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    25 Dicembre  - Festa del Natale di Gesù Cristo :
        IL NATALE: l'Amore e la Fatica di Dio

Nel canto natalizio “Tu scendi dalle stelle” di Sant’Alfonso, mi ha sempre impressionato l’espressione “Ah! Quanto ti costò l’avermi amato”, ripetuto due volte, perché potessimo memorizzarne il messaggio. Le parole sono rivolte a quel Bambino, che noi crediamo il Figlio di Dio incarnato in mezzo a noi.

Il contenuto è chiaro: l’amore ha un costo, l’amore vero costa sofferenza, costa fatica, e Cristo ha pagato a caro prezzo il suo amore per noi. Sì, perché la contemplazione di quel Bambino non deve fermarsi alla Grotta di Betlemme (rischiando il sentimentalismo) ma deve includere anche la tappa definitiva del Calvario a Gerusalemme.

E proprio sul quel monte l’amore di Cristo per l’umanità ha pagato il prezzo più alto. Proprio in quel momento abbiamo la dimostrazione di quanto siamo costati. Quanta fatica, fatta per amore, ha sopportato Dio per la nostra salvezza, attraverso quel Figlio in croce.

Dio ci ha tanto amato da affrontare questa fatica per noi. E noi? Abbiamo il coraggio di fare qualche piccolo sforzo per Dio per aiutarlo a salvarci? San Bernardo ci ricorda: “Non domandare, uomo, che cosa soffri tu, ma che cosa ha sofferto lui... Riconosci quanto tu vali per lui e capirai la sua bontà attraverso la sua umanità” attraverso la sua fatica affrontata per amore di noi, di ciascuno di noi.
Nel mondo moderno, iper tecnologico, la parola fatica o sforzo non godono piena accoglienza.

Ho sempre pensato al telecomando, che spesso nelle famiglie è fonte di baruffe. Telecomando significa comando a distanza, senza la fatica di alzarsi dalla propria sedia e cambiare canale televisivo o qualcos’altro. Un’azione, un “lavoro” raggiunto senza sprecare energie, senza una vera fatica. Massimo risultato con sforzo quasi nullo.

E Dio? Dio creatore mediante il suo semplice pensare e volere non ha forse creato tutto l’universo compreso l’uomo? Per salvarci poteva farlo usando il suo “telecomando” onnipotente, cioè la sua volontà? Poteva farlo, una parola sarebbe stata sufficiente.

Ci ha salvato invece nella debolezza dell’incarnazione, nel camminare sulle strade polverose di questo nostro mondo, nel convivere con noi uomini... che sappiamo dalla lettura dei Vangeli è stata molto difficile.

Un Cristo “debole”, insomma, che ha condiviso la fatica del vivere e del morire dell’uomo debole, di ogni uomo. Dio in Gesù Cristo ci ha salvato, certo per amore, ma accettando la fatica che quell’amore comportava. Gli siamo costati molto, è stato un amore a caro prezzo. Siamo noi, solo noi, la “fatica di Dio” la sua sofferenza, il suo lavoro più duro.

F. Nietzsche ha detto che l’amore di Dio per l’uomo è il suo inferno, cioè la sua sofferenza. L’uomo, io, tu, non certo gli angeli. La contemplazione del Bambino deve portarci anche a queste riflessioni, che poi dovranno tradursi in azioni positive per Dio e per il prossimo, nell’amore e nella fatica.

                                                                                                        MARIO SCUDU sdb


Venne Dio nella carne
per rivelarsi anche agli uomini che sono di carne
e perché fosse riconosciuta la sua bontà manifestandosi nell’umanità.
Manifestandosi Dio nell’uomo non più esserne nascosta la bontà...
Nulla mostra maggiormente la sua misericordia
che l’aver assunto Egli la nostra stessa miseria...
Non domandare,
uomo che cosa soffri tu,
ma che cosa ha sofferto Lui...                     
San Bernardo di Chiaravalle

Tu scendi dalle stelle...

Tu scendi dalle stelle o Re del cielo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo.

O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar.
O Dio beato!
Ah! Quanto ti costò l’avermi amato.
Ah! Quanto ti costò l’avermi amato.

A te che sei del mondo il Creatore,
mancano i panni e il fuoco, o mio Signore.
Mancano i panni e il fuoco, o mio Signore.
Caro eletto pargoletto,
quanta questa povertà più mi innamora,
giacché ti fece amor povero ancora.

Dunque a morir per me tu pensi, o Dio,
e ch’altro amar fuori di te poss’io?
O Maria, speranza mia,
s’io poc’amo il tuo Gesù, non ti sdegnare,
amalo tu per me, s’io nol so amare.

                                         Sant’Alfonso Maria de’ Liguori


Cristo è suo Figlio

“Cristo è suo figlio,
carne della sua carne
e frutto delle sue viscere.
Ella lo ha portato per nove mesi
e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio.
Ella sente insieme che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli è Dio.
Ella lo guarda e pensa:
«Questo Dio è mio figlio. Egli mi assomiglia. È Dio e mi assomiglia!».
Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola.
Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci,
un Dio tutto caldo che sorride e respira,
un Dio che si può toccare e vive”.

Jean Paul Sartre,
da Bariona
o Il figlio del tuono,
scritto durante la prigionia a Treviri, Germania 1940


         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2010 - 8  
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