco all'illusione e all'orgoglio, ma compiendo con amore straordinario l'ordinario di tutti i giorni. La santità di don Quadrio, semplice e sorridente, straordinaria nell'ordinario, intessuta dei "nonnulla quotidiani" - come lui amava chiamarli - contiene un messaggio di perenne attualità anche per il nostro tempo, soprattutto in questo anno sacerdotale, per tutti quei "piccoli" - soprattutto i sacerdoti - che nonostante la loro piccolezza, anzi, nella loro piccolezza, osano ancora oggi abbandonarsi, in uno stato di resa incondizionata e totale, alla potenza dello Spirito santificatore.

In questo centocinquantesimo anniversario della nascita della Congregazione fondata da Don Bosco, don Quadrio si pone anche come modello di santità salesiana, fatta di fedeltà assoluta ai propri doveri quotidiani, ma sempre con quel sorriso luminoso sul volto, che fu una nota caratteristica di don Quadrio, imparata da Don Bosco.

Don Luigi Ricceri, Rettor Maggiore di venerata memoria, in un memorabile discorso tenuto il 15 ottobre 1968 alla Crocetta, in occasione della rinascita dell'Istituto Internazionale Don Bosco, invitava autorevolmente tutti i Confratelli di quella casa con queste parole: "Lasciate che io vi porti a guardare don Quadrio, questo nostro grande Fratello, quasi come l'uomo-sintesi di tutti i formatori che si sono avvicendati, succeduti in questi anni passati. Don Quadrio, giovanissimo maestro di vita".

Io spero e mi auguro che, dopo la promulgazione del Decreto sull'eroicità delle virtù del Venerabile, avvenuta il 19 dicembre scorso, tutti i salesiani - soprattutto i sacerdoti - siano portati a guardare, a riscoprire e a conoscere più a fondo questo modello luminoso di santità sacerdotale e salesiana.

                                                                                             (Intervista a cura di L BORTOLIN)


* Don Ferdinando Bergamelli è docente di Patristica presso la Pontificia Università Salesiana di Torino.


IMMAGINE:
1 Venerabile D. Giuseppe Quadrio, salesiano - Disegno di NINO MUSIO, ELLEDICI    
2 Venerabile D. Giuseppe Quadrio, salesiano: una fotografia presa pochi mesi prima dimorire

      Supplemento a..... RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2010 - 3
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