Politico e santo: è possibile?


“Mio marito sarà anche un santo, ma intanto mi ha fatto andare in prigione”. Ricordo ancora queste parole di Francesca De Gasperi, in un’intervista, in occasione dei suoi cent’anni, nella casa tra il verde di Borgo Val Sugana.
Nelle parole, che non nascondevano il grande amore che aveva unito per tutta la vita i coniugi De Gasperi, si avverte la contraddizione, quasi naturale si potrebbe dire, esistente nell’opinione pubblica tra l’impegno politico e sociale vissuto dai protagonisti nella concretezza e nella ruvidità del nostro tempo e la santità. Quella con tanto di aureola, se si vuole. Quella certificata dalla Chiesa, come è avvenuto nel 1935 per Thomas More che proprio in questi giorni Giovanni Paolo II ha posto come “patrono” di quanti fanno politica. Anche loro possono percorrere la via della santità, non solo personale ma proprio in virtù dell’impegno profuso per realizzare il massimo di “bene comune” per i cittadini di una comunità locale o di uno Stato nazionale. Non aveva già affermato Paolo VI che la politica “è la più alta forma di carità”?
Un giudizio che Giovanni XXIII, da patriarca di Venezia, aveva già fatto proprio affermando che, se interrogato, avrebbe ben volentieri espresso il suo parere favorevole sulla santità di Alcide De Gasperi proprio in quanto uomo di governo. Lo statista trentino non è l’unico per il quale è aperto il processo di beatificazione. C’è il cattolico francese Robert Schuman un uomo di frontiera, così come era De Gasperi, e per questa sua caratteristica uno dei politici di ispirazione cristiana impegnato nella fondazione dell’Unione europea...
                                                                                              Da Avvenire


Il trono di Dio

Gli agiografi raccontano che il Duca di Norfolk era andato a cercare San Tommaso Moro (Gran Cancelliere d’Inghilterra) per recarsi insieme a Corte dove erano attesi dal Sovrano. Non lo trovò in casa e lo raggiunse nella chiesa del quartiere dove individuò subito il Lord Cancelliere che cantava, con la cotta indosso, nel coro della parrocchia: “Ma come, mio Lord Cancelliere”, disse il Duca: “ma come? Siete ora divenuto un chierichetto?”.
“Oh sì!”, rispose San Tommaso Moro sorridendo: “Vostra Grazia non potrà pensare che il Re, vostro padrone e mio, si offenderà se io ringrazio e servo innanzitutto Dio, suo e nostro Signore, né per questo riterrà che io disonori il mio ufficio”.


Troppi onori

Quando il Card. Pacelli, Pio XII, fu Legato Pontificio al Congresso Eucaristico di Buenos Aires, una notte gli giunse un radiogramma dal Vaticano.
Il segretario che lo ricevette, osò andare a picchiare alla porta della camera. Bussò più di una volta, gli parve di udire la voce del cardinale: aprì, e accese il lume. Lo trovò che dormiva in terra, presso il letto intatto. Il Cardinale balzò in piedi, lesse il dispaccio.
– Ma Vostra Eminenza...
– Vai, figlio mio: troppi, troppi onori tutto il giorno. Bisogna, almeno quando si è soli, ritrovare se stessi.


                                                                               A cura di MARIO SCUDU
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-3
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