Giovannino che fai?

Giovanni Pascoli oppresso da mille dolori aveva deciso di farla finita con la vita, e una notte si avviò verso il fiume. Una ridda di ricordi si affollò alla sua mente: le sorelle, l’avvenire... Ma nulla lo trattenne. Stava per tuffarsi in acqua, quando gli parve di udire una voce soffocata e stanca venir su dalla sabbia della riva. Era la voce della mamma morta che accorata gli ripete al cuore: Zvanì! Giovannino che fai?
Non ricordi più le preghiere?... che dicevi con me, piano, con sempre la voce più bassa, la mano tua nella mia mano?
Ridille: vedrai che ti passa.
La mamma vinse e Giovanni ritornò sui suoi passi, salvo.

                                                                Dalla poesia La voce


Il Natale secondo due filosofi

Ecco la testimonianza di due filosofi sul Natale.

La prima è di Johann G. Fichte, esponente di punta dell’Idealismo tedesco insieme ad Hegel. Fichte non era un predicatore ma ci dà una felice intuizione su Maria di Nazaret e su quel Figlio che tiene in braccio: non un bambino qualsiasi ma il Figlio di Dio, fatto piccolissimo.
“Ci sembra poco che fra tutti i milioni di donne della terra soltanto Maria fosse l’unica eletta che doveva partorire l’Uomo-Dio Gesù? Ci sembra poco l’essere madre di Colui che doveva rendere felice l’intero genere umano e grazie al quale l’uomo sarebbe divenuto un’immagine della divinità e l’erede di tutte le sue beatitudini?”.
La seconda testimonianza è dello scrittore e filosofo Jean Paul Sartre, ateo dichiarato, uno dei padri della corrente filosofica chiamata Esistenzialismo. Sartre era internato nel lager di Treviri in Germania e compose un testo drammatico per celebrare il Natale con i suoi compagni di prigionia.
Ecco il passo significativo dell’opera “Bariona o il figlio del tuono”. Esprime i sentimenti di Maria mentre tiene in braccio il Bambino: “Cristo è suo figlio, carne della sua carne e frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato per nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. Ella sente insieme che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli è Dio. Ella lo guarda e pensa: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli mi assomiglia. È Dio e mi assomiglia!». Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive”.
                                                                         
                                          MARIO SCUDU



Preghiera di un campione

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi ed egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute e realizzare grandi imprese: Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto e mi ha lasciato povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me ed Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita e mi ha lasciato la vita perché io potessi essere contento di tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato o mio Signore; fra tutti gli uomini nessuno possiede più di quello che io ho!
                                                                   
                   Kirk Kilgour
(Giocatore di pallavolo che per un infortunio in campo è sulla sedia a rotelle).


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-11
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