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Santità:
non occorrono azioni straordinarie

I santi non sono “una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero (...) non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina (...).

Per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali (...).

L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui (...).

La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (...).

Con Lui l’impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell’ago; con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (...).

L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce.

Ma la storia mostra che non esiste ostacolo e difficoltà che possa arrestare il cammino del cristiano impegnato sulle orme di Cristo. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio”.

                                                             Benedetto XVI, 1º novembre 2006


Dio Padre di tutti...

Ecco alcuni passi tratti da un’intervista a Padre Giancarlo Bossi, Missionario nel Pime, per 39 giorni prigioniero di un gruppo di terroristi islamici, nelle Filippine.

Durante quel giorni bui, le è mai capitato, dentro di sé, di gridare, come Cristo, “Padre, perché mi hai abbandonato?”.

No, perché non mi sono mai sentito abbandonato. Ho solo chiesto tante volte a Dio il motivo per cui mi avessero rapito, ma devo ancora capirlo. E l’altra cosa che gli dicevo sempre era questa: ora che mi hanno preso, manda a Payao un altro prete che sappia amare la gente di qui. Ero lì, da soli due mesi, improvvisamente mi trovavo prigioniero e non sapevo perché...

La preghiera le dava reale sostegno?

Molto. Ma le assicuro che quando si è in quelle condizioni anche pregare è dura. Anni fa ero stato cappellano in ospedale a Lecco e un giorno chiesi a un malato di pregare per me. Lui mi rispose che quello era il luogo meno indicato per la preghiera.
Una frase che allora non capii ma che in prigionia mi è sembrata lampante: avevo tutto il tempo che volevo per pregare, ma la concentrazione spesso spariva e mille pensieri distraevano il mio rosario, affollavano la mente. Però andavo avanti lo stesso.

Una vicenda così terribile le ha lasciato qualcosa di positivo?

Solo una cosa, ho scoperto quanto davvero Dio sia padre di tutti, almeno nella preghiera: ho pregato con i miei fratelli musulmani.

Intende i rapitori?

Loro. Se tutti pregavamo Dio, non potevamo non essere fratelli. Io lo facevo in silenzio, ma quando vedevano la mia posizione e le mani giunte non mi venivano mai a disturbare.
Spesso dialogavo, chiedevo se secondo loro ci stavamo rivolgendo allo stesso Dio, e loro rimanevano un po’ lì, stupiti. Facevo notare però che loro pregavano con il fucile in mano e che questo non era servire un Dio di pace, finché un giorno mi hanno risposto che

“Allah è nel nostro cuore ma non nel nostro lavoro”.

Una forte contraddizione, ma quanti cristiani nella loro vita fanno scelte incoerenti con il Vangelo?
                                                                      Da
Avvenire, 1º settembre 2007


La violenza dei “ragazzi bene”

Li chiamavamo fino a ieri “ragazzi della società bene”. Ci lasciamo spesso colpire dai ruoli professionali e sociali dei genitori per decidere che etichette dare ai rispettivi figli. È giunta l’ora di smontare i luoghi comuni. I ragazzi non sono piantine da serra che una volta abbeverate e collocate nel salotto sbocciano belle, sane, educate. Crescere un figlio è come montare un puledro. Lui farà di tutto per buttarti giù, per distruggere qualsiasi staccionata.
Non bastano nemmeno l’esperienza, i titoli universitari, il peso sociale. Da qualche tempo è esplosa la violenza anche tra i ragazzi che sembravano protetti. I ragazzi in giacca e cravatta che combinano guai sono sempre di più. Negli ultimi giorni le scazzottate si sono svolte davanti a due discoteche milanesi, altre volte lungo le vie principali, altre ancora nelle aule delle scuole.
I motivi dei disagi dei ragazzi di buona famiglia sono quasi più profondi e sconcertanti di quelli delle famiglie povere e dissestate. Abitare in una bella casa, frequentare i licei più chic pensavamo che preservasse i nostri figli. I quasi 50.000 docenti che anticipano il pensionamento, il 50 per cento delle famiglie con problemi di coppia ci segnalano grossi temporali in vista. Giustifichiamo un po’ di meno le baggianate dei nostri ragazzi e offriamo un po’ più di tempo per parlare, ragionare, testimoniare.

                                             Don Antonio Mazzi, da Famiglia Cristiana, 2007


Supernove misura dell’Universo

Ogni tanto una stella massiccia esplode e per qualche giorno brilla miliardi di volte più del Sole. Questi astri effimeri sono le supernove. Ce ne sono di vari tipi e sono interessanti anche perché un tipo particolare ci offre un metro per misurare l’Universo. Science ha appena pubblicato uno studio su 23 supernove osservate in remote galassie negli ultimi vent’anni.

Si è scoperto che quelle del tipo «1a» hanno la stessa luminosità per via del meccanismo che innesca la loro esplosione: una nana bianca che risucchia materia da un’altra stella, fino a deflagrare. Nota la luminosità, è facile calcolare la distanza della galassia in cui la supernova è apparsa e confrontarla con la velocità di allontanamento della galassia stessa.

Firmano il lavoro su Science anche due astrofisici italiani: Paolo Mazzali e Stefano Benetti. Grazie a questa scoperta abbiamo ora la certezza che l’espansione dell’Universo continua ad accelerare. È il più grande enigma attuale della cosmologia, un indizio dell’esistenza della misteriosa “energia oscura”.

La supernova più famosa dei tempi recenti è la 1987A, apparsa vent’anni fa nella Grande Nube di Magellano, a 160 mila anni luce dalla nostra Via Lattea: rimane la supernova più vicina a noi dal 1600 a oggi e la prima che gli astronomi abbiano potuto studiare con tutti gli strumenti più raffinati al suolo e nello spazio.

Alcuni risultati sono ancora oggi controversi. Qualche neutrino prodotto nell’esplosione fu captato in Giappone, negli Stati Uniti e in un Laboratorio del CNR sotto il Monte Bianco, ma gli istanti di arrivo non coincidono. Come mai? E furono davvero osservate onde gravitazionali?

A Torino hanno provato a rispondere alcuni protagonisti di quelle osservazioni: tra questi Piero Galeotti e Oscar Saavedra per i neutrini e Guido Pizzella per le onde gravitazionali. Il risultato? Le Supernove creano grattacapi, ma sono un formidabile strumento per sondare l’universo.

                                                              Piero Bianucci, da Specchio, marzo 2007


   A cura di MARIO SCUDU
 IMMAGINI:
Benedetto XVI e Padre Giancarlo Bossi
2 GRuppo di giovani davanti ad una vetrina
3  Una supernova

                     RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 11
                
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