|  HOME | HOME PAGE-ITA | FORMAZIONE CRISTIANA  | FORMAZIONE MARIANA | INFO SALESIANI DB VALDOCCO|


   ESEMPI - PENSIERI - ESPERIENZE - PREGHIERE ...

1 - L'Abitino di san Domenico Savio
        Preghiamo per VALENTINA


“L’«abitino» che San Domenico Savio...

.... mise al collo di sua madre, per salvare lei e la sorellina che stava per nascere, continua ancor oggi la sua efficacia in favore delle mamme e dei bambini”. Così scrivevamo sul numero scorso, certi che l’«abitino» “non è un amuleto”, ma anche che “asciuga le lacrime di tante madri in pena e porta il sorriso, il conforto, la benedizione e la speranza in tante famiglie”.

Una conferma è la lettera inviata da Valentina (omettiamo altri dati che potrebbero identificarla).

«Condivido uno scambio di riflessioni e un pezzettino della mia vita, che in questi giorni si è intrecciata casualmente con la storia di San Domenico Savio. Sono una ragazza di 27 anni, alle prese con la prima gravidanza. Alla mia bimba in arrivo, ieri è stato diagnosticato un intestino iperecogeno, molto spesso associato a gravi patologie (tra queste, la fibrosi cistica). La notizia è arrivata come un macigno.

La mia ginecologa ha prescritto con urgenza un’amniocentesi, tecnica invasiva che permette di conoscere eventuali problemi genetici. Questo, però, a rischio della bimba: in una minima percentuale di casi, si verifica l’aborto spontaneo. Ho passato la giornata tra le lacrime e il dolore di mettere al mondo una bimba che possa soffrire. Ho cercato su internet quali sono le conseguenze di queste malattie e per caso, mi è comparsa una “pagina” sul­l’«abitino» di San Domenico Savio e la «preghiera della mamma in attesa», che vi riporto.

“Signore Gesù, ti prego con amore per questa dolce speranza che racchiudo nel mio seno. Mi hai concesso l’immenso dono di una piccola vita vivente nella mia vita: ti ringrazio umilmente per avermi scelta strumento del tuo amore. In questa soave attesa aiutami a vivere in continuo abbandono alla tua volontà. Concedimi un cuore di mamma puro, forte, generoso. A te offro le preoccupazioni per l’avvenire: ansie, timori, desideri per la creaturina che ancora non conosco. Fa’ che nasca sana nel corpo, allontana da lei ogni male fisico e ogni pericolo per l’anima.

Tu, Maria, che conoscesti le ineffabili gioie di una maternità santa, dammi un cuore capace di trasmettere una fede viva e ardente. Santifica la mia santa attesa, benedici questa mia lieta speranza, fa’ che il frutto del mio seno germogli in virtù e santità per opera tua e del tuo Figlio divino”.

Questa mattina ho disdetto l’amniocentesi. Non voglio bucare la mia pancia per “controllare” come sta crescendo la mia bambina. Non voglio più essere ossessionata dall’esigenza di controlli che i dottori definiscono “diagnosi prenatale”. Non voglio “selezionare” la mia bimba solo perché può essere down o avere una malattia. Ho deciso che comunque vada, le vorrò bene: mi si è calmato il cuore e alleviata la tristezza. Non potrei mai eseguire un aborto terapeutico. Forse mi ha aiutato quella preghiera e la storia di quel Santo che ha salvato la sua mamma e che dicono essere il protettore delle gestanti e dei bimbi in arrivo.

Vi ho scritto perché ho visto che in basilica c’è un altare dedicato al santo. Vi chiedo una preghiera per la mia bimba, perché nonostante tutto nasca sana».

Assicuriamo Valentina (che ringraziamo per la scelta coraggiosa e la testimonianza di cui ci ha fatto dono) e tutte le mamme in attesa che in basilica continueremo a pregare per loro, invocando l’intercessione di Maria Ausiliatrice e di San Domenico Savio. Non solo: chiediamo ai lettori di unirsi con la loro preghiera personale. Come cristiani, siamo famiglia, e le gioie e le speranze, le difficoltà e le sofferenze di uno, sono la gioia e la sofferenza di tutti.

Nello stesso tempo, invitiamo i lettori, e in particolare le mamme, ad inviarci testimonianze e foto dei loro bambini, che hanno affidato a San Domenico Savio (cercheremo di pubblicarle tutte). Sarà un’altra opportunità, anzi un altro dono reciproco per essere famiglia. Scrivete a: redazione.rivista@ausiliatrice.net precisando che ne autorizzate la pubblicazione.

Lorenzo Bortolin
bortolin.rivista@ausiliatrice.net


IMMAGINI:
1 - Valdocco: uno scorcio dell’altare con l’urna di san Domenico Savio. Ogni giorno è abbellito da nuovi “fiocchi” per la nascita di bambini posti sotto la sua protezione. © sync-studio - Piero Ramella

2 - Un abitino di San Domenico Savio


I pellegrini in visita alla cvasa Madre SDB di Torino-Valdocco possono chiedere l’“abitino” presso la Sacrestia della Basilica-Santuario di Maria Ausiliatrice oppure presso L'Ufficio Prenotazione Sante Messe (vicino a Sacrestia)
Inoltre tutti i lettori che desiderano riceverlo o regalarlo possono richiederlo per lettera a:

Rivista Maria Ausiliatrice, Via Maria Ausiliatrice 32 -10152 Torino-Valdocco, o telefonando a:

*  Ufficio Prenotazione Ss. Messe: 011.5224255
*  E-mail: abitinodomenicosavio@ausiliatrice.net

NB: Occorre precisare il colore – azzurro, rosa o bianco – indicando chiaramente l’indirizzo preciso del recapito. Verrà loro inviato l’“abitino” con il modulo di Conto Corrente Postale per una offerta


2 - Prima da' un po' di pesce, poi insegna a pescare

Paolo aveva una vita felice. Adottato da bambino, ha avuto una famiglia che lo ha sostenuto e amato. Si sposa giovanissimo, ha una bella bimba, un lavoro di venditore ambulante che gli permette anche di comprarsi una casa. Poi, il crollo. I genitori muoiono, la moglie lo tradisce col suo migliore amico. Nessuna famiglia a sostenerlo. Non ha più voglia di fare niente. Gli è sequestrata la motoretta Ape con cui lavora, perché non paga l’assicurazione. Non ha più i mezzi per sostenersi.
Inizia a peregrinare in cerca di lavoro, e per lui, meridionale, il Nord sembra la terra promessa. In Lombardia, passa da un lavoretto all’altro, dorme per strada, rischia l’assideramento nelle notti più fredde. Si sposta a Trieste, ma i dormitori pubblici non sempre hanno un posto da dargli. Chiede a vari enti un lavoro, riceve indumenti, coperte, panini. Finché non decide di “sedersi per terra”, come dice lui. Diventa un barbone a tutti gli effetti. Le elemosine lo umiliano. Un giorno un passante lo prende a calci mentre dorme, dicendogli di andare a lavorare. Cade in profonda depressione.
Poi, l’incontro con Antonella. Antonella è una persona come tante, ha un negozio e vede spesso Paolo dormire sui marciapiedi del quartiere. Ma c’è di più. Antonella è una Volontaria di Don Bosco, consacrata nel mondo, anche se nessuno lo sa. I consacrati secolari sono chiamati a cambiare il mondo “dal di dentro”, utilizzando le leggi, sottolineandone le positività e facendo dare loro il massimo a favore delle persone, senza mai chiudere gli occhi di fronte ai bisogni che li circondano, condividendo la vita di tutti fino in fondo.
Nella solidarietà, l’amore di Dio
“Vedendo Paolo – ricorda Antonella – ho iniziato a pregare e a chiedermi: io che cosa posso fare? Di cosa ha bisogno? Cosa posso dargli? E che cosa ha lui che può dare a me? Volevo che il mio aiuto non fosse un’altra elemosina. Non per mancanza di gratuità, ma per riconoscere la sua dignità di persona che non deve aver bisogno dell’altro per sopravvivere”. Così, in pochi giorni, Antonella concretizza un piccolo progetto.
Nel quartiere conosce tante persone che hanno bisogno di qualche lavoretto e in cambio sono disposte a versare una quota fissa ogni mese. Con lo slogan “Prima da’ un pesce, poi insegna a pescare”, scrive una lettera ai colleghi del quartiere, proponendo di affidare a Paolo qualche piccolo incarico, come la pulizia delle vetrine, in cambio di un contributo mensile. Tutti insieme possono garantirgli un’entrata modesta, ma continua, pagandolo con i voucher Inps e garantendogli così la copertura per gli infortuni e i contributi previdenziali. “C’è stata un’adesione quasi unanime – racconta Antonella –. Se questa non è Provvidenza all’azione, se questo non è lo Spirito che soffia, che cosa è? soltanto casualità”.
Sul cammino della bontà, della solidarietà e della dignità ritrovata, è più facile cogliere i segni dell’amore di Dio ed arrivare a Lui. Questo è solo un contesto in cui la Volontaria trova spazio per vivere a pieno la sua vita donata a Dio nel mondo.
Lasciarsi guidare dallo Spirito
Dopo qualche mese, il Comune ha dato a Paolo la possibilità di dormire stabilmente in una struttura, fornendogli una camera da dividere con un altro “disagiato”. Ora sta seguendo un progetto di accantonamento che gli darà la possibilità di avere una casa fra pochi anni. Oggi nel quartiere lo conoscono tutti, e le proposte di lavoro aumentano: la gente si fida di lui e questo lo rende quasi felice (il suo cruccio è la figlia, affidata a un istituto). Antonella spera che lui riesca a rendersi autonomo entro il prossimo anno.
«Quando ci guardiamo attorno, non possiamo far finta di non vedere le tante ingiustizie che ci sono, non possiamo voltare la testa dall’altra parte – osserva Antonella –. Continuare a nascondersi dietro a frasi fatte, come “io da sola cosa posso fare?”, non è pensabile per un cristiano, a maggior ragione per un consacrato. Dobbiamo dare quello che siamo, il nostro tempo, la nostra intelligenza, la nostra competenza, i nostri soldi, le nostre fatiche, la nostra capacità di progettare, le nostre preghiere. Coinvolgere altre persone. Tutto ciò che abbiamo ci è stato donato, e noi dobbiamo a nostra volta donarlo, metterlo a disposizione degli altri».
Per una consacrata secolare, rispondere a queste situazioni che la vita ci pone davanti è anche un modo concreto per vivere l’obbedienza. «Se rileggo questa storia, posso dire che non sono andata in cerca di una “buona azione” da compiere – conclude Antonella –. Mi sono lasciata guidare dallo Spirito; non ho fatto resistenza a qualcosa che non avevo scelto; sono andata avanti anche se a volte ero stanca e non avevo tempo, né voglia di continuare. La sensazione è di essere stata uno strumento nelle mani di Dio, ed è una sensazione stupenda che, nonostante fatiche e stanchezza, mi spinge ad essere sempre disponibile».

Silvia
redazione.rivista@ausiliatrice.net


Per informazioni e contatti: www.volontariedonbosco.org
                                                  
formazione.vdb.to@gmail.org


3 - Le ricette di Mamma Margherita


La “sòma d’aj”

Tra i ricordi di scuola, tutti abbiamo in mente quello della guerra di Crimea, gioiello della diplomazia di Cavour e momento epico della storia del Risorgimento. Meno noto è l’aneddoto secondo il quale il generale Alfonso La Marmora, comandante del Corpo di spedizione sardo, prima dello scontro decisivo presso il fiume Cernaia, avrebbe rinfrancato gli alleati anglo-turchi, stremati dal lungo assedio di Sebastopoli (città oggi in Ucraina), con le “munission da boca”, le “munizioni da bocca” piemontesi: generose porzioni di “sòma d’aj”, innaffiate con abbondanti sorsi del barbera che gli animosi bersaglieri del Regno di Sardegna avevano portato negli zaini militari. La vittoria sul campo di battaglia avrebbe consentito a Cavour di partecipare con pieni poteri al congresso di Parigi (1856), sedendo con onore al tavolo delle trattative e perorando la causa dell’unità e dell’indipendenza d’Italia.
Dalla grande storia del Risorgimento alla grande storia della Famiglia Salesiana. Dieci anni prima che accadessero quegli eventi, un’anziana contadina ed il figlio sacerdote scendevano dai colli astigiani per iniziare a Torino la grande avventura del primo Oratorio. I biografi ufficiali non lo dicono, ma nulla ci vieta di pensare che la sera del 3 novembre 1846, quando Mamma Margherita giunse a piedi a Valdocco, dopo aver lasciato l’amata casa dei Becchi, portasse nella sua cesta, insieme alle pagnotte da lei stessa cotte nel forno domestico, anche qualche testa d’aglio strappata all’orto. Affamati dalla lunga camminata, madre e figlio avrebbero potuto benissimo accompagnare la loro povera cena con il pane insaporito da qualche spicchio d’aglio, cantando con allegria salesiana: Guai al mondo / se ci sente / forestieri / senza niente!
Di certo, il povero spicchio d’aglio ha condito numerose merende dei primi oratoriani di Valdocco, aggiungendo sapore alle dure gallette militari e alle morbide pagnottelle che i più benestanti potevano permettersi. La “sòma d’aj!” è, infatti, la più semplice delle merende contadine.
Ecco gli ingredienti: un panino con la crosta ruvida, uno spicchio d’aglio e un pizzico di sale. Si ottiene in modo molto semplice, soffregando energicamente sulla crosta del pane lo spicchio d’aglio; si cosparge il tutto con un pizzico di sale e, in tempi di... spreco, si versa sul pane anche un filo d’olio.
Questo spuntino ruspante si consumava con molta allegria nella vigna, durante la vendemmia, accompagnato da grappoli d’uva o innaffiato con il vino nuovo. Oggi il semplice crostino di pane all’aglio si è arricchito con l’aggiunta di ingredienti come sottaceti, caviale, olive tritate, trasformandosi nella più raffinata bruschetta.
Anna M. Musso Freni).


   RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2011 - 01  
|  HOME | HOME PAGE-ITA | FORMAZIONE CRISTIANA  | FORMAZIONE MARIANA | INFO SALESIANI DB VALDOCCO|


        Visita Nr.