GIORNATA DELLA VITA
: 2 FEBB. 2003
DELLA VITA NON SI FA MERCATO
Gli esseri umani non
sono merce
Ci sono stati
tempi, e purtroppo non sono finiti, in cui gli esseri umani sono
stati venduti e comprati, ciascuno con il suo prezzo; cera
chi teorizzava la bontà, pratica e anche etica, di tutto
ciò. Pochi osavano muovere obiezioni; tra i pochi che
intuivano, inorridivano e denunciavano quello che a loro sembrava
un attentato alla verità inscritta in ciascuno di noi,
ci furono i cristiani, perché linsegnamento di Gesù
Cristo, rivelando la dignità dellessere umano nella
sua verità e in tutto il suo splendore, non permetteva
di fare distinzioni. Infatti, come ricorda San Paolo «non
cè più giudeo né greco; non cè
più schiavo né libero; non cè più
uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo
Gesù» (Gal 3,28) e tutti siamo figli dellunico
Padre.
Il progressivo riconoscimento dei diritti umani non ha estirpato
completamente lantica tendenza a considerare gli esseri
umani come una semplice merce. A volte, anzi, si arriva a legittimare
presunti diritti per sottomettere altri uomini secondo logiche
di possesso, di potere e di sfruttamento. In molti angoli del
mondo, in quelli più poveri come in quelli più
ricchi, e in molti settori della vita la tendenza perdura, adeguandosi
ai tempi e alle mode.
Si va dalla stessa soppressione della vita nascente con laborto,
al commercio di organi dei minori, ai bambini soldato, alle prostitute
schiave, ai ragazzi e alle ragazze sottoposti ad abusi sessuali,
alla speculazione sul lavoro minorile, ai lavoratori sottopagati
e sfruttati, forme tutte di autentica schiavitù. In ciascuno
di questi casi la vita umana è umiliata e sfigurata con
cinico disprezzo.
Anche talune esasperate strategie di mercato considerano gli
esseri umani dei consumatori da studiare, manipolare, usare affinché
siano docili e reattivi alle logiche del consumo, indotto attraverso
tecniche pubblicitarie sempre più sofisticate e pervasive.
Per le reti televisive gli spettatori sono oramai solo numeri,
merce da vendere agli inserzionisti. E anche in politica,
a volte, i cittadini sono considerati merce, voti da scambiare
e piazzare.
Ancora più gravi sono gli esiti di questa logica mercantile
quando essa viene applicata direttamente alla persona umana.
Da tale logica traggono linfa molti attentati alla vita umana,
in particolare nellambito della vita nascente. Non ci si
può appellare a falsi diritti per cancellare i veri e
inviolabili diritti del più piccolo e indifeso tra gli
esseri umani: lembrione. Per curare alcune malattie con
le cellule staminali si giunge a proporre la sperimentazione
indiscriminata sugli embrioni, giustificandone la creazione in
vitro, la manipolazione e la soppressione. Per avere mano libera
si arriva a strumentalizzare anche il legittimo desiderio di
maternità e di paternità, fino ad affermare un
inesistente diritto ad avere un figlio in ogni modo e in qualsiasi
condizione, anche fuori del matrimonio e in contesti di omosessualità.
Lassenza di criteri etici e di regole chiare, che partano
dalla tutela dellembrione e dai suoi inalienabili diritti,
apre la strada a forme indiscriminate di uso e abuso della vita
nascente e finisce per favorire chi pensa di poter operare in
questo campo con logiche mercantili.
La vita
è un dono fuori commercio
Nobile, sicuramente,
è il desiderio di divenire madre e padre. Ma questo non
può avvenire a ogni costo. Un figlio esige e merita di
nascere da un atto damore: dallincontro e dal dono
totale e reciproco di un uomo e una donna, uniti in un autentico
e stabile amore sponsale. Il figlio stesso è dono, amore,
incontro e relazione. Nasce, in altri termini da un atto del
tutto gratuito, sottratto a ogni logica utilitaristica o mercantile,
perché lamore non cerca il tornaconto personale.
Così accade con i figli che, nati da un libero gesto creativo
di una sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri liberi:
liberi della libertà spirituale che deriva dallessere,
in ogni caso, primordialmente figli di Dio.
Cè in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole,
a considerare i figli che devono nascere come degli oggetti
di cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio.
Si potrebbe persino dire che il movente non è troppo diverso
da quello che ci può spingere a sentire il bisogno di
unautomobile o di una bella vacanza. Il figlio viene così
pensato, da subito, come un oggetto che sarà posseduto
da chi lo avrà prodotto; una merce alla stregua
di altre merci.
Ma della vita non si può fare mercato! Questa affermazione
non è arbitraria, né una mera esortazione più
o meno accettabile; è un fondamento decisivo della nostra
società. Negandola, si insinua che gli esseri umani possano,
tutto sommato, essere cose da possedere.
Nessuna società tranne una autodistruttiva società
di predoni può reggersi sullestensione senza
limiti del concetto di possesso. Non tutto si può
possedere; non di tutto si può fare mercato. Ce lo suggeriscono
la ragione e il buon senso; ce lo ricordano il Vangelo e duemila
anni di pensiero cristiano. Occorre che tutti ne facciano tesoro,
a cominciare dai legislatori, dai quali attendiamo leggi chiare
nei principi etici ed efficaci nella tutela della vita umana,
nella consapevolezza speriamo sempre più diffusa
e condivisa che gli esseri umani non sono una merce e
che della vita umana non si fa mercato.
Come cristiani siamo chiamati ad annunciare con forza e coraggio
lilluminante verità dellamore del Padre che
ci ha riscattati donandoci la vita nel suo Figlio. La vita umana
non ha prezzo perché siamo stati comprati «a caro
prezzo» (1 Cor 7,23) dal Signore. «Ecco, tutte le
vite sono mie» (Ez 18,4), dice Dio per riaffermare che
ogni vita viene da lui e a lui anela. La comunità cristiana,
«popolo della vita», guardando ogni persona con locchio
di Dio proclama il Vangelo della vita non solo ai credenti ma
a tutti e «gioisce di poter condividere con tanti altri
il suo impegno, così che sempre più numeroso sia
il popolo per la vita e la nuova cultura dellamore
e della solidarietà possa crescere per il vero bene della
città degli uomini» (Evangelium vitæ, 10.1).
Consiglio
permanente della Conferenza Episcopale Italiana
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-2
VISITA Nr.