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         PROBLEMI EDUCATIVI     ......................................................................    Lettere a Suor Manu
         Solidarieta'. quella vera


"... Sono un’insegnante in una scuola secondaria di primo grado e, nonostante io sia molto convinta dei valori in cui credo, faccio sempre più fatica a comunicarli ai miei alunni. Ho l’impressione che la maggior parte di loro, in casa, riceva un messaggio opposto, con espressioni del tipo: “Non lasciarti mettere i piedi in testa da nessuno”, oppure “non stare vicino agli stranieri”, “fai vedere chi sei”! Ritengo sia una grande opportunità per i ragazzi la presenza di compagni di altre nazioni, ma c’è ancora troppo razzismo. La solidarietà, prima di essere un valore cristiano è un sentimento umano, dovrebbe essere naturale, invece... Come possono crescere solidali i ragazzi, se non lo sono i genitori? "


Educare all’accoglienza del “diverso” è decisamente una delle imprese più faticose di questi tempi. Il diverso ci fa paura, ci preoccupa, ci disturba anziché suscitare in noi curiosità, interesse, stupore... La solidarietà non è soltanto un sentimento umano, è il sentimento per eccellenza.

A questo proposito c’è uno stimolante racconto di Bruno Ferrero, che abbiamo utilizzato nella nostra scuola per le assemblee di inizio anno.
«“Se non me lo lasci fare non potrò andare a scuola! Mi vergognerei troppo... È terribilmente importante, mamma!”. Elena scoppiò a piangere. “Uffa, fa’ come vuoi...” brontolò la madre. “Sembrerai un mostro. Peggio per te!”. In altre 23 famiglie stava avvenendo una scenetta più o meno simile. Erano i ragazzi della Seconda B della Scuola Media “Carlo Alberto di Savoia”. Per quel giorno avevano preso una decisione importante. Ma gli allievi della Seconda B erano 25.
In effetti, solo nella venticinquesima famiglia, le cose stavano andando in un modo diverso.
Elisabetta era un concentrato di apprensione, la mamma e il papà cercavano di incoraggiarla.
Era la quindicesima volta che la ragazzina correva a guardarsi allo specchio.
“Mi prenderanno in giro, lo so! Non aspetteranno altro!”. Grossi lacrimoni salati ricominciarono a scorrere sulle guance della ragazzina. Cercò di sistemarsi il cappellino sportivo che le stava un po’ largo.
Il papà la guardò con la sua aria tranquilla: “Coraggio Elisabetta. Ti ricresceranno presto. Stai reagendo molto bene alla cura e fra qualche mese starai benissimo”.
“Sì, ma guarda!”. Elisabetta indicò con aria affranta la sua testa che si rifletteva nello specchio, lucida e rosea.
La cura contro il tumore che l’aveva colpita due mesi prima le aveva fatto cadere tutti i capelli. La mamma l’abbracciò: “Forza Elisabetta! Si abitueranno presto, vedrai...”.
Elisabetta tirò su con il naso, si infilò il cappellino, prese lo zainetto e si avviò.
Davanti alla porta della Seconda B, il cuore le martellava forte.
Chiuse gli occhi ed entrò.
Quando riaprì gli occhi per cercare il suo banco, vide qualcosa di strano.
Tutti, ma proprio tutti, i suoi compagni avevano un cappellino in testa! Si voltarono verso di lei e sorridendo si tolsero il cappello esclamando: “Bentornata Elisabetta!”.
Erano tutti rasati a zero, anche Marisa così fiera dei suoi riccioli, anche Paolo, anche Elena e Giangi e Francesca... Tutti! Ma proprio tutti! Si alzarono e abbracciarono Elisabetta che non sapeva se piangere o ridere e mormorava soltanto: “Grazie...”». (Bruno Ferrero, Ma noi abbiamo le ali).
Non so se sia un racconto vero, oppure no. Ma è vero che i ragazzi sono capaci di solidarietà più dei loro genitori. Solidarietà. Quella vera!

                                                Manuela ROBAZZA fma


IMMAGINE:
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       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2010 - 8  
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