LA CONFESSIONE
alla base del sistema educativo di Don Bosco

Don Bosco usava portare i suoi birichini in gita-pellegrinaggio ai santuari cittadini e, in particolare, a Santa Maria del Monte dai Padri Cappuccini, dove, fatta la salita a piedi recitando il rosario, i ragazzi ascoltavano la Santa Messa celebrata da Don Bosco. I buoni Padri Cappuccini si prestavano per le confessioni e poi offrivano il cortile del Convento per la colazione della... truppa.
Ma per Don Bosco i cappuccini erano soprattutto i religiosi specializzati nella predicazione al popolo e nel ministero delle Confessioni, e il Monte era il simbolo di quell’apostolato. Ed egli aveva posto il Sacramento della Riconciliazione alla base del suo sistema educativo.
Nota il biografo di Don Bosco: “Noi stessi l’udimmo nel 1887 dire così: – Don Bosco è vecchio e non può più confessare regolarmente. Al suo posto confessa Don Rua, e Don Rua confessa come confessava Don Bosco. Andate quindi da Don Rua! Ma se qualcuno non si sentisse, cerchi un altro confessore. Ad esempio andate al Monte dei Cappuccini. Bussate alla porta del Convento, bussate forte anche due o tre volte, e vi apriranno, e dite che volete confessarvi!... Confessatevi bene, e poi tornate a casa,... – E sorrideva con amabilità affascinante”.

                                                                                 (Memorie Biografiche, X, 10).


“Che cosa vuole Dio da me in questo momento?”

Fuad, un giovane libanese ventunenne... aveva imparato a vivere bene, nell’amore, le circostanze comuni della vita, le piccole cose.
Ritornato, dopo un convegno a Roma, nel Libano, dove ancora infuriava la guerra civile, viene fermato da alcuni uomini armati a tre chilometri dall’aeroporto sulla strada per Beirut. Il momento è difficile. Sulla carta di identità gli uomini leggono: cristiano-maronita. “Sì, sono cristiano-maronita – ammette Fuad – e sto tornando a casa”. “Tu vieni con noi” gli rispondono. Interrogatorio. Alla fine: “Tu sai quello che ti aspetta?”. Il ragazzo capisce che per lui è tutto finito.
Uno dei miliziani lo preleva e lo porta verso un ponte dove erano stati uccisi parecchi cristiani. Mentre cammina cerca di calmare l’agitazione interiore e pensa che cosa Dio può voler da lui in quel momento. Amare questo prossimo, gli viene in mente. Cerca dunque di far sentire a quell’uomo tutto l’amore. Parla: “Deve essere difficile, brutto, questo mestiere... fare la guerra...”.
Arrivato in vista del ponte, il miliziano si ferma, lo guarda ed esclama: “Torniamo indietro”. Al commando poi parla con altri. Uno di questi si avvicina al giovane e gli dice: “Sei stato fortunato, perché a quello hanno ammazzato il fratello pochi giorni fa”. Come per dire: se c’era uno che ti poteva ammazzare volentieri, era proprio lui.
Così Fuad, che era stato in Dio nei piccoli avvenimenti della vita, lo è stato anche in questo.
«Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto».
E Dio lo ha salvato.
                                                                                         1998 - Città Nuova


Dolcezza, anche quando si rimprovera

L’esempio del Murialdo: Un sacerdote che aveva lavorato per molti anni al Collegio Artigianelli, Don Ernesto Canfari, così raccontava: “Quando qualche giovane del collegio non si diportava bene ed era restio agli ammonimenti dei superiori ed i medesimi castighi non riuscivano a rinsavirlo, il Servo di Dio lo chiamava a sé in camera, lo ammoniva, lo correggeva, lo rimproverava, ma con tante belle maniere che il più delle volte, senza tante punizioni, riusciva a piegarlo al dovere” (Testimonianza tratta dal Processo Ordinario, vol. I, p. 224).


                                                                                       A cura di MARIO SCUDU
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 1999-1
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