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Don Bosco e il Rosario

Nel 1848 il marchese Rober- to d’Azeglio, amico personale di Carlo Alberto, senatore del Regno di Sardegna ed uno degli uomini più in vista della Torino che contava, onorò l’Oratorio di Don Bosco di una sua visita a Valdocco. Don Bosco lo accompagnò a visitare tutta la casa, vide i ragazzi che giocavano allegramente e li osservò anche mentre pregavano in chiesa. Il marchese espresse la sua viva compiacenza per quello che aveva visto, ma con una riserva. Definì tempo perduto quello occupato a recitare il Rosario. “Lasci, gli disse, di far recitare ai ragazzi quell’anticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo l’altra”.
Don Bosco lo guardò e gli rispose: “Ebbene, io ci tengo molto a tale pratica; e su questa potrei dire
che è fondata la mia istituzione; sarei disposto a lasciare tante altre cose pure importanti, ma non questa”.
E poi con il suo abituale coraggio, soggiunse: “Anche se fosse necessario, sarei disposto a rinunciare alla sua preziosa amicizia, ma mai alla recita del Santo Rosario”.



Dante e noi

I poeti a che servono? A far risentire a tutti che la vita è un evento irriducibile...
Un’epifania. Come nell’innamoramento. Dante fa sentire che ognuno di noi, anche se i suoi giorni e notti non appaiono eccezionali a nessuno, è protagonista di un dramma epico insostituibile, unico. Ti fa sentire che ognuno di noi è qui per complicare e completare l’affresco. E c’è anche l’impressione che c’è Qualcuno che ti guarda continuamente, sempre, perché ti vuole bene. Che tutto lavora per qualcosa. Addirittura ti fa sentire che nessuno è così strano da non poter essere capito.
Siamo tutti meno estranei e meno nemici, dopo. Il mondo è meno estraneo. Oggi invece si tende a semplificare, a banalizzare questa fame di grandezza, a buttar via nella vita ciò che è grande, magari con la scusa che è difficile...

Ma è così bella la difficoltà, beata... È una benedizione del cielo che tu non sappia come fare, perché diventi uomo, scopri il mondo, la vita, scopri che sei vivo. Se prendi una pasticca per eliminare questo, è desertificare l’emozione, non sei più vivo.
Peggio degli ignavi, è un girone nuovo: quelli che non hanno voluto vivere. Non solo non hanno vissuto, ma dicono: “Non mi interessa di vivere”. Questi ignavi qui Dante non li conosceva.
(Roberto Benigni intervistato da Davide Rondoni, 9 settembre).
                                                     Da Avvenire, 2008



Pio XII guarito da Padre Pio

È noto che Padre Pio da Pietrelcina desiderava letteralmente prendere su di sé le sofferenze di quanti gli si rivolgevano con fiducia per chiedergli aiuto. In qualche modo, voleva “pagare” lui al posto degli altri.

Un esempio: nell’inverno 1953-54, Papa Pio XII si ammalò gravemente. La sorella contattò Padre Pio comunicandogli la sua profonda ansia per la salute del fratello e chiedendo fervide preghiere per il Pontefice e per la Chiesa. Padre Pio assicurò la sua preghiera, promettendo di offrire se stesso come vittima al Signore per ottenere la guarigione del Vicario di Cristo. Nella Positio del processo di beatificazione e canonizzazione del famoso frate si legge che il Papa guarì improvvisamente e, venuto a conoscenza dell’eroica offerta di Padre Pio, nonché delle suppliche elevate al cielo insieme con i suoi figli spirituali, gli fece giungere una lettera di ringraziamento, convinto di aver ricevuto una grazia proprio in seguito alla sua intercessione.
                                                                          Da Il Timone, n. 1, 2008


Crescita dei Cristiani
Quanti erano i cristiani nei primi secoli di vita della Chiesa? Il sociologo Rodney Stark, nel suo Ascesa e

 

 

 

 

 

 

 

 

 

affermazione del cristianesimo (Lindau, 2007), utilizzando dati forniti da diversi storici della Chiesa, ci offre il quadro seguente: mille cristiani presenti nell’anno 40, 1.400 dieci anni dopo, 7.530 nell’anno 100, 40.496 dopo un altro mezzo secolo, 217.795 nell’anno 200, 1.171.356 nel 250, 6.299.832 nell’anno 300 e infine, nel periodo in cui avvenne la conversione dell’imperatore Costantino e la religione cattolica poté essere professata pubblicamente, fra il 300 e il 350, i cristiani sarebbero diventati 33.882.008.

Questa crescita è stata calcolata secondo un tasso di incremento costante del 40%, che diminuirà dopo il 350, quando i cristiani continueranno a crescere di numero fino a diventare la maggioranza della popolazione, ma in una percentuale ovviamente sempre più bassa. Nel clima della nuova evangelizzazione in cui ci chiama a vivere il Pontefice in questo inizio di terzo millennio, forse può essere confortante ricordare, con Stark, “che l’ascesa del cristianesimo e la percentuale di persone convertite alla nuova fede non siano state un miracolo”. Non un miracolo, anche se miracoli ce ne furono, ma un’opera divina passata attraverso il sacrificio e la costanza dei primi cristiani.
                                                                                             Da Il Timone, 2008

La nuova voglia islamica di dialogare con ebrei e cristiani
L’adesione dell’Associazione “Intellettuali musulmani italiani” all’iniziativa La Bibbia giorno e notte, che è andata in onda su Raiuno e Rai-Educational dal 5 all’11 ottobre, è una novità assoluta dal punto di vista islamico.
Ovviamente l’iniziativa è cattolica ed è stata inaugurata da Benedetto XVI, che ha letto il primo capitolo della Genesi, ma nello stesso tempo il progetto ha una dimensione ecumenica e interreligiosa, con l’adesione della Comunità ebraica, delle Chiese evangeliche e dell’arcidiocesi ortodossa d’Italia.
Questa “maratona sacra”, che ha coinvolto 1.200 lettori, fa ricordare una tradizione islamica ancora praticata, si chiama khatm al-qurân, la lettura ciclica del Corano, vale a dire leggere tutto il Corano periodicamente, di solito in un mese. La lettura stessa del testo sacro, infatti, è considerata un atto di adorazione. Il Corano menziona i libri sacri rivelati prima di esso, particolarmente la Torah, i Salmi, il Vangelo, indicando il loro valore spirituale, chiamandoli “guida e luce”. Il Corano (5: 44, 46), chiedendo agli ebrei e ai cristiani d’essere fedeli alle loro rivelazioni, afferma: “Dì: O genti della Scrittura, siete sul nulla finché non mettete in pratica la Torah e il Vangelo e ciò che è sceso su di voi da parte del vostro Signore” (5: 68).
Questa apertura verso il patrimonio abramitico e le sue Scritture è stata purtroppo trascurata lungo i secoli, lasciando lo spazio a un tono più aspro e polemico, facendo prevalere la teoria dell’alterazione. È il solito discorso identitario che sottolinea, e talvolta gonfia, le differenze e neglige, se non nega, la base comune. Ricuperare il dialogo nella sua dimensione biblica significherebbe riconsiderare la nostra parentela spirituale, partendo dalla semplice lettura comune per andare poi verso orizzonti più ampi: l’ermeneutica, l’esegesi e la condivisione delle nostre esperienze in questo campo difficile ma necessario, evitando così le letture parziali e pericolose che servono solo a giustificare le violenze e gli integralismi.
Di questo sono coscienti i dirigenti dell’Associazione islamica: “Siamo lieti di partecipare a un momento di grande importanza religiosa e civile, assieme ai nostri fratelli cristiani ed ebrei”, ha dichiarato il professor Ahmad Giampiero Vincenzo, presidente dell’associazione e già coordinatore del Dipartimento interreligioso del Gruppo Misto al Senato. Ed ha aggiunto: “È un’iniziativa che torna a fare di Roma il punto di riferimento per l’intera famiglia religiosa di Abramo”. “Credere nei profeti della Bibbia è un articolo di fede anche per i musulmani”, conclude il professore della Johns Hopkins University, Karim Mezran, vicepresidente dell’associazione.
In questa voglia islamica di partecipare, insomma, sta un significato simbolico di presenza attiva e di testimonianza positiva, un atto di appartenenza alla famiglia di Abramo e al patrimonio giudeo-cristiano-islamico. (Di Adnane Mokrani giornalista, teologo musulmano e docente all’Università Gregoriana).
Da Jesus, settembre 2008


                                                                                                               A cura di MARIO SCUDU - scudum@tiscali.it

BEATO FRANCESCO FAA' DI BRUNO

Ricorrono i 121 anni dalla morte del Beato Faà di Bruno e i 21 anni dalla sua beatificazione.
Appartenente a nobile famiglia di Marchesi alessandrini, nacque ad Alessandria il 29 marzo del 1825, ultimo di 12 figli e ricevette una formazione di prim’ordine che lo portò alla carriera militare. Combattente nella prima guerra d’Indipendenza, fu capitano nella battaglia di Novara, dove fu decorato per competenza e coraggio. Studiò nel collegio dei Somaschi, poi all’Accademia Militare di Torino ed infine ottenne la laurea in scienze matematiche alla Sorbona di Parigi. Re Vittorio Emanuele II lo volle come precettore dei suoi figli.

A 28 anni inizia un’intensa opera di carità sociale che lo vedrà impegnato in decine di opere a favore del mondo femminile emarginato.

Fonda una casa di accoglienza per le “serve” cacciate dalle famiglie perché incinte; un ricovero per le donne colpite da malformazioni fisiche o mentali; una accoglienza per ragazze madri e prostitute; varie attività (tipografia, lavatoio, scuole, biblioteche, ecc.), gestite da ragazze bisognose. Nel 1864, per ricordare i molti giovani che aveva visto morire in battaglia, costruisce la chiesa “Madonna del Suffragio”, nel quartiere di San Donato, il cui campanile di 80 metri, da lui progettato diventa il simbolo della Torino cattolica (attualmente è la costruzione più alta di Torino in muratura, in quanto l’ultima parte della Mole Antonelliana è stata ricostruita, dopo il crollo, in ferro). Nel 1881 fondò la Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio per dare continuità alla sua opera.
Come scienziato fu professore straordinario all’Università di Torino, inventò il barometro differenziale a mercurio, l’ellipsigrafo, uno scrittoio per ciechi ecc. e fu autore di numerose pubblicazioni scientifiche a livello europeo.

Don Bosco gli suggerì il cammino verso gli ordini sacri e nel 1876, a 51 anni diventa sacerdote a Roma. Morì a Torino il 27 marzo del 1888. Fu beatificato in San Pietro, nel 1988 dal Papa Giovanni Paolo II.
                                                                                                      
 Angelo Siro 


 IMMAGINI:
1  L'attore e regista Roberto Benigni durante il tour 'Tutto Dante'
2  San Padre Pio da Pietrelcina
2b  I grandi viaggi missionari di San Paolo:
Primo viaggio (anni 45-48) - rosso
Secondo viaggio (50-52 - verde
Terzo viaggio (53-58) - violaceo
Viaggio verso Roma - blu
3  Don Bosco e l'ufficiale Francesco Faà di Bruno che gli serve la Messa
4  Il campanile progettato interamente dal Faà di Bruno, presso la Casa Madre di Torino-San Donato

         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2009-2
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