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   ATTUALITA' SALESIANA 2012:
   DON PASCUAL: sulle orme di don Bosco nel mondo


Don Pascual Chavez Villanueva, nono successore di san Giovanni Bosco, ci racconta i segni e i valori di un santo che sopravvivono ancora oggi in tutto il mondo come punto di riferimento per i giovani. Lo abbiamo incontrato il 31 gennaio in occasione della festa di don Bosco a Torino.


Don Pascual Chávez Villanueva, Lei è il nono successore di un santo - Giovanni Bosco - che per Torino, ancora oggi, rappresenta un punto di riferimento e che ha lasciato in questa città un'immensa eredità, fatta di luoghi, persone e valori. Quali sono i segni della presenza di don Bosco negli altri continenti?

"Innanzitutto sono i suoi figli. Quello che è nato qui come un piccolo seme - stando alla parabola del Vangelo - si è sviluppato fino a convertirsi in un grande albero. Oggi siamo presenti in 130 paesi del mondo, quella che era stata l'intuizione originaria di don Bosco, con la fondazione dei Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, si è sviluppata fino a dare origine ad una famiglia di 30 gruppi appartenenti. Questo ha dato luogo a molteplici espressioni di opere in cui si realizza la missione salesiana impegnata nei campi dell'educazione, della promozione umana, della comunicazione sociale e nell'evangelizzazione".

L'esempio di un santo dell'Ottocento in grado di capire le esigenze dei giovani di ieri, quanto è attuale oggi?

"Continua ad essere molto attuale, direi. In fondo, anche se i giovani sono differenti, culturalmente sono più sensibili a certi valori e più restii ad altri, anche se sono eredi di esperienze familiari di un tessuto sociale differente rispetto a ciò che affrontava don Bosco, i bisogni assistenziali e gli interrogativi sono sempre gli stessi. Ogni persona ricerca il senso della propria esistenza, le risposte ai grandi interrogativi che non sempre vengono esplicitati, restando latenti, e che richiedono una risposta. Come diceva don Bosco, c'è un elemento chiave per entrare in comunicazione profonda con i giovani: il sentirsi amati. Quando don Bosco definiva l'educazione come "una cosa del cuore" intendeva conquistare il cuore dei giovani, aprire le porte del cuore per plasmarlo e orientarlo alla pienezza di vita in Cristo. Da questo punto di vista la Missione Salesiana continua quindi ad essere sempre valida oggi come 150 anni fa e forse ancora di più".

Don Bosco e San Francesco di Sales cosa direbbero oggi ai giovani che vivono le difficoltà nella formazione, nell'orientamento e nel lavoro?

"Alcune cose dipendono da loro, dai giovani, altre dipendono dalla politica di Stato. Esso ha la responsabilità, il dovere, di creare opportunità di educazione e di lavoro. Non farlo è una mancanza di responsabilità dello Stato, non è un optional ma un suo dovere. È un dovere scommettere sull'educazione con tutte le conseguenze che questo comporta. I giovani, naturalmente, devono rendersi conto che non si può prolungare indefinitamente l'adolescenza senza prendere decisioni. Questo significa sprecare una fase della vita importante per il futuro. Altre cose si possono recuperare, questo tempo no. Si devono sviluppare i valori. Il valore supremo, infatti, non è la libertà come ci viene presentata spesso oggi ma è cosa fai con la libertà. Il valore supremo - dirà Gesù - è l'amore: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". Essendo libero da tutto, Gesù ha potuto servire gli altri. Nello stesso tempo, fare esperienza in sé non è il valore supremo ma il fare esperienza di valori, altrimenti si rischia di passare da una sensazione all'altra, senza viverne nessuna in pieno. Se invece cerco di fare esperienza di quei valori che configurano e determinano la mia personalità allora sto ricercando qualcosa di diverso, facendo della propria vita qualcosa di grande. È importante essere sempre in un processo di formazione della persona consapevoli della responsabilità delle proprie scelte e non scelte. La responsabilità dei giovani è prendere in mano la propria vita ed essere architetti del proprio destino, altrimenti non si costruisce nulla.
Giovanni Bosco a nove anni ha avuto un sogno e avere sogni orienta la propria vita verso un disegno più grande. Anche questo deve servire da esempio ai giovani che possano essere responsabili come uomini, dalla formazione professionale all'impegno sociale e civile e non solo mossi dalla realizzazione personale ma rivolti al bene comune".

Quali valori sono irrinunciabili oggi?

"Nel messaggio che ho lanciato ai giovani del Movimento Giovanile Salesiano, mi sono collegato all'esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù che ha messo in luce un tipo di giovani capaci di rappresentare una promessa per il futuro. Non soltanto per la chiesa ma per la società. Giovani altamente qualificati, impegnati nel mondo del lavoro che vogliono manifestare la voglia di incontrare il signore Gesù e la loro fede, convinti che sia bello creare una società solidale e sensibile, responsabile di se stessa, conscia quindi dei propri limiti, delle proprie mancanze e responsabilità; è un segno di speranza per questa società che a volte sembra disperata e perduta. Appare spesso tutto legato all'economia, in questo non mi ritrovo: l'economia non è un valore supremo ma è al servizio della società e la politica deve prendere in mano la sua responsabilità di regolare l'economia, altrimenti siamo in mano a poteri che esistono e sono invisibili".

Un ultimo messaggio da lasciare ai giovani?

"I giovani devono aver voglia di essere felici, senza perdersi in fasulli paradisi inconcludenti. Per fare questo è necessario vivere la vita con responsabilità, senza farci guidare dagli altri - come in una crociera, in una nave in cui siamo solo passivi passeggeri - ma, come ho già detto, prendere in mano la propria vita e rappresentare la novità".

Emanuele FRANZOSO



       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2012 - 3  
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