Cosa significa Gesù per me?


Per me egli è stato uno dei più grandi maestri che l’umanità abbia mai avuto. Per i suoi seguaci egli è stato l’unigenito Figlio di Dio.
Il fatto che io accetti o non accetti questa credenza può fare sì che Gesù abbia una maggiore o minore influenza sulla mia vita?
Tutta la grandezza del suo insegnamento e della sua dottrina mi dovrà essere preclusa? Non posso crederlo.

La mia interpretazione è che la vita di Gesù è la chiave della sua intimità con Dio; e che egli ha espresso, come nessun altro avrebbe potuto, lo spirito e la volontà di Dio. È in questo senso che io lo vedo e lo riconosco come figlio di Dio.

Credo che egli appartenga non solo al cristianesimo, ma al mondo intero, a tutte le razze e a tutti i popoli. E poco importa sotto quale bandiera, nome o dottrina essi operino, professino la fede o adorino Dio ereditato dai loro antenati.

                                                                             Gandhi


Apri la tua finestra

Un uomo disperava dell’amore di Dio. Un giorno, mentre errava sulle colline che attorniano la sua città, incontrò un pastore.
Questi, vedendolo afflitto, gli chiese:
“Che cosa ti turba amico?”.
“Mi sento immensamente solo”.
“Anch’io sono solo, eppure non sono triste”.
“Forse perché Dio ti fa compagnia?”.
“Hai indovinato”.
“Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere nel suo amore. Com’è possibile che ami me?”.
“Vedi, laggiù, la nostra città? – gli chiese il pastore –. Vedi le case? Vedi le finestre?”.
“Vedo tutto questo”, rispose il pellegrino.
“Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola e la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole. Forse tu disperi perché tieni chiusa la tua finestra”.
                                                                                                         Anonimo



Con i giovani: tatto, grande bontà e molta, molta pazienza

Don Bosco è stato dichiarato dalla Chiesa “Padre e Maestro dei giovani”. Ancora oggi la sua santità ed il suo genio educativo ci insegnano come parlare ai giovani e farsi ascoltare da essi, attraverso la bontà, il tatto e... la speranza. Ecco un episodio della sua vita.
Era un ragazzaccio, straccione e arrogante. Don Bosco lo incontrò a Torino nell’attuale via Garibaldi; lo salutò e lo fermò.
– Chi sei tu? – gli chiese gentilmente.
– Chi sono io? – gli rispose il ragazzo alzando le spalle. – E lei che cosa vuole da me? Chi è lei?
– Lo vedi bene, – replicò Don Bosco, – sono un prete che vuol tanto bene ai giovani e li raduna la domenica in un bel posto vicino al fiume Dora, e do loro tante cose belle: li faccio divertire e loro mi amano: io sono Don Bosco.
– Io sono... – e qui il ragazzo cominciò a sgelarsi, – sono orfano, senza padre e senza madre; cerco un lavoro.
– Ti voglio aiutare... Come ti chiami? –.
Il ragazzo subito gli disse il proprio nome e cognome. – Bene, ascolta: domenica ti aspetto tra i miei ragazzi. Vieni, ti divertirai, poi ti cercherò un lavoro... ti farò stare allegro. D’accordo?
L’adolescente fissò per qualche istante il prete; poi bruscamente scattò:
– Non è vero.
Don Bosco allora sfilò di tasca un biglietto di denaro e glielo pose in mano dicendogli:
– Sì che è vero; vieni e vedrai.
Il ragazzo strinse commosso la moneta e poi:
– Don Bosco, sì, ci verrò. Se domenica dovessi mancare, mi consideri pure un mascalzone bugiardo.


                                                                             A cura di MARIO SCUDU
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-1
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