LE BEATITUDINI-3:
Il Dio della consolazione

Dice Gesù: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati” (Matteo 5,4). Il verbo usato nell’originale greco significa, letteralmente, “chiamare a sé”. Mi sembra di vedere un bambino che piange e la mamma che, per consolarlo, si china, lo attira a sé, lo prende fra le sue braccia e il bimbo smette di piangere!
Dio ama farsi conoscere, e chiamare, come un Dio di pace e di consolazione. Non possiamo – all’inizio della nostra riflessione – non citare l’introduzione della 2ª Lettera di San Paolo ai Corinzi (1,3-7): “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. Egli ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione”.
L’attenzione, in questa beatitudine, va messa non solo e non tanto sulla consolazione, ma prima ancora su Colui che ci consola. Perché il valore della consolazione cristiana sta nel fatto che, a consolarci, è Dio stesso che è nostro Padre! Chi ci consola, è Gesù che ha pianto sulla tomba di Lazzaro, ed è stato “triste fino alla morte” nel Getsemani, ed è morto sulla croce dopo aver provato l’abbandono del Padre, ma risuscitando ci ha donato il perdono e la pace! Chi ci consola, è lo Spirito Santo che Gesù – promettendo di invia-
re – ha chiamato: “il Consolatore” (Giovanni 14,16).
Il cristianesimo manifesta la sua piena verità proprio nel fatto che pone la consolazione e la pace al termine e al culmine della vicenda umana: “Ora siete nella tristezza, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Giovanni 16,22-23).

Perché afflitti?

I motivi e le cause delle nostre afflizioni, di solito, sono motivi molto umani e terreni: un malessere, una malattia, la morte di una persona cara, un fastidio, la perdita del lavoro, le ristrettezze economiche, qualche cattiva notizia appresa dal giornale o dalla televisione, un’offesa ricevuta da un amico, uno stato di depressione...
Sono tutti motivi comprensibili e più che plausibili; mentre non possiamo e non dobbiamo lasciarci avvilire da motivi che provengono dal nostro orgoglio, o dalla nostra pigrizia, o dall’egoismo, o dall’avarizia, o da altri motivi non buoni, o addirittura dalle nostre gravi mancanze. A volte, tali afflizioni il Signore ce le manda perché impariamo a correggere i nostri difetti e cerchiamo di aprirci al Suo amore.
Ma esistono anche motivi di afflizione che sono legati alla santità della vocazione e della vita cristiana. Pensiamo alle afflizioni di San Paolo a motivo delle divisioni che si erano create nella comunità di Corinto, ... per non pensare al pianto di Gesù su Gerusalemme, i cui figli Gesù aveva cercato di radunare come fa la chioccia con i suoi pulcini (Luca 13,34; 19,41). Così assistiamo al dolore dei genitori di fronte a figli che prendono vie sbagliate, alla disperazione dei figli quando i genitori si separano, all’afflizione di un sacerdote che dopo anni di lavoro faticoso vede come ancora tante persone non accolgono le sue parole e la sua testimonianza...
Nelle vite dei santi si trovano momenti di vera “notte oscura”, come la chiama San Giovanni della Croce, in cui non si sente la presenza del Padre che consola e si teme di avere sbagliato tutto. Sono prove che il Signore permette, per liberare il cuore da ogni piccola traccia di vanagloria, o di autocompiacimento.
Di fronte a tali prove, solo la fede, la preghiera, l’abbandono in Dio possono venire in aiuto. Ed è questa la vera consolazione, che Gesù ci ha promesso, e che anche Egli ha provato quando, nel giardino degli ulivi, è venuto un angelo a consolarlo (Luca 22,43).

Perché le afflizioni?

A questa domanda abbiamo già un po’ risposto, ma occorre approfondire, non solo per comprendere meglio, ma anche per saper trarre profitto dalle afflizioni.
Possiamo dire che il Signore permette, e anche manda, le afflizioni, per purificare la nostra anima, per liberarla dai residui della colpa originale, dalla tendenza all’orgoglio e all’autosufficienza, dalla ricerca di sicurezze terrene e di soddisfazioni personali.
In queste afflizioni non dobbiamo vedere una pena che Dio ci infligge a causa dei nostri peccati, e nemmeno un prezzo da pagare per ottenere un vantaggio, o quasi uno strumento che ci fa raggiungere la pace e la gioia.
Il vero motivo delle afflizioni è sempre e solo un motivo di amore. Gesù ci invita a soffrire con Lui perché ci ama, perché vuole farci salire con Sé sulla Croce, perché solo lì – sulla Croce – troviamo il vero senso e la vera misura dell’amore! “Non c’è amore più grande del dare la vita per i propri amici” (Giovanni 15,13).
Quindi, il Signore non ci offre e non ci garantisce una consolazione qualunque, ma la sua stessa consolazione, la consolazione che nasce e si riposa nell’Unità infinita dell’Amore Padre e dell’Amore Figlio, nell’amplesso dell’Amore Spirito Santo!

Consolando, restiamo consolati

E qui arriviamo al culmine della beatitudine: se la consolazione nasce e riposa in Dio, noi non solo siamo chiamati ad essere consolati quando stiamo vivendo un’afflizione, ma addirittura siamo chiamati a condividere le afflizioni dei nostri fratelli, per farci noi stessi strumento di quella consolazione che il Signore manda, chiedendo a noi di collaborare con Lui per diffondere la consolazione!
È un progetto stupendo che solo Dio può immaginare e che ha voluto rivelarci, prima – a poco a poco – con le pagine dell’Antico Testamento (pensiamo a quella parte del Libro di Isaia, chiamato appunto il Libro della consolazione, cap. 40 e segg.), ma poi – in modo ineguagliabile – con la venuta del suo Figlio Gesù e con la sua Risurrezione!
A ciascuno di noi, pertanto, Dio affida il compito di consolare; ed accanto ci mette la sua Madre, colei che più di tutti è stata afflitta, ai piedi della Croce mentre il Figlio stava morendo, e che più di tutti è stata consolata nel vederlo risorto e vivo, nel vedere discendere lo Spirito Santo sui discepoli a Pentecoste... e infine nell’incontrarlo in Cielo, quando è stata assunta nella gloria!
Il medesimo destino è stato fissato anche per noi! “Consolatevi dunque a vicenda con queste parole” (1 Tessalonicesi 4,18).

                                                           
      Don Rodolfo Reviglio


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-5
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