Incontro
con la scrittrice Espedita Fisher, che ha raccolto in un volume
ventotto storie di uomini e donne alla ricerca silenziosa di
Dio.
Da piccola
voleva fare la ballerina o il calciatore perché a Montato
Uffugo, paesino in provincia di Cosenza dove è nata trentaquattro
anni fa, le alternative non erano molte.
Curiosa di natura, Espedita Fisher deve all'amore lungimirante
dei genitori la libertà di seguire gli interessi e i moti
del cuore, che la spingono ad approfondire l'integrazione tra
culture e religioni e a lasciare Cosenza per intraprendere un
cammino sulle strade della spiritualità e della ricerca
interiore. E così, se il mondo ha perso una ballerina
o un calciatore mediocri, ha senza dubbio guadagnato una brava
scrittrice.
A cinque anni da Clausura, inchiesta sulle monache che scelgono
di vivere una dimensione che è contemporaneamente nel
mondo e fuori dal mondo, Espedita Fisher torna in libreria con
Eremiti (Castelvecchi editore), lungo e appassionato reportage
in cui si avvicina - in punta di piedi - a chi cerca Dio nella
contemplazione e nel silenzio.
Contemplazione
e silenzio, strade d'amore
Come è
nata l'idea di dar voce a chi ha scelto silenzio e nascondimento
come stile di vita?
"Non avrei mai immaginato di scrivere libri sull'argomento,
e invece mi accorgo, con riconoscenza e stupore, che il mio lavoro
sta diventando sempre più un tutt'uno con la mia vita.
Già da bambina, incline al misticismo e alle dimensioni
dello spirito, mi chiudevo in camera a leggere la Bibbia; superata
l'adolescenza ho iniziato a dedicare l'attenzione alla ricerca
spirituale e oggi ho lo straordinario privilegio di condividere
con i lettori la mia ricerca".
Con quale atteggiamento
si è avvicinata agli eremiti che ha incontrato?
"Come fossimo una cosa sola, come non ci fossero separazioni,
come se a loro dovessi tutto. A volte ho addirittura avuto la
sensazione che mi avessero partorita. E, non di rado, ho avuto
l'impressione di essere stata in comunicazione con loro già
molto tempo prima di averli incontrati. Per il resto, sono stata
quello che sono: sempre in ricerca e sempre bisognosa di un grembo
cui far ritorno".
Quello proposto
dal libro è un discorso che non si limita alla tradizione
cristiana ma si allarga all'induismo, al buddismo, al sufismo
"È inevitabile, perché la storia d'amore tra
Dio e l'uomo percorre latitudini ed epoche con nomi, abiti, musiche
e preghiere diverse: è il grande abbraccio di Dio all'
umanità. Se fin da bambina non fossi stata naturalmente
incline all'integrazione di culture e religioni la mia vita oggi
sarebbe sterile. Se i miei genitori non mi avessero lasciata
libera di essere, sarei rimasta chiusa nel cortile delle loro
abitudini. Invece non so mai da che parte girarmi e mi sento
chiamata in tutte le direzioni, in ogni momento, senza confini,
timori o interessi".
Una scintilla
di luce in fondo al tunnel
In un mondo
che sembra sempre più ragionare in termini di efficienza
e di profitto, a che cosa "servono", oggi, gli eremiti?
"A raccogliere i cocci
Negli eremi ho incontrato pellegrini
che hanno smarrito la strada: manager, impiegati, operai, giovani
su cui gravano le aspettative della famiglia, donne tradite,
abbandonate, malati: un'umanità che ha perso la strada
e che improvvisamente, solo per aver accettato il rischio di
un'avventura spirituale, comincia finalmente a vedere una piccola
luce, a comprendere che tutto è possibile se davvero lo
vuoi! Per me gli eremiti sono come antenne che captano gli "ultrasuoni"
di Dio e li diffondono silenziosamente con la loro preghiera
e il loro stile di vita".
Quale caratteristica
comune a chi ha scelto la solitudine e il silenzio ti ha colpito
di più?
"Il coraggio, l'originalità intesa come ritorno a
se stessi, un estremismo che non si piega a compromessi pur di
amare sopra ogni cosa. E, ancora, il contatto con la natura che
diventa madre, sposa, amica e nutre ogni dimensione dell'essere,
la custodia della pace e del silenzio come veicolo per il dialogo
con Dio e l'armonia".
Nel libro racconta
- tra le altre - le storie di fra Claudio, che negli anni Sessanta
suonava nel gruppo "Biglietto per l'Inferno", di Swami
Atmananda, che affrontava la vita a suon di boxe fino a quando
don Lorenzo Milani gli ha fatto notare che non è con i
pugni che si cambia il mondo, di suor Giulia Bolton Holloway,
che studia mistica medioevale e si dedica all'alfabetizzazione
dei rom. Quale l'ha emozionata di più?
"Mi sono innamorata di ogni storia e di ogni eremita. Se
non fosse stato così non avrei mai potuto condividere
le loro condizioni di vita né seguire cammini spirituali
così ardui. Sono storie magnifiche, a metà tra
terra e cielo, che mi auguro possano essere fonte di ispirazione
per molti".
Dopo la clausura
e gli eremiti, su cosa verterà il prossimo reportage?
"Sulla donna. Gli episodi di violenza che continuano a ripetersi
contro di loro mi hanno fatto sentire l'urgenza di proporre un
altro modo di essere donna, di far riaffiorare modelli femminili
di inimmaginabile grandezza e bellezza: donne che hanno fatto
dell'indipendenza una scuola d'amore divino, consapevoli che
andare verso Dio libera l'anima da ogni attaccamento e bisogno".
Carlo Tagliani
*** L'articolo
anche in formato PDF