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      CHIESA VIVA - 2012:
     Carlo Maria Martini e Don Bosco:
    torinesi di cui essere orgogliosi


Sono tanti i motivi che hanno legato Torino ad card. Carlo Maria Martini: nato sotto la Mole, battezzato nella parrocchia di San Donato, studente dell'Istituto sociale, diplomato al liceo Classico Massimo D'Azeglio.

C'è legame tra il card Martini ed i santi sociali torinesi, soprattutto con Don Bosco: Martini è stato docente di tanti salesiani. Per questo l'Università Pontificia Salesiana gli conferì, il 17 gennaio del 1989, il Dottorato Honoris Causa in Scienze dell'Educazione riconoscendone l'alto livello educativo che caratterizzò la pastorale dell'allora Arcivescovo di Milano. Il dottorato venne assegnato al margine della ricorrenza del Centenario della nascita di Don Bosco nel programma di celebrazioni di "Don Bosco '88".
Del resto varie lettere pastorali del card. Martini scritte prima e dopo la consegna del dottorato hanno avuto come tema principale quello dell'educazione con espliciti riferimenti al sistema educativo di Don Bosco: Dio educa il suo popolo (1987 - 88), Itinerari educativi (1988 - 89); e Educare ancora (1989 - 90).
E la Lectio magistralis di Martini nell'occasione del conferimento della Laurea honoris causa ebbe come tema: "Promuovere un'educazione popolare e planetaria". La riflessione era centrata su quattro fili conduttori: "Don Bosco e la Parola di Dio", sottolineando la passione del nostro santo per la diffusione della Bibbia in un linguaggio comprensibile ai giovani; "La Chiesa di Milano e la tradizione degli oratori", con grande apprezzamento per gli oratori salesiani; e infine, "Le scienze dell'educazione2, scegliendo come modello pedagogico quello di Dio con il suo popolo.

Fedele alla Chiesa

Anche per questo non stupisce la grande affluenza di torinesi (tra cui l'Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia) ai funerali del card. Martini, presieduti dall'Arcivescovo card.Angelo Scola e celebrati lunedì 3 settembre nel Duomo di Milano.
La figura di uomo fedele alla Chiesa e vissuto con un legame costante con la parola di Dio è stato sottolineato all'inizio della celebrazione in un messaggio del Papa letto dal suo delegato, il card. Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica di San Pietro. "Pastore generoso e fedele della Chiesa è stato un uomo di Dio, che non solo ha studiato la Sacra Scrittura, ma l'ha amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita, perché tutto fosse ad maiorem Dei gloriam, per la maggior gloria di Dio - scrive Benedetto XVI - E proprio per questo è stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla ricerca della verità che l'unica Parola degna di essere ascoltata, accolta e seguita è quella di Dio, perché indica a tutti il cammino della verità e dell'amore. Lo è stato con una grande apertura d'animo, non rifiutando mai l'incontro e il dialogo con tutti lo è stato con uno spirito di carità pastorale profonda, secondo il suo motto episcopale Pro veritare adversa diligere, attento a tutte le situazioni, specialmente quelle più difficili, vicino con amore, a chi era nello smarrimenti, nella povertà , nella sofferenza".
Stessi concetti ripresi dal cardinale Scola, nella sua omelia - dove ha ricordato, tra l'altro la sua tensione al discernimento e alla purificazione, come condizioni ascetiche per far spazio a Dio e per imparare quel distacco che solo garantisce l'autentico possesso, cioè, il vero bene delle persone e delle cose"

Come Giovanni Paolo II

E poi sulla morte del cardinal Martini (peraltro molto simile a quella di Giovanni Paolo II, entrambi malati di Parkinson) il card. Scola ha sgombrato ogni perplessità emerse sui giornali laici il giorno dopo la sua morte, ri-chiamandosi alla lettura della Passione scelta per la Messa funebre. "Alla morte di Gesù ben si addice la preghiera del poeta Rilke: "Dà, o Signore, a ciascuno la sua morte. La morte che fiorì da quella vita, in cui ciascuno amò, pensò, sofferse" Chi muore nel Signore, col Signore è destinato a risorgere. Per questo la sua morte è un fiorire. La morte del cardinale è stata veramente personale perché de-stinata alla sua personale, inconfondibile risurrezione, al suo personale modo di stare per sempre con il Signore e in Lui con tutti noi.
Niente e nessuno ci può strappare questa consolante verità. Neppure la dura, sarcastica obiezione di Adorno che liquida la preghiera di Rilke come "un miserevole inganno con cui si cerca di nascondere il fatto che gli uomini, ormai, crepano e basta". A smentirla è l'imponente manifestazione di affetto e di fede di questi giorni verso l'Arcivescovo", (oltre 200 mila le persone che hanno reso omaggio alla salma del cardinale composta in cattedrale). Parole forti, a cui il lungo silenzio che ne è seguito, che peraltro ha caratterizzato tutta la celebrazione nell'immenso Duomo gremito, ha chiuso ogni falsa interpretazione e strumentalizzazione sulla morte del cardinal Martini. Silenzio e sobrietà interrotti solo dall'applauso che ha accolto le parole del primo successore di Martini, il cardinale Dionigi Tettamanzi, visibilmente commosso.
"Il cardinale Martini mi ha imposto le mani per la consacrazione episcopale - ha detto Tettamanzi al termine della celebrazione - Lui è stato, per me come per tantissimi altri, punto di riferimento per interpretare le divine Scritture, leggere il tempo presente e sognare il futuro, tracciare sentieri per la missione evangelizzatrice della Chiesa in amorosa e obbediente docilità al suo Signore".

Lampada per i miei passi

"Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino": è la frase tratta dal salmo 119 che il card. Martini ha scelto di porre sulla sua tomba nel Duomo di Milano e che è stata riportata nell'immagine ricordo consegnata a tutti i fedeli e nel grande drappo calato sulla facciata della cattedrale. "È il suo testamento spirituale - ha concluso il card. Scola - così egli stesso ci ha dato la chiave per interpretare la sua esistenza e il suo ministero".
Noi torinesi che abbiamo partecipato alla Messa funebre siamo tornati nella nostra città orgogliosi - una volta tanto - di aver "prestato" a Milano e al mondo un concittadino che ci ha invitato ad interrogarci con fiducia sulla vita, sul mistero dell'umanità. E, al di là delle etichette che anche in morte certa cultura laica ha voluto presuntuosamente appiccicare ad un uomo di Dio, ci rimane la certezza di aver avuto la fortuna di aver conosciuto una persona che ci ha insegnato soprattutto essere fedeli lla Chiesa, nonostante l'uomo.
                                                                                                         
Marina LOMUNNO
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       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2012 - 6  
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