Sono tanti i motivi che hanno legato Torino ad card. Carlo Maria
Martini: nato sotto la Mole, battezzato nella parrocchia di San
Donato, studente dell'Istituto sociale, diplomato al liceo Classico
Massimo D'Azeglio.
C'è
legame tra il card Martini ed i santi sociali torinesi, soprattutto
con Don Bosco: Martini è stato docente di tanti salesiani.
Per questo l'Università Pontificia Salesiana gli conferì,
il 17 gennaio del 1989, il Dottorato Honoris Causa in Scienze
dell'Educazione riconoscendone l'alto livello educativo che caratterizzò
la pastorale dell'allora Arcivescovo di Milano. Il dottorato
venne assegnato al margine della ricorrenza del Centenario della
nascita di Don Bosco nel programma di celebrazioni di "Don
Bosco '88".
Del resto varie lettere pastorali del card. Martini scritte prima
e dopo la consegna del dottorato hanno avuto come tema principale
quello dell'educazione con espliciti riferimenti al sistema educativo
di Don Bosco: Dio educa il suo popolo (1987 - 88), Itinerari
educativi (1988 - 89); e Educare ancora (1989 - 90).
E la Lectio magistralis di Martini nell'occasione del conferimento
della Laurea honoris causa ebbe come tema: "Promuovere un'educazione
popolare e planetaria". La riflessione era centrata su quattro
fili conduttori: "Don Bosco e la Parola di Dio", sottolineando
la passione del nostro santo per la diffusione della Bibbia in
un linguaggio comprensibile ai giovani; "La Chiesa di Milano
e la tradizione degli oratori", con grande apprezzamento
per gli oratori salesiani; e infine, "Le scienze dell'educazione2,
scegliendo come modello pedagogico quello di Dio con il suo popolo.
Fedele alla
Chiesa
Anche per questo
non stupisce la grande affluenza di torinesi (tra cui l'Arcivescovo
di Torino mons. Cesare Nosiglia) ai funerali del card. Martini,
presieduti dall'Arcivescovo card.Angelo Scola e celebrati lunedì
3 settembre nel Duomo di Milano.
La figura di uomo fedele alla Chiesa e vissuto con un legame
costante con la parola di Dio è stato sottolineato all'inizio
della celebrazione in un messaggio del Papa letto dal suo delegato,
il card. Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità
per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica di
San Pietro. "Pastore generoso e fedele della Chiesa è
stato un uomo di Dio, che non solo ha studiato la Sacra Scrittura,
ma l'ha amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita,
perché tutto fosse ad maiorem Dei gloriam, per la maggior
gloria di Dio - scrive Benedetto XVI - E proprio per questo è
stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla
ricerca della verità che l'unica Parola degna di essere
ascoltata, accolta e seguita è quella di Dio, perché
indica a tutti il cammino della verità e dell'amore. Lo
è stato con una grande apertura d'animo, non rifiutando
mai l'incontro e il dialogo con tutti lo è stato con uno
spirito di carità pastorale profonda, secondo il suo motto
episcopale Pro veritare adversa diligere, attento a tutte le
situazioni, specialmente quelle più difficili, vicino
con amore, a chi era nello smarrimenti, nella povertà
, nella sofferenza".
Stessi concetti ripresi dal cardinale Scola, nella sua omelia
- dove ha ricordato, tra l'altro la sua tensione al discernimento
e alla purificazione, come condizioni ascetiche per far spazio
a Dio e per imparare quel distacco che solo garantisce l'autentico
possesso, cioè, il vero bene delle persone e delle cose"
Come Giovanni
Paolo II
E poi sulla
morte del cardinal Martini (peraltro molto simile a quella di
Giovanni Paolo II, entrambi malati di Parkinson) il card. Scola
ha sgombrato ogni perplessità emerse sui giornali laici
il giorno dopo la sua morte, ri-chiamandosi alla lettura della
Passione scelta per la Messa funebre. "Alla morte di Gesù
ben si addice la preghiera del poeta Rilke: "Dà,
o Signore, a ciascuno la sua morte. La morte che fiorì
da quella vita, in cui ciascuno amò, pensò, sofferse"
Chi muore nel Signore, col Signore è destinato a risorgere.
Per questo la sua morte è un fiorire. La morte del cardinale
è stata veramente personale perché de-stinata alla
sua personale, inconfondibile risurrezione, al suo personale
modo di stare per sempre con il Signore e in Lui con tutti noi.
Niente e nessuno ci può strappare questa consolante verità.
Neppure la dura, sarcastica obiezione di Adorno che liquida la
preghiera di Rilke come "un miserevole inganno con cui si
cerca di nascondere il fatto che gli uomini, ormai, crepano e
basta". A smentirla è l'imponente manifestazione
di affetto e di fede di questi giorni verso l'Arcivescovo",
(oltre 200 mila le persone che hanno reso omaggio alla salma
del cardinale composta in cattedrale). Parole forti, a cui il
lungo silenzio che ne è seguito, che peraltro ha caratterizzato
tutta la celebrazione nell'immenso Duomo gremito, ha chiuso ogni
falsa interpretazione e strumentalizzazione sulla morte del cardinal
Martini. Silenzio e sobrietà interrotti solo dall'applauso
che ha accolto le parole del primo successore di Martini, il
cardinale Dionigi Tettamanzi, visibilmente commosso.
"Il cardinale Martini mi ha imposto le mani per la consacrazione
episcopale - ha detto Tettamanzi al termine della celebrazione
- Lui è stato, per me come per tantissimi altri, punto
di riferimento per interpretare le divine Scritture, leggere
il tempo presente e sognare il futuro, tracciare sentieri per
la missione evangelizzatrice della Chiesa in amorosa e obbediente
docilità al suo Signore".
Lampada per
i miei passi
"Lampada
per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino":
è la frase tratta dal salmo 119 che il card. Martini ha
scelto di porre sulla sua tomba nel Duomo di Milano e che è
stata riportata nell'immagine ricordo consegnata a tutti i fedeli
e nel grande drappo calato sulla facciata della cattedrale. "È
il suo testamento spirituale - ha concluso il card. Scola - così
egli stesso ci ha dato la chiave per interpretare la sua esistenza
e il suo ministero".
Noi torinesi che abbiamo partecipato alla Messa funebre siamo
tornati nella nostra città orgogliosi - una volta tanto
- di aver "prestato" a Milano e al mondo un concittadino
che ci ha invitato ad interrogarci con fiducia sulla vita, sul
mistero dell'umanità. E, al di là delle etichette
che anche in morte certa cultura laica ha voluto presuntuosamente
appiccicare ad un uomo di Dio, ci rimane la certezza di aver
avuto la fortuna di aver conosciuto una persona che ci ha insegnato
soprattutto essere fedeli lla Chiesa, nonostante l'uomo.
Marina LOMUNNO
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