Chiara Luce:la santità in 18 anni


Chiara Luce Badano, nacque il 29 ottobre 1971 a Sassello, in Liguria da genitori profondamente cristiani, che avevano atteso dieci anni quella nascita. Morirà il 7 ottobre 1990 per un terribile tumore chiamato sarcoma osteogenetico con metastasi. Aveva 18 anni. Apparteneva al Movimento dei Focolarini. È iniziata la causa di beatificazione. Ecco la testimonianza della parte finale della sua giovane vita.
«È in ospedale a Torino. All’inizio abbiamo l’impressione di andarla a trovare per sostenerla – dice un gen –. Ma ben presto capiamo che non possiamo più fare a meno di lei, come attratti da una calamita. E uno dei medici, Antonio Delogu: “Dimostra col suo sorriso, con i suoi grandi occhi luminosi, che la morte non è, solo la vita è”.
Subirà due operazioni dolorosissime. La chemioterapia le fa cadere i capelli, a cui tiene moltissimo. A ogni ciocca di capelli che perde, ripete un semplice ma intenso: “Per te, Gesù”. I genitori, sempre presenti, le ricordano che sotto quelle sofferenze si coglie un misterioso disegno di Dio.
E Chiara Luce si rimette nell’amore. Così, ad un amico che parte per una missione umanitaria in Africa, consegna i suoi risparmi: “A me non servono, io ho tutto”.
Esiste una registrazione di questo periodo in cui Chiara Luce racconta di una dolorosa visita medica: “Quando i sanitari hanno iniziato a fare questo piccolissimo intervento, però fastidioso, è arrivata una persona, una signora, con un sorriso luminosissimo, bellissima: mi s’è avvicinata, mi ha preso la mano e mi ha infuso coraggio. Com’è arrivata, è sparita: non l’ho più vista. Ma sono stata invasa da una gioia grandissima, e m’è scomparsa la paura. Ecco, in quell’occasione ho capito che, se fossimo sempre pronti a tutto, quanti segni Dio ci manderebbe”.
Perde l’uso delle gambe. Dice: “Se dovessi scegliere tra camminare o andare in paradiso, sceglierei quest’ultima possibilità”. L’ultima tac non lascia speranza. E giunge il momento della prova, intensa. Ma non si arrende, anche con l’aiuto di Chiara Lubich che le scrive: “Dio ti ama immensamente e vuole penetrare nell’intimo della tua anima e farti sperimentare gocce di cielo”. Rifiuta la morfina: “Toglie la lucidità, e io posso solo offrire il dolore a Gesù, perché voglio dividere ancora per un po’ con lui la croce...”.
Finché arriva l’incontro col suo “sposo”. Accanto a lei il padre e la madre. Fuori dalla porta, gli amici. C’è pace, quasi naturalezza. Le sue ultime parole sono per la mamma: “Ciao. Sii felice perché io lo sono”. Domenica 7 ottobre 1990, quattro del mattino».
                                                                        M. Zanzucchi - da Città Nuova


Possiamo “rifare il mondo”

Era convinto, l’Abbé Pierre, fondatore di Emmaus, parlando all’Università di Friburgo: “Possiamo rifare il mondo, se ognuno svolge la sua parte”.
Al termine della conferenza il momento più emozionante, quando un giovane ha chiesto all’anziano sacerdote (nato a Lione nel 1912) che parte abbia avuto la preghiera nel suo impegno caritativo.
“Senza la preghiera – ha risposto l’Abbé – non avrei potuto aiutare gli altri”.


 IMMAGINE: Foto di CHIARA LUCE BADANO
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-2
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