NEL GREMBO DELLA MADRE
Rev.do Direttore,
fra qualche mese
divento mamma, molte volte mi soffermo a parlare con il mio bambino.
Ho una curiosità: è vero che già dal momento
del concepimento, il nascituro sviluppa la sua psiche?
Francesca Mastroianni - Viterbo
Gentile Signora,
la ringrazio molto della sua lettera che apre un interessante
prospettiva per tutti noi, ma non ritenendomi in grado di poterle
dare una risposta adeguata, ho preferito chiedere alla dottoressa
Claudia Marchese, che da tempo si interessa di problemi educativi
e pediatrici, alcune indicazioni in merito. Ecco la sua risposta.
Lo sviluppo psichico del bambino inizia prima
di quando la nostra mente lo possa immaginare. A questo proposito
consiglio di leggere il libro di F. Lunetta Nel grembo della
madre.
Da recenti studi si è scoperto che il bambino già
nel grembo della madre è in grado di provare sensazioni
ed esperienze. Queste ultime rimangono radicate nella struttura
psicologica dellessere umano per tutta la vita.
Lunetta nella sua opera si occupa soprattutto di psicologia prenatale,
e sottolinea come la vita è sì un rebus ma non
un rebus irrisolvibile. Cè una risposta e anche
molto semplice: non veniamo dal nulla.
Dallunione tra seme ed ovulo siamo diventati embrione e
feto, siamo cresciuti nel grembo di nostra madre, poi abbiamo
visto per la prima volta la luce con la nascita e tutto questo
è stato un «drammatico cambiamento» perché,
fino a quando eravamo nel seno materno, eravamo in uno «stato
paradisiaco» dove ci siamo formati in armonia con la natura
e ben protetti dal mondo esterno, dove i nostri bisogni alimentari
venivano appagati senza fare sforzi, crescendo in un ambiente
oscuro, caldo e soffice.
Il prof. Lunetta sposta la sua attenzione su due grandi concetti
che lui definisce come dei tabù: la morte e la nascita.
Vengono considerati tabù dallo scrittore, perché
anche se viviamo in una società molto avanzata non abbiamo
informazioni sicure su queste fasi della vita, ambedue ci lasciano
nel dubbio perché ognuno di noi ha vissuto la sua nascita
e sa di certo che deve affrontare la sua morte.
Nascere e morire sono per molti aspetti simili, soprattutto perché
in tutte due si lascia «un mondo vecchio» per
uno nuovo.
Dopo la nascita entriamo in un mondo a noi nuovo di cui, fino
a quando eravamo nel grembo materno, non avevamo nessuna esperienza.
Il paragone può essere spostato a quello che per noi credenti
è il Paradiso: fino a quando siamo su questa terra non
ne abbiamo nessuna esperienza, ma a differenza del bambino che
deve nascere, almeno sappiamo che esiste. Invece, il nascituro,
non immagina neppure che vi sia un mondo al di là della
madre. Tuttavia, questo mondo, di cui lui non ha conoscenza,
è per lui, pur sempre un mondo di cui fa esperienza, perché
attraverso gli organi sensoriali della madre vede, sente e percepisce
ciò che sta al di fuori della protezione materna.
Quindi se ci domandiamo perché una persona ha un determinato
comportamento rispetto ad unaltra, dovremo risalire al
suo periodo prenatale e neonatale per comprendere un po
meglio i suoi modi di fare. Ad esempio, i bambini nati durante
un periodo bellico, non possono non risentire delle tensioni
e delle legittime paure della madre ed essere propensi a sviluppare
atteggiamenti aggressivi o comportamenti instabili. Tutto ciò
che la madre vive ha una diretta influenza sul bambino che nascerà,
per questo si consiglia alla future madri di provare esperienze
positive, di vivere in ambienti luminosi e caldi, di ascoltare
musica rilassante, di non osservare scene reali o finte
di violenza, poiché il bambino ha bisogno di ricevere
dal mondo segnali positivi di accettazione. Per questo, non solo
parlare al bambino che nascerà è qualcosa di positivo,
ma il dirgli che lo si sta aspettando, che è ben voluto
e accolto, è un ingrediente fondamentale per la sua futura
felicità.
Dott. Claudia Marchese
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-6
VISITA Nr.