RICONOSCERE LA VITA


Saper leggere, per riconoscere

Non è facile, oggi, parlare di riconoscimento della vita perché, anche al di là dei clamorosi episodi di conflitto militare, esiste un tipo di sub-cultura che manca sovente delle caratteristiche della logica del vivente: la progettualità, l’identità e la continuità.
Mancando queste caratteristiche il concetto di vita si impoverisce e si riduce a frazione del momentaneo, a “luogo” del provvisorio.
Il progetto
La realtà progettuale legata all’essere umano è qualcosa di diverso dai programmi organizzativi e da quelli politici, ai quali siamo abituati. Si parla infatti di progetto perché molteplici elementi insiti nello stesso soggetto, ed anche esterni a quest’ultimo, parlano di un linguaggio vitale, che si manifesta non solo con le meraviglie della biologia, ma anche con quelle capacità umane che superano la dimensione immanente e materiale quale il pensiero, ad esempio.
Il progetto-uomo richiama un’origine e, nello stesso tempo, a una meta che permette di passare in mezzo a due estremi: da una parte, il caso, e dall’altra, il sistema condizionante.
L’identità
È grazie a un progetto vitale, non chiuso in se stesso e non legato al prevedibile, che è possibile comprendere che tutte le manifestazioni dell’umano sono legate tra loro da un principio di unità, e questa realtà conduce a scoprire l’identità, cioè il volto proprio di ciascuna persona.
I burattini si muovono con i fili e, gli animali seguono le leggi dell’istinto, ma l’uomo no.
Colui che può riflettere, scegliere, progettare, difendere una idea, costruire qualcosa di utile per tutti a fianco di altri simili, ha in sé delle energie materiali e spirituali che lo sostengono e lo spingono verso l’esodo umano e verso l’avventura dell’anima.
L’identità, così, non è una maschera, né un viso che rimane immutato grazie a una foto. Ma è l’espressione dinamica e feconda di una vita che si sviluppa secondo un progetto.

La continuità

Colpisce allora il fatto che progetto e identità spingono l’uomo a prendere gradualmente consapevolezza di alcune caratteristiche, prima fra tutte quella della continuità che ha un ruolo-base, nella coscienza dell’uomo.
Quando qualcuno, per interessi di parte, ha voluto discutere su quando può essere attribuito valore alla vita umana, come nel caso dell’aborto, si è scontrato con la logica della continuità, che fa parte della logica del vivente.
La continuità, a ben vedere, non segna solo un processo di crescita ma fa conservare valore a tutto l’essere della persona, in ogni stagione della vita. Se c’è continuità, infatti, non ci sono fasi temporali più importanti e altre non significative, c’è piuttosto un unicum che è sempre identità, ed è sempre vita.
Riconoscere la vita
Il problema principale è che non è facile riconoscere la vita se non si è capaci di leggere i segni della vita, le manifestazioni della vita, e – soprattutto – la logica della vita. Ecco perché, in precedenza, si è insistito sul progetto, sull’identità e sulla continuità. Proprio perché occorre imparare a leggere, per essere in grado di riconoscere.
Questa sottolineatura non è venata da un rimprovero; ma è intrisa solo di sofferenza. Perché quando la logica di non-vita detta le regole all’odierno convivere, si scatenano quei conflitti che rubano ossigeno alla fraternità, e che sfigurano il viso degli operatori di pace.
La non-vita, infatti, è non-trasmissione di tutto ciò che valorizza il progetto persona. Già un silenzio può essere una decisione tremenda di non-vita che inchioda l’altro nell’isolamento, fino ad arrivare a quelle tante compagnie non fedeli che abbandonano colui che sta perdendo gli elementi dell’autonomia, e quindi la capacità di “stare con”, di “influire”.
C’è quindi un cammino di conversione da percorrere. Per arrivare a riconoscere non solo i diritti del nascituro (“in puero homo”, dicevano gli antichi) e quelli del malato terminale, ma soprattutto per giungere a una capacità di percepire la totalità della vita con tutte le sue primavere. E con i suoi autunni difficili.
                                                            
    Pier Luigi Guiducci


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-1
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