Dieci virtù contro un’etica debole

Si fa un gran parlare e scrivere di “pensiero debole” e di conseguenza di etica debole. Contro questa mentalità ecco la proposta di dieci virtù da vivere e da far diventare il corredo personale quotidiano: una specie di “kit etico” per affrontare questo Terzo Millennio. Ce le propone uno dei maestri del secolo scorso, il teologo Romano Guardini (italiano di nascita, Verona 1885, tedesco di cultura) nel suo libro “Virtù. Temi e prospettive della vita morale”. L’autore merita di essere ascoltato anche per la testimonianza che diede nella sua vita. Fu professore di “Filosofia religiosa e Weltanschauung cattolica” nell’Università di Berlino dal 1923 al 1939. Per la sua opposizione al nazismo fu privato dell’insegnamento, per poi riprenderlo nel 1945 prima a Tubinga, poi a Monaco. Fu anche nella commissione incaricata di giudicare la riammissione all’insegnamento di Martin Heidegger per la sua collusione con il nazismo (Heidegger è considerato uno dei padri della post modernità). (Mario Scudu)

Veracità.
Dire e fare la verità. Ma attenzione: una verità detta nel momento o nel modo sbagliato può perfino sconvolgere chi la ascolta.

Accettazione.
Capacità di assumere l’esistenza come essa è. Vuol dire: io sono d’accordo di esistere. Saper portare la propria croce.

Pazienza.
Amministrare la creazione di Dio coscienti della debolezza umana. La pazienza include la forza, per non ridursi a passività e abitudinarietà.

Giustizia.
Possibilità per l’uomo di conquistarsi il proprio posto nel mondo e compiere la propria opera. Non si realizza mai pienamente, la tentazione moderna è il “progresso”.

Rispetto.
Fuggire il piacere di lacerare i veli, di mettere a nudo. Pudore verso la vita degli altri. Tentazione: la libertà d’informazione.

Fedeltà.
Essere fermi nella responsabilità delle scelte fatte, a dispetto dei pericoli o delle perdite. La fedeltà ha in sé qualcosa dell’eternità.

Disinteresse.
Rinuncia a sé. Fare spazio a Dio. Come assenza di intenzioni è libertà e gioia della creazione e per l’opera in se stessa. Servire la causa.

Coraggio.
Non cercare la via più facile. Essere saldi nel pericolo, coscienti che nell’uomo c’è qualcosa che non può essere distrutto. Specchio: il coraggio di Dio nel creare l’uomo e di Cristo sulla Croce.

Comprensione.
Evitare di catalogare il proprio simile, lasciandogli la libertà di essere se stesso. Superare lo schema amico-nemico.

Cortesia.
Sensibilità per la forma, contro il realismo che si degrada a rozzezza. La cortesia ha bisogno di tempo, sa che la vita ama le cerimonie. Sapersi responsabili dell’altro.



La vera religiosità

Tutte le realtà – naturali, storiche, soprannaturali, cultuali e culturali – rivelano il mistero di Dio, e tutte lo nascondono.
La vera religiosità sa cogliere,
        
al di sopra di tutto,
           al di là di tutto,
               al fondo di tutto,
il mistero ineffabile dell’amore di Dio, la dolcissima presenza di un Dio che ci ama e che in tutto ci comprende, ci viene incontro, ci accoglie, ci stimola, ci sorregge, ci consola.

                                                            Card. Carlo M. Martini


  A cura di MARIO SCUDU
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-7
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