LA MEDAGLIA DI SAN BENEDETTO

La devozione della medaglia a croce di San Benedetto nacque nell’XI secolo, in seguito alla miracolosa guarigione del nobile Brunone, che successivamente si fece monaco e divenne papa (San Leone IX). Nel retro reca l’effigie del Santo, che ha la croce nella mano destra e la Regola nella mano sinistra; a destra di lui una coppa da cui fugge una vipera (ricordo del vino avvelenato a cui egli miracolosamente sfuggì); a sinistra un corvo porta via il pane avvelenato. Sotto si leggono le parole:

«Ex S. M. Casino MDCCCLXXX» (Dal Sacro Monte Cassino 1880). Ai due lati
«Crux Sancti Patris Benedicti» (Croce del Santo Padre Benedetto). Attorno all’immagine:
«Eius In Obitu Nostro Praesentia Muniamur» (Ci difenda nella nostra morte con la sua presenza).

Nel verso della Medaglia è rappresentata una Croce, che reca nei vani dei bracci alcune iscrizioni:

CSPB: Crux Sancti Patris Bendicti (Croce del Santo Padre Benedetto)
CSSML: Crux Sacra Sit Mihi Lux (Che la Croce Santa sia la mia luce)
NDSMD: Non Draco Sit Mihi Dux (Che il demonio non sia il mio capo)
VRS: Vade Retro Satana (Allontanati, Satana!)
NSMV: Non Suade Mihi Vana (Non mi persuaderai di cose malvagie)
SMQL: Sunt Mala Quae Libas (Ciò che mi presenti è cattivo)
IVB: Ipse Venea Bibas (Bevi tu stesso i tuoi veleni)

            Preghiera della Croce

Croce del Santo Padre Benedetto. Croce santa, sii mia luce e non sia mai il demonio mio capo. Va’ indietro, Satana, non mi persuaderai mai di cose vane; sono mali le bevande che mi versi, bevi tu stesso il tuo veleno.

            Preghiera di San Benedetto

O Glorioso Padre San Benedetto, che chiamasti con l’esempio tante anime a seguirti nella scuola del servizio di Dio e con la santa Regola donasti al mondo l’orante ed operante coscienza cristiana, volgi il tuo sguardo pietoso su tutti i tuoi devoti e difendili da ogni male, perché vivendo secondo Dio possano ricevere l’eterna ricompensa. Amen.

                                                                             Da Il Timone, 2005


    Il termometro sale, guai in vista

Ormai dubbi non ce ne sono da tempo, ma questa «ultima notizia» del 2005 ne ha fornito un’indiscutibile e forte conferma: il clima sul pianeta Terra sta cambiando, soprattutto a causa delle emissioni di gas di combustione.

La notizia viene dall’Australia, e segnala che l’anno da poco concluso è stato il più caldo mai registrato da quando sono state avviate regolari rilevazioni mensili, e cioè dal 1950. Le temperature sono state superiori di poco più di un grado alla media degli ultimi trent’anni; in alcuni mesi in particolare (specialmente aprile) alcune località australiane hanno fatto registrare temperature superiori da 5 a 10 gradi.

Secondo gli scienziati che hanno esaminato questi dati, il trend è simile in tutto il mondo. Con una sottolineatura allarmante:
le temperature più elevate riguardano anche la superficie marina, e rappresentano un fattore significativo nel provocare cicloni e uragani ora più frequenti che in passato.

                                                        Da Il Messaggero di Sant’Antonio, 2006



Ridere lungo i secoli

Che il sorriso sia un’arte, oltre che un piacere, lo dice la lunga storia della cultura. Dal riso di Sara nella Bibbia davanti ai tre angeli, alle raffigurazioni egizie e poi a quelle etrusche e a quelle greche – il «sorriso olimpico» delle divinità – dalle «risate omeriche», cioè possenti, dei poemi omonimi fin al ridere surreale delle commedie di Aristofane o, nel mondo latino, di Plauto.

Nel Medioevo cristiano il riso viene quasi istituzionalizzato nel «risus paschalis» della liturgia, che poi comporta l’espressione nelle «sacre rappresentazioni» sul sagrato delle chiese, a cui si affianca ben presto il teatro di argomento profano. Nel campo figurativo, il Medioevo alterna immagini di Christus patiens ai sorrisi luminosi di tutta l’arte gotica, nelle sculture e nelle vetrate, segno paradisiaco, di cui è vasta eco nel Paradiso dantesco, dove il sorriso dei beati è segno di un aumento di gioia divina.


Più vario, invece, l’umorismo nei romanzi medievali o nella novellistica dove al sorriso cavalleresco si alterna quello sboccato del popolino: se ne troverà eco nel Morgante, caricatura del poema cavalleresco, di Pulci nel Quattrocento e nel Gargantua e Pantagruel di Rabelais.
Il Barocco è epoca teatrale: dai lavori scespiriani ai poemi eroicomici italiani all’ironia di Cervantes o di Molière l’umorismo si fa arte sottile, con risvolti sociali. Più sorridente, e innocuo, invece il sorriso di Goldoni, indulgente sui difetti dell’umanità, in linea con l’opera lirica di tradizione buffa, che alterna la comicità greve al sereno sorriso di capolavori di Cimarosa o di Mozart, per poi esplodere con un riso universale nei lavori di Rossini.

Mentre il serioso Beethoven sa sorridere anche lui nella Ottava Sinfonia, così come in pittura Goya alterna dramma a pittoresco a ilarità popolaresca. Ride poco l’Ottocento romantico, ma a fine secolo la spensieratezza della Belle Époque trova sofisticate ilarità nei teatri parigini, mentre gli Arlecchini di Picasso, di maschera dell’arte, diventano sul primo Novecento segni inquieti. Ma la voglia del sorriso perdura: restando da noi, la comicità surreale di Totò o quella più sofisticata di Peppino De Filippo continuano a mietere allori, mentre oggi la tv non sa più cosa inventarsi per far ridere o almeno sorridere.
                                                                    
M.D.B. / Da Città Nuova


IMMAGINI:
 La lapide a cui fa riferimento la medaglia di San Benedetto.
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Le due facce della medaglia di San Benedetto.
3  Foto da Città Nuova / Saper vedere il lato comico dell’esistenza è una sicura terapia contro il male odierno della noia.


  RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 7
  
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