Enzo Bianchi:
la mia vocazione di monaco


Un’ultima domanda, personale: com’era Enzo Bianchi da giovane?

“Uno come tanti allora, nel paese dell’astigiano in cui sono nato. La mia era una famiglia molto povera: mio padre faceva un po’ di tutto per riuscire a vivere. Era molto socievole ma non era praticante, anzi nutriva una forte ostilità contro i preti. Mia madre, al contrario, aveva una fede molto forte, salda e schietta. Morì quando avevo otto anni. Una morte splendida, che ricordo molto bene. Sul letto di morte chiese a mio padre di lasciarmi fare la vita da cristiano. A undici anni decisi di andare in seminario: volevo diventare santo. Pochi giorni e sono tornato a casa. Così ho frequentato le scuole pubbliche. Furono anni molto belli, di amicizie e vita brada... Il parroco mi affidò il catechismo dei bambini e ogni giorno, al mattino presto, partecipavo alla Messa. Poi ho cominciato a interessarmi di politica, ma ben presto scoprii che la mia vocazione era un’altra. Mentre frequentavo la facoltà di Economia e Commercio a Torino, si radunavano nel mio alloggio una trentina di studenti cattolici, valdesi e battisti: erano gli anni del Concilio, del rinnovamento. Ci si trovava a leggere la Bibbia e a discutere sulle grandi tematiche conciliari. C’erano anche alcuni preti e frati. Poi cominciammo a fare ogni sera la preghiera dei vespri in italiano”.

Da questo gruppo “spontaneo” a Bose, come si è sviluppata la sua vocazione di monaco?

“All’interno di quella esperienza si è poco per volta chiarita la mia vocazione monastica. Nel 1965 venni a Bose, in questo piccolo villaggio abbandonato. C’era una chiesa romanica del 1000, molto bella, ma senza tetto, completamente abbandonata. Organizzai un gruppo di lavoro per ripararla in modo da potervi pregare. Il gruppo mostrò di non condividere la mia scelta monastica e... nessuno mi seguì. Vissi allora da solo: era una vita solitaria, semplice, fatta solo di preghiera e di lavoro per vivere. Ci furono momenti difficili, ma ho perseverato, pensando che se il Signore voleva veramente una comunità, l’avrebbe poi fatta nascere...”.
                                           A. Ronca, da Dimensioni Nuove

Bose è oggi (2001) una comunità monastica di una settantina di uomini e donne provenienti da chiese cristiane diverse, in ricerca di Dio nella preghiera, nella povertà, nel celibato, nell’obbedienza all’evangelo. Enzo BIANCHI ne è il fondatore e superiore.


Sean Connery e la religione

Sean Connery, famoso per i suoi film di spionaggio, ha affermato che di Roma ama “i ristoranti, le chiese e il modo tanto naturale degli italiani di vivere la religione”.
L’attore scozzese non metteva piede nel nostro paese dal ’63 e ora, venuto a presentare un film, ha avuto modo di visitare con la moglie le quattro basiliche maggiori della capitale e l’Appia Antica. “Io non sono religioso – ha detto – ma mi ha molto meravigliato nel vedere come nelle chiese romane ci sia tanta gente in fila per confessarsi, tante funzioni, e tutto in modo così naturale. In Scozia è totalmente diverso: la gente va in punta di piedi in chiesa”.

                                                                Da Vita Pastorale, 2001


L’uomo perfetto

Una volta domandarono a Buddha:

“Chi è l’uomo santo?”. Egli rispose: “Ogni ora è divisa in un certo numero di minuti, ogni minuto in un certo numero di secondi e ogni secondo in un certo numero di frazioni. Chi è capace di essere totalmente presente in ogni frazione di secondo è davvero un sant’uomo”.

                                                                                        A. De Mello


  A cura di MARIO SCUDU
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-8
VISITA
 Nr.