Giovani
destate
Una battuta che non dimenticherò
mai dei miei anni di oratorio, era: attenzione, destate
il diavolo lavora di più! A distanza di tempo, capisco
meglio il senso della battuta. Perché?
Perché per me lestate era il tempo più divertente
e più occupato dellanno. Con gioia ritorno a gustare
quei ricordi.
Di che cosa erano fatti? Di
cose che sono valide ancora oggi e che noi salesiani continuiamo
a proporre ai giovani. Le riassumo.
1. Forte
esperienza di gruppo
Lestate non è
vera se la si vive da soli. Lestate è il tempo delle
amicizie e delle relazioni. Non è possibile trascorrere,
per non dire sprecare, un tempo così bello e disteso allinsegna
dellincognita, del nulla. Essere insieme con gli altri,
dove con loro si può disporre del tempo libero per un
motivo, un impegno, offre non solo un senso di una libertà
bene applicata, ma anche un senso di essere protagonisti della
propria vita.
Il gruppo mi offre la possibilità
di uno spazio umano dove io posso essere me stesso, me stessa,
con lopportunità di offrire e condividere i miei
doni, esplorare e applicare le mie capacità. Nel gruppo
ci sono due movimenti: da parte mia verso gli altri, da parte
degli altri verso di me. Vivere lestate da solo è
davvero roba da matti, anzi da matti poveri.
2. Allegria
e carità
Una vera esperienza di gruppo
ha due aspetti: il primo è quello di una sensazione di
essere qualcuno che gode la vita, che è felice della propria
esistenza. Il secondo, connesso con il primo, consiste in quella
dimensione che si chiama carità.
Mi spiego: è felice
colui che è capace di spendere la sua vita per il bene
degli altri, essere caritatevole verso gli altri. Possiamo dire
che qui ci giochiamo lalfabeto della vita, lABC di
tutto quello che noi siamo e possiamo essere: Allegria + Bontà
+ Carità. Non si può ottenere nella vita la vera
felicità, la vera allegria se non è allinsegna
di una decisione di donarsi anche agli altri una bontà
che si esprime nella carità. La gioia della persona sta
nel coraggio di incontrare laltro e essere lì per
dirgli che sei suo fratello, sua sorella.
Una vita senza il coraggio
della fraternità, e fraternità condivisa e donata
con gioia, non è vita piena. Qui è vero quello
che si dice sulla relazione intima che esiste tra la matematica
e lamore: che lamore si moltiplica attraverso la
divisione. È un amore che sa essere allo stesso tempo
fonte di gioia, di allegria, e ragione della carità.
3. Momenti
di riflessione
Infine, passa bene e fruttuosamente
lestate chi è abbastanza saggio da usare il tempo
per dare unocchiata alla sua vita, la direzione che sta
prendendo. Chi fa unesperienza di gruppo e arriva a sperimentare
lallegria e la carità, è una persona intelligente.
Non parlo di intelligenza nel senso scolastico. Parlo dintelligenza
nel senso stretto della parola intus legere, cioè
saper leggere dentro.
Soltanto nel silenzio che cerco
e trovo, sono in grado di entrare nel mio cuore e vedo quali
sono le cose importanti nella mia vita: dove sto spendendo tutte
le mie energie, o su quali principi sto costruendo il mio presente
e preparando il mio futuro. In molti oratori salesiani con lEstate
ragazzi e i campi scuola, con le varie opportunità
del volontariato, sarebbe interessante riuscire anche a vedere
le radici dellalbero che è la mia vita.
Conclusione
Su internet ho trovato questa
storia che racconta la saggezza di chi fa una scelta nella vita
e non è distratto da niente, né ricchezza, né
potere: Un potente sovrano viaggiava nel deserto, seguito
da una lunga carovana che trasportava il suo favoloso tesoro
di oro e pietre preziose. A metà del cammino, sfinito
dallinfuocato sole, un cammello crollò boccheggiante
e non si rialzò più. Il forziere che trasportava
rotolò lungo i fianchi della duna, si sfasciò e
sparse nella sabbia tutto il suo contenuto, perle e pietre preziose.
Il sovrano non voleva rallentare la marcia, anche perché
non aveva altri forzieri e i cammelli erano già sovraccarichi.
Con un gesto tra il dispiaciuto
e il generoso invitò i suoi paggi e i suoi scudieri a
tenersi le pietre preziose che riuscivano a raccogliere e portare
con sé. Mentre i giovani si buttavano avidamente sul ricco
bottino e frugavano affannosamente nella sabbia, il sovrano continuò
il suo viaggio nel deserto. Si accorse, però, che qualcuno
continuava a camminare dietro di lui. Si voltò e vide
che era uno dei suoi paggi, che lo seguiva ansimante e sudato.
«E tu gli chiese non ti sei fermato a raccogliere
niente?».
Il giovane diede una risposta
piena di dignità e di fierezza: «Io seguo il mio
re».
Auguro a tutti che nel nostro cammino estivo siamo come quel
giovane paggio e non ci lasciamo distrarre dal seguire il nostro
Re.
Fabio Attard
Consigliereper
la Pastorale Giovanile
IMMAGINI:
1 Una vita
senza il coraggio della fraternità, e fraternità
condivisa e donata con gioia, non è vita piena. ©
Pastorale Giovanile ICP