LE BEATITUDINI:
LA MITEZZA

Viviamo in un mondo di prepotenti e superbi

Se apriamo un giornale e leggiamo le notizie dei rapporti internazionali, siamo ogni giorno informati di guerre, atti di terrorismo, dal Medio all’Estremo Oriente, dalle Americhe all’Africa, dalle lotte per il petrolio ai fondamentalismi religiosi.
La globalizzazione, per ora, è attuata solo nel campo della violenza e delle guerre e, se lo è nel campo economico, lo è in quanto poche multinazionali cercano di accaparrarsi più beni possibili, lasciando morire di fame intere popolazioni e soprattutto tanti bambini.

Se restiamo in Italia, basta guardare come si fa la politica e ci accorgiamo che tutto, o quasi tutto, è polemica, sopraffazione, denuncia. I casi più difficili si cerca di risolverli o con gli scioperi e le occupazioni, o con gli scontri in Parlamento.
Il mondo è in mano ai prepotenti e chi ne fa le spese sono sempre i più poveri, i più deboli, o... i più buoni, che rifuggono per principio, e per fede, dalle forme della prepotenza.
Ebbene, da lì ha cominciato Gesù: «Beati i miti, i mansueti, e non i prepotenti». Se il Papa, rivolgendosi ai parlamentari a Montecitorio, oltre alle cose molto belle che ha detto avesse declamato questa Beatitudine, forse l’avrebbero cacciato via!

«Imparate da Me»

Ma Gesù, oltre ad avere pronunciato le otto Beatitudini, ha anche detto, in altra occasione: «Imparate da Me!». A fare che cosa? A creare il mondo? No! A fare miracoli? Nemmeno. A fare discorsi pieni di sapienza? Neanche questo!
A fare dunque che cosa? No, Gesù non ci insegna, e non vuole insegnarci, a fare tante cose; non ci insegna a imitarlo nelle cose che ha fatto, ma nei sentimenti del suo cuore: «Imparate da Me che sono mite e umile di cuore!» (Matteo 11,29).
Dovremmo soffermarci di più su queste parole di Gesù, per un motivo semplicissimo: perché troppi cristiani, e forse anche noi, oggi riduciamo tutto il cristianesimo a una dottrina (verità da credere) e a una morale (peccati da non fare, virtù da praticare), e Gesù lo releghiamo in Paradiso, o meglio: ci limitiamo a invocarlo nelle necessità, a pregarlo con formule prevalentemente ripetitive e mnemoniche, ma non lo cerchiamo nel Vangelo per conoscerlo meglio, più in profondità; non abbiamo un dialogo che parta dal nostro cuore e cerchi il Suo cuore...
Se cercassimo di “imparare” da Gesù, certamente coglieremmo in pieno – e imiteremmo – la sua mitezza e umiltà.
«Ha innalzato gli umili»
Del resto, già Maria, nel cantico del Magnificat, ha contemplato la mitezza e l’umiltà quando ha riferito a Dio l’amore per questa beatitudine. «Ha guardato (“con particolare benevolenza” è il preciso significato del verbo greco usato da san Luca) l’umiltà della sua serva (...) ha innalzato gli umili».
Questo sguardo di Dio sugli umili non va passato inosservato, perché fa parte del progetto della creazione, nella quale il Signore ha fatto brillare le sue infinite ricchezze anche nelle realtà più piccole e insignificanti. Possiamo restare estasiati davanti a una catena di montagne, davanti a una fotografia della Terra scattata da un satellite, ma nulla ci commuove più della semplicità di un piccolo fiore, per i suoi colori tenui e il profumo delicato.
Dire che Dio è umile sembra un’eresia, eppure possiamo dirlo con tranquillità, perché anche nella sua infinita grandezza e santità Dio non cerca il trionfalismo, fa tutto con sobrietà e misura e non ci soffoca con la pretesa che noi Gli battiamo le mani! Anche l’Infinito ha una sua misura, che appunto si chiama umiltà e mitezza!

Le scelte di Gesù

E proprio perché Figlio di Dio, Gesù ha seguito lo stile divino nelle sue scelte: è nato in una stalla, in un paesino di una nazione che contava assai poco nella politica di allora. È vissuto nascosto in una povera casa di semplici operai fino all’età adulta e quando, a trent’anni, ha cominciato la sua missione di evangelizzatore, si è rivolto alla gente che oggi chiameremmo proletaria, e i suoi più vicini collaboratori li ha scelti tra i pescatori e i peccatori.
La sua predicazione era semplice e accessibile a tutti. Un linguaggio forte, però, lo ha usato; ed è quando si trattava di confutare l’orgogliosa e ipocrita polemica dei farisei. E quel linguaggio lo usava anche per far capire alle persone più semplici e meno istruite che la sua strada non era la strada della furbizia e della prepotenza, ma quella della verità e della bontà.
Infine, quando è stata l’ora di concludere la sua missione, si è lasciato arrestare, ha risposto con verità ai suoi accusatori, ma si è lasciato schiaffeggiare, sputacchiare, flagellare e prendere in giro (la corona di spine e la veste paonazza), fino a salire sulla croce: senza opporre resistenza! Ecco la mitezza di Dio onnipotente!

Miti e umili davanti a Dio

E qui arriviamo a una conclusione che sembra strana. Per arrivare a essere veramente miti e umili, la maggiore difficoltà non è tanto di essere miti con il nostro prossimo (anche questo è importante e vi abbiamo riflettuto guardando l’esempio di Gesù), ma di “essere miti e umili con Dio!”.
Tutti proviamo difficoltà ad esercitare la mitezza con le persone che ci offendono, che ci criticano, che vogliono emergere; e ci sembra invece di essere facilmente umili nei nostri rapporti con Gesù e con il Padre. Ma le cose non stanno così come ci pare a prima vista.
Essere miti e umili con Dio vuol dire accettare il suo stile, i suoi criteri, le sue misure: vuol dire saperci annientare come Gesù si è annientato. Vuol dire non pretendere mai nulla da Lui, anche quando le nostre preghiere chiedono guarigioni di persone care, sollievo a poveri sofferenti, o l’affermazione della fede.
Anche in questi casi non dobbiamo pretendere nulla dal Signore, ma accettare tutto dalla Sua Sapienza e Bontà infinita, nella piena certezza che Egli vede più lontano di noi e alla fine fa trionfare solo la verità e l’amore!
                                                                         Don Rodolfo Reviglio


Vogliamo essere miti e umili?

Prima di parlare, proviamo ad ascoltare.
Prima di insegnare, proviamo a farci discepoli.
Prima di discutere e dissertare, preoccupiamoci di testimoniare.
Prima di giudicare, lasciamoci giudicare.
Prima di correggere gli altri, accettiamo le correzioni dagli altri.
Prima di dare disposizioni, mettiamoci a disposizione.
Prima di esigere, impegniamoci a fondo.
Soprattutto: prima di pensare, decidere, parlare, sentenziare,
disporre, agire..., invochiamo con fede e umiltà lo Spirito Santo!


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-6
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