Il Rosario:
una bella e dolce "anticaglia"
Lepisodio è
noto. I personaggi pure. Da una parte Don Bosco, dallaltra
il marchese Roberto DAzeglio, senatore del Regno di Sardegna
e amico del Re Carlo Alberto. Un uomo insomma che a Torino contava
molto... in tutti i sensi. E in mezzo? Il Rosario.
Il senatore
aveva fatto una visita allOratorio di Valdocco. Gli onori
di casa li fece lo stesso Don Bosco che gentilmente lo accompagnò
nella visita. Il marchese vide i ragazzi che giocavano allegramente
e li osservò anche mentre pregavano in chiesa. Espresse
la sua viva compiacenza per quello che aveva visto, ma solo con
una riserva. Definì tempo perduto quello occupato a recitare
il Rosario. Lasci, gli disse, di far recitare ai ragazzi
quellanticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo laltra.
Don Bosco lo guardò e gli rispose: Ebbene, io ci
tengo molto a tale pratica; e su questa potrei dire che è
fondata la mia istituzione; sarei disposto a lasciare tante altre
cose pure importanti, ma non questa.
E poi con il suo abituale coraggio, soggiunse: Anche, se
fosse necessario, sarei disposto a rinunziare alla sua preziosa
amicizia, ma mai alla recita del S. Rosario.
Lamicizia
si interruppe... ma la pratica del Rosario è continuata
... fino a oggi.
Ma allora cosè
il Rosario, se per Don Bosco aveva molta più importanza
dellamicizia di un suo illustre benefattore? I papi ne
hanno sempre ribadito limportanza nella vita della Chiesa.
Paolo VI ha
scritto che lo scopo ultimo del culto alla beata Vergine Maria
(quindi anche del Rosario) è di glorificare Dio e di impegnare
i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà.
Pio XII lo ha definito il compendio di tutto il Vangelo.
Quindi recitare
questa preghiera mariana, proprio nella metodologia ripetitiva
dellAve Maria, è ritornare al Vangelo
e al suo centro, Gesù Cristo. È cioè riflettere
e pregare, meditare e contemplare ciò che Lui ha fatto
per noi. È richiamare alla nostra vita i misteri dellincarnazione
di Cristo per la nostra salvezza.
In altre parole
siamo portati, attraverso la preghiera, a pensare allamore
di Cristo per noi e a impostare, giorno dopo giorno, la nostra
vita sul suo esempio. Questo lo facciamo chiedendo laiuto
a Maria, Madre di Gesù e nostra. È quindi una preghiera
mariana cristocentrica.
Tutto valido
anche oggi? La risposta è di Giovanni Paolo II: «Il
Rosario della Vergine Maria... rimane, anche in questo Terzo
Millennio... una preghiera di grande significato, destinata a
portare frutti di santità. Non ha perso nulla della freschezza
delle origini... per ridire, anzi gridare Cristo
al mondo come Signore e Salvatore, come la via, la verità
e la vita».
Tutte cose
di cui anche noi, cristiani di oggi, moderni o post moderni,
giovani o meno giovani, abbiamo bisogno, per continuare ad essere
positivi e propositivi nel nostro mondo ricco di tecnologia e
di benessere ma spesso povero di anima e di ideali.
Mario SCUDU sdb
Il Rosario?
Sì, grazie
Il Card. A.
Ballestrero (1913-1998), da semplice carmelitano si chiamava
Anastasio del Santo Rosario. La prima volta che fu ricevuto in
udienza da Giovanni XXIII, questi gli disse: Lei si chiama
Anastasio del Santo Rosario. Ma lo dice il rosario?. Certo
che lo dico. Quante poste dice?. Tutte
e quindici. Tutti i giorni?. Sì.
Bravo, anchio faccio lo stesso, anche adesso che
sono Papa e quando qualcuno mi chiede quando trovo il tempo,
dico a tutti che basta volere e il tempo cè sempre.
PREGHIRA
DI SAN BERNARDO
Vergine Madre,
figlia del tuo figlio,
umile ed alta più che creatura,
termine fisso deterno consiglio,
tu se colei che lumana natura
nobilitasti sì, che l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese lamore
per lo cui canto nelleterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se a noi meridiana face
di caritate; e giuso, intra i mortali,
sè di speranza fontana vivace.
Donna, se tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanzali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi dimanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te saduna
quantunque in creatura e di bontate.
Dante Alighieri,
Paradiso canto XXXII