CHE
DIRE DEI "CASTIGHI DI DIO"? Che Dio castighi i peccatori, lo dice
la Sacra Scrittura sia dellAntico sia del Nuovo Testamento.
Questo pensiero trova tuttavia uno sviluppo: Gesù ci ricorda
che le diciotto persone rimaste uccise al crollo della torre
di Siloe non significano affatto che fossero peccatori più
degli altri, e quindi, quella disgrazia non deve essere interpretata
come un castigo di Dio (cfr Lc 13,1-5). Anche in
altri casi, il Salvatore cinsegna che gli antichi parlavano
in un modo e Lui stesso in un altro: Avete udito che fu
detto... Ma io vi dico... (Mt 5,21s. 33s.38s.43s). Anzi,
Egli ci fa capire che noi stessi giungeremo, per lazione
dello Spirito Santo, a comprendere nuove verità, che Egli
non aveva potuto chiarirci perché gli uomini del tempo
non erano ancora pronti ad accoglierle (Gv 16,21s).
Così capiamo che lo sviluppo teologico, sia per quanto
riguarda i castighi di Dio sia per quanto riguarda
altri argomenti, non proviene certo da un cambiamento di pensiero
da parte di Dio, ma è frutto della crescita culturale
degli uomini e della loro maturazione spirituale.
A questo proposito, è molto significativo quanto scrivono
alcuni psicologi dellinfanzia: quando i bambini sono piccoli,
succede una cosa che agli adulti è difficilmente comprensibile:
la mamma, per esempio, raccomanda loro di non toccare il termosifone
acceso. Se essi lo fanno, e ne vengono scottati, non riescono
a capire che la bruciatura deriva dal loro contatto con il ferro
arroventato; pensano che sia stata la mamma a punirli, perché
non lhanno obbedita. Solo quando diventano più grandicelli,
si rendono conto che la mamma non li ha scottati, anzi ha fatto
tutto quello che poteva per curarli, anche se non lavevano
ascoltata.
Quindi, se continuiamo a parlare di castighi di Dio,
usiamo categorie infantili, inadatte a uomini progrediti, e così
rischiamo di presentare delle concezioni e delle immagini di
Dio che, se erano giuste nella cultura di una volta, non sono
più significative ai nostri giorni; e rischiamo, anzi,
di far credere a un Dio crudele, che, mentre a parole si presenta
come Amore (1 Gv 4,8.16), di fatto apparirebbe come un gendarme
o addirittura come un carnefice!
A questo proposito, ho conosciuto un caso estremo: un gruppo
parrocchiale predicava lidea di un Dio malvagio: secondo
loro, bisognava soltanto fare in modo che Egli ci colpisse il
meno possibile! Certo, questa mentalità è paradossale:
ma mi sembra una triste conseguenza del voler insistere ancor
oggi nel presentare un Dio che ci castiga!
Al contrario, mi ha molto colpito quanto diceva il Santo Padre
nel 1999, affermando che persino la dannazione finale, ossia
linferno (di cui non ci è dato sapere se e quali
esseri umani vi siano effettivamente coinvolti) non va considerata
come un castigo di Dio: soggiungendo che essa non va attribuita
alliniziativa di Dio, perché nel suo amore misericordioso
Egli non può volere altro che la salvezza degli esseri
da lui creati. In realtà, nella dannazione è la
creatura che si chiude al suo amore (LOss. Rom.,
luglio 1999).
Penso quindi opportuno, anzi necessario, non parlare più
di castighi di Dio, ma di naturali conseguenze
delle nostre azioni cattive: non è Dio, ma è
la nostra libertà in opposizione a Dio, che le provoca;
e questo va precisato non solo perché il mondo doggi
comprenda meglio il pensiero biblico, ma anche per evitare che
una parola così tradizionale, ma non tradotta nel linguaggio
attuale, conduca ad una visione distorta di Dio, ad una visione
che potrebbe portare perfino allavversione verso Dio e
allateismo!
Antonio
Rudoni RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2002-1 VISITA Nr. |