1 -
Io con voi mi trovo bene
Non ci stiamo
abituando troppo velocemente alle notizie riguardanti la violenza
dei giovani? Agli episodi di bullismo nelle scuole (dalle statistiche,
un problema di una scuola su tre), ai pestaggi nelle strade,
agli atti di vandalismo negli stadi, agli accoltellamenti tra
adolescenti a scopo di estorsione? Purtroppo, pare di sì.
I giovani sono
molto recettivi verso tutto ciò che sa di novità
e di gadget tecnologici, quali... Lasciamo stare,
lelenco sarebbe lungo. Li vediamo per strada, sempre connessi
al cellulare, o a mandare SMS, o con gli auricolari innestati,
e una volta a casa, è la volta di internet, delle chat,
delle e-mail, dei social network, dei video messaggi, della webmusic,
o delle webnews. Connessi con tutto, ma non con se stessi,
titolava un giornale.
Molto bello
e di attualità. Ma non sarebbe meglio, ogni tanto, staccare
la spina da questi onnipresenti gadget elettronici, diventati
i veri idoli moderni, e ritagliarsi un po di silenzio per
accogliere lantico invito di Socrate Conosci te stesso?
Soltanto nel silenzio si può andare al fondo di se stessi,
ascoltare il proprio io profondo che pone, oggi come ieri, le
eterne domande Chi sono io? Da dove vengo? Dove vado? A
chi appartengo? Da cosa posso essere salvato?.
Non cè
vera educazione dei giovani se non li si introduce alla realtà,
a tutta la realtà (bella o brutta, come lamore e
la morte), alla realtà di se stessi (compresi i limiti
umani e le eventuali frustrazioni), alla realtà degli
altri (talora veri ostacoli per noi), delluniverso (di
cui dovremmo aver cura come casa nostra), di Dio (che non sceglierà
di parlarci direttamente).
E perché i giovani si pongano questi interrogativi esistenziali,
hanno bisogno del coraggio del silenzio per se stessi,
e di veri educatori che, nel dialogo paziente, si sforzino di
educare a queste domande così fondamentali
per la loro identità in formazione.
Come faceva
Don Bosco, che affermava: Io con voi mi trovo bene. È
proprio la mia vita stare con voi. Don Bosco si trovava
bene con i ragazzi e siamo sicuri anchessi con lui. Per
questo motivo la Chiesa lha proclamato Padre e Maestro
della gioventù. Ecco le due realtà di cui
hanno bisogno per essere educati e per poter maturare un progetto
di vita socialmente utile.
Don Bosco ricorreva
alla cosiddetta Parolina nellorecchio (e più
ancora nel sacramento della Riconciliazione) per far arrivare
un messaggio personalizzato a qualche suo allievo. E quella parola
veniva da un padre che li amava (e i ragazzi percepivano questo
amore serio per loro) e perciò arrivava al profondo del
cuore. Alla sera, poi, cera il rito della Buona Notte
per tutti: un momento privilegiato per la formazione morale e
spirituale collettiva, per interpretare educativamente episodi,
avvenimenti della giornata, notizie arrivate, progetti futuri
o per raccontare qualche suo sogno. Era insomma il Maestro che
educava e li educava perché li amava. Non li istruiva
soltanto. Anche i giovani di oggi hanno bisogno di padri e maestri.
La figura di Don Bosco ci può dare qualche suggerimento.
Mario Scudu sdb
Ho promesso
a Dio che fino lultimo mio respiro sarebbe stato per i
miei poveri giovani.
Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono
anche disposta a dare la vita.
Fate conto che quanto io sono, sono tutto per voi, giorno e notte,
mattina e sera, in qualunque momento. - Don Bosco
A San Giovanni Bosco
Amorevolezza
Vorrei che mi insegnassi ad amare, Signore.
Semplicemente ad amare.
Per questo sono pronto ad offrirti il mio cuore.
Prendilo con te, perché impari a vivere.
Amare là
dove mi trovo.
Amare coloro con i quali mi trovo.
Un amore vero
che sia lespressione del mio cuore.
Un amore che io possa donare senza secondi fini.
Un amore umano, franco e generoso, maturato nel mio cuore, sotto
la tua guida!
Per questo
ti affido il mio cuore, Signore:
educalo bene,
fagli conoscere tutte le dimensioni della sua missione.
Signore, ti dono il mio cuore per questi grandi ideali.
Da
D. Federspiel,
Pregare con Don Bosco,
Editrice Elledici
2 -
NEGLI ORATORI SI VIVE L'ACCOGLIENZA
Oltre 50
etnie presenti
Prima si chiamavano Antonio,
Giuseppe, Michele e Andrea; oggi i nomi più diffusi sono
Adrian, Hammed, Miguel e Gerard, ma per la pastorale giovanile
salesiana la sostanza è rimasta la stessa. Loratorio
infatti così come ai tempi di Don Bosco
continua a caratterizzarsi come luogo di accoglienza con la A
maiuscola, uno spazio dove le differenze di ceto, religione e
provenienza diventano una forza e non un problema. Per questo,
a dieci anni dalla nascita dellAGS (Associazione Giovanile
Salesiana), si è voluto approfondire la questione, riflettendo
sui progetti di pastorale giovanile, in un convegno dal titolo
Dieci anni sul territorio con i ragazzi di Don Bosco...
dalla strada al cortile a/r: dieci anni di costante impegno
accanto ai ragazzi, sviluppando progetti specifici e specializzanti
dedicati alleducazione degli adulti di domani.
Dare di più a chi ha avuto di meno è
una frase storica del fondatore dei salesiani, motto che è
risuonato nella sala gremita di educatori convenuti dai 25 oratori
piemontesi: laici e sacerdoti insieme per riflettere del fenomeno
dellimmigrazione, per approfondire i temi sociali e le
prospettive generazionali future.
Aiutare
a diventare persone
La Torino del 2010 si
mostra cambiata, così come del resto sono cambiati i giovani
frequentatori degli oratori ha spiegato Rosita de Luigi,
docente universitaria, alla quale si deve una ricerca sul fenomeno
dellimmigrazione e dei suoi intrecci educativi sul territorio
. Oggi sono ormai più di 50 le etnie presenti nei
cortili salesiani: primi tra tutti, i giovani marocchini, seguiti
da albanesi, romeni, filippini e brasiliani e via via, le altre
nazionalità di tutti i continenti. Una diversificazione
ha proseguito che deve sostenere le équipe
educative ad un serio efficace e creativo dinamismo di pensiero
pedagogico e di interventi educativi, orientati a valorizzare
unesperienza quotidiana che può e deve divenire
significativa per ogni ragazzo.
In oratorio per giocare, ma
non solo: il convegno è stato anche motivo per riflettere
sul progetto salesiano rivolto ai giovani. Siamo convinti
è il pensiero di don Alberto Martelli, delegato
di Pastorale Giovanile e presidente AGS per il territorio
che la «cifra» del nostro stare con i ragazzi, e
soprattutto quelli in difficoltà, sarà quella di
garantire anche a loro lopportunità delleducazione;
uneducazione che si traduce nellaiutare ciascuno
a diventare pienamente persona attraverso lemergere della
coscienza, lo sviluppo dellintelligenza, la comprensione
del proprio destino.
La nostra forza: il lavoro di rete
La nostra forza continua
ad essere il lavoro di rete ha spiegato don Stefano Martoglio,
Superiore dei Salesiani per il Piemonte, Valle dAosta e
Lituania portando avanti un pensiero condiviso che non
significa omologazione. E lo ha detto rivolgendosi idealmente
alle 36 parrocchie, ai 25 oratori, alle numerose scuole di ogni
ordine e grado, ai 10 centri di formazione professionale, alle
università, ad una casa editrice, due radio, una Comunità
per minori, centri diurni e aggregativi, riviste e associazioni,
che rappresentano la fotografia della presenza dei
salesiani in Piemonte. Presenza che cerca da sempre il
dialogo e le alleanze racconta don Domenico Ricca, presidente
SCS-CNOS e cappellano del «Ferrante Aporti»
rappresentati dai servizi sociali, dallUfficio Pio della
Compagnia di San Paolo, dalle Circoscrizioni cittadine e in particolare
dai tanti educatori professionali, la forza dei salesiani oggi,
i laici impegnati che Don Bosco aveva già previsto come
reali costruttori della Chiesa moderna, per fare dei giovani
«buoni cristiani e onesti cittadini».
Maurizio
Versaci
versaci.rivista@ausiliatrice.net
3 -SAREBBE
QUESTA LA CHIESA?
La giovane ed elegante signora
si ferma interdetta sulla soglia dellaula catechistica.
La bimba che tiene per mano è così perfetta da
sembrare finta. Mia figlia vuole fare la Prima Comunione
esordisce . Mi hanno mandata qui. Sarebbe questa
la chiesa?, aggiunge con aria disgustata. Mi chiedo se
la distinta signora abbia mai visto una chiesa e con tono leggermente
polemico (lo ammetto), rispondo che le chiese hanno unaltra
struttura, altre dimensioni e, soprattutto, sono riconoscibili
dallesterno. Questi dove ci troviamo sono soltanto i locali
della parrocchia. La rassicuro che, comunque, è venuta
nel posto giusto.
Poi, le spiego il percorso catechistico che i bambini compiono
in preparazione alla Prima Comunione, dalla seconda alla quarta
elementare: incontri gioiosi, in cui si alternano momenti di
studio e di svago, dialoghi, discussioni e ascolto della Parola
di Dio, con la graduale presa di coscienza di appartenere alla
grande comunità della Chiesa, che non è soltanto
un edificio di mattoni... La giovane madre mi interrompe, quasi
terrorizzata: Ma come, tuuuutto questo tempo soltanto per
una Comunione? Pensavo bastasse parlare un po con il parroco,
magari fare unofferta. Questi poveri bambini sono stravolti
dagli impegni: la scuola, la danza, le lezioni di musica, la
ginnastica correttiva. Dove trovano il tempo per il catechismo?.
Ricomincio il discorso, spiegando che la preparazione catechistica
non è unaggiunta o unalternativa alla scuola
e ad altri percorsi più o meno culturali, ma un crescere
insieme nella fede, in un clima di amicizia e di collaborazione.
Inutile. Lelegante signora riprende la tiritera degli impegni
scolastici ed extra, concludendo: Insomma, a me il tempo
dedicato al catechismo sembra proprio sprecato!. Sto per
invitarla ad un ripensamento, dirottandola al parroco, quando
la bambina, rimasta assorta e silenziosa durante il nostro colloquio,
spiazza entrambe: Mamma, non è sprecato il tempo
che si passa a conoscere Gesù: io lo voglio fare!.
La giovane, elegante signora tace: ha esaurito gli argomenti.
E io constato ancora una volta loriginalità di Dio,
che continua a tenere nascoste le grandi verità ai sapienti
e le rivela ai piccoli, ai semplici. Proprio quelli ai quali
dobbiamo sforzarci di somigliare, se vogliamo entrare nel Regno
dei Cieli.