Intervista
a don Ezio Risatti che illustra come la sessualità possa
rivelarsi una strada che conduce a Dio.
Oggetto non
di rado di allusioni e doppi sensi, demonizzata come frutto velenoso
da non avvicinare, umiliata e ridotta a pornografia o esposta
in vetrina per essere venduta a prezzi più o meno popolari,
la sessualità non sembra godere della considerazione che
merita. Per questo non è facile immaginare che possa rivelarsi
una strada che conduce a Dio.
Per saperne di più ci siamo rivolti a don Ezio Risatti,
preside del corso di laurea in Psicologia della comunicazione,
che ha sede nella Scuola superiore di formazione "Rebaudengo"
di Torino.
Figli di Dio
e figli dell'uomo
Perché
l'approccio nei confronti della sessualità appare non
di rado problematico?
"Perché gli organi genitali presentano almeno quattro
caratteristiche peculiari rispetto agli altri organi che compongono
il corpo umano: ricordano a ciascuno che deve la propria origine
agli organi sessuali dei propri genitori; sono "programmati"
per dare piacere e il rapporto con il piacere è problematico
per tutti; non sono fatti per il funzionamento del corpo ma per
entrare in relazione con gli altri e anche le relazioni hanno
i loro problemi; consentono di generare figli, offrendo alle
persone la possibilità di lasciare traccia e testimonianza
di sé nella storia".
San Paolo,
nella prima lettera ai Corinzi, scrive che "l'uomo è
immagine e gloria di Dio", mentre "la donna è
gloria dell'uomo". Che cosa significa?
" È necessario rifarsi al sapere dell'epoca in cui
la lettera venne composta. Allora si conosceva l'esistenza e
la funzione dello sperma maschile ma non dell'ovulo femminile,
dal momento che il microscopio non era stato ancora inventato.
Si immaginava l'uomo come un contadino che depone il seme nel
terreno e la donna come la terra che lo accoglie e lo fa germinare.
Pur essendo necessaria e indispensabile affinché il seme
produca frutti, il tipo di frutto non dipende dalla terra ma
dalla qualità del seme. Per questo il figlio era considerato
proprietà esclusiva del padre, che aveva diritto di vita
e di morte sulla prole".
È una
visione del mondo che rivela analogie con il mondo spirituale
"Partendo dal sapere del proprio tempo, san Paolo traccia
un parallelo tra la vita del corpo e quella dello spirito: ogni
persona riceve da Dio il seme della propria vita e ha il compito
di custodirlo, coltivarlo e farlo crescere fino al momento della
"nascita", che corrisponde al momento della morte,
per presentarlo a Dio. Presentando se stesso a Dio, l'uomo, in
quanto figlio di Dio, ha diritto all'eredità del Regno
dei Cieli e, in quanto figlio dell'uomo, condivide con tutti
gli uomini destino, povertà e imperfezioni del genere
umano".
Dio, pedagogista
perfetto
Molti pensano
che la sessualità sia legata in maniera inscindibile all'affettività
e all'amore. E Ricordati di me, una della canzoni di Antonello
Venditti più "gettonate" dagli innamorati, sostiene
che "non c'è sesso senza amore". È davvero
così?
"Mi rincresce deludere stuoli di innamorati, ma si tratta
di due realtà che è auspicabile possano intrecciarsi
ma, di fatto, sono separate. Uno stupro, per esempio, è
tutt'altro che amore, così come la prostituzione, che
è commercio. A volte si può giungere addirittura
al concepimento di un figlio senza che vi sia ombra d'amore.
Al contrario, può verificarsi che ci sia amore vero, profondo
e totale senza che ci sia sesso. Come nel rapporto che lega i
genitori ai figli o tiene uniti amici che sono pronti a dar la
vita l'uno per l'altro senza che tra loro ci sia la minima ombra
di omosessualità".
Eppure è
una convinzione molto radicata
"In effetti ha origine dal concepimento: ogni persona percepisce
se stessa come frutto di un rapporto sessuale sbocciato all'interno
di un rapporto d'amore. È un dato scritto nella memoria
biologica, comune anche a chi sia stato concepito in provetta
o sia nato in seguito a uno stupro".
La generazione
dei figli rappresenta forse un altro elemento di affettività
e di sessualità che richiama al cammino verso Dio
"Senza dubbio. Dio, infatti, non si propone all'uomo né
come generale che guida il proprio esercito alla vittoria, né
come capo di stato che dirige bene la propria nazione, ma come
padre amorevole. Ed è inevitabile che un papà e
una mamma vivano nei confronti dei figli una gamma di sentimenti
e stati d'animo che consente loro di comprendere l'atteggiamento
di Dio nei confronti dell'umanità".
E questo non
può non avere ricadute sull'educazione dei figli
"Certo. È, innanzi tutto, capire che voler bene ai
figli non vuol dire dargliele tutte vinte: troppi genitori non
sanno dire dei no ai figli, che hanno bisogno di sentirseli dire
per potersi fidare di papà e mamma. È l'atteggiamento
di Dio verso ogni persona: chi lo prega per essere liberato da
tutte le preoccupazioni, le fatiche e le sofferenze non viene
esaudito non perché Dio sia un sadico che gode nel vedere
l'umanità che soffre ma perché è un padre
buono, che sa educare. Gli dispiace lasciare i propri figli nella
sofferenza ma li lascia liberi anche di scegliere la sofferenza,
a volte è obbligato per far sì che non si inorgogliscano,
non si credano autosufficienti e possano aprirsi alla vita eterna.
Ciò che gli preme davvero, infatti, è che crescano
nell'amore e che non vadano perduti".
Carlo TAGLIANI
*** L'articolo
anche in formato PDF