ATTI DEGLI APOSTOLI
21,1-25,12
LA PASSIONE DI PAOLO
Usiamo la parola Passione per
aiutare a leggere lintera sezione. Luca, nei primi 16 versetti,
pone in evidenza come nel discepolo si rifletta la passione di
Gesù.
Nel Vangelo vi sono tre solenni annunci della Passione di Gesù,
e qui Luca ne presenta tre che annunziano quella di Paolo.
Il primo labbiamo già letto nel discorso di addio
agli anziani di Efeso: «Lo Spirito Santo in ogni città
mi attesta che catene e tribolazioni mi attendono» (20,23).
Durante il viaggio tra Mileto e Cesarea evidenziamo la sosta
a Tiro. Qui i cristiani che li accolsero erano già stati
avvisati dallo Spirito Santo e perciò dicono a Paolo di
non salire a Gerusalemme. È logico che Paolo non
accetti. Allora ci accompagnarono verso la nave e, giunti
sulla spiaggia ci inginocchiammo e pregammo. Luca usa il
noi perché è presente. Giunti a Cesarea ci
restammo sette giorni, nella casa di Filippo, uno dei sette
(6,5).
Ma ecco che dopo alcuni giorni giunse dalla Giudea un profeta
di nome Agabo. Questi prese la cintura di Paolo, si legò
mani e piedi e disse: «Così dice lo Spirito Santo:
in questo modo i Giudei in Gerusalemme legheranno luomo
a cui appartiene questa cintura». Luca continua: «Noi
e quelli del luogo pregammo Paolo di non salire a Gerusalemme,
ma non riuscimmo a dissuaderlo. Allora dicemmo: Sia fatta
la volontà di Dio. Vennero con noi anche alcuni
discepoli di Cesarea».
Lincontro
con i cristiani (21,17-25)
Al loro arrivo a Gerusalemme
i cristiani li accolsero festosamente. È facile
pensare che si tratta di giudeo-cristiani ellenisti. Non così
il giorno dopo quando Paolo si recò da Giacomo. Riuscì
a raccontare un po quello che Dio aveva fatto tra
i pagani per mezzo suo.
Un po. Infatti, limpressione che dà il testo
è che questo non interessava a Giacomo, a lui interessavano
solo i giudeo-cristiani: «Essi hanno sentito dire di te
che vai insegnando a tutti i Giudei, sparsi tra i pagani, di
abbandonare Mosè, dicendo di non fare circoncidere più
i loro figli e di non seguire più le usanze tradizionali.
Che facciamo?». Ascoltando Giacomo dire: Che facciamo?,
pare di vedere una Chiesa chiusa nella fedeltà alla Legge
di Mosè e a quelle tradizioni che, secondo Gesù,
impediscono il vero culto a Dio (Mc 7,7).
Giacomo invita Paolo a sottomettersi a quei riti di purificazione
che ogni buon ebreo deve fare quando dal mondo pagano giunge
a Gerusalemme. Paolo con la sua predicazione si era davvero immerso
in quel mondo, ma laveva santificato con lannuncio
del Vangelo. Comunque, seguendo il suo principio: farsi
ebreo con gli ebrei (1 Cor 9,21) si sottomise alla purificazione
pur sapendo che la si può ottenere solo in Cristo. Ancor
più, si sente ricordare da Giacomo la lettera che lui,
non il Concilio, ha inviato ai pagani di astenersi dalle
carni offerte agli idoli, dal mangiare sangue, ecc....
Paolo deve aver costatato con tristezza che i giudeo-cristiani
non conoscono ancora la libertà che si ha in Cristo e
non sanno che Dio ha reso puro ogni cibo, anche se debbono aver
sentito Pietro parlare di quello che gli è capitato a
Ioppe e a Cesarea.
Paolo arrestato
nel Tempio (21,26-40)
Paolo stava concludendo la
sua purificazione quando lo videro alcuni giudei della provincia
romana dellAsia. Lo arrestarono e si misero a urlare: «Aiuto!
Uomini di Israele. Questo è luomo che, ovunque,
va insegnando a tutti una dottrina contraria alla Legge e a questo
luogo, e ora lo ha profanato introducendo dei pagani».
Lo trascinarono fuori e tentavano di ucciderlo quando il comandante
della coorte accorse con i soldati, lo liberò dalla folla
e lo arrestò. Egli cercò di avere informazioni
dalla folla, ma chi diceva una cosa e chi unaltra, mentre
il popolo urlava: A morte, a morte!. Nel caso di
Gesù dicevano: In croce, in croce!.
I soldati lo portarono via, ma quando stava per entrare nella
fortezza, Paolo disse al comandante: «Permettimi di rivolgere
la parola al popolo». Glielo permise.
Il discorso
di Paolo (22,1-21)
Quando la gente udì
che parlava in ebraico fece silenzio e Paolo disse: «Fratelli
e padri, ascoltate la mia difesa: Io sono un Giudeo, nato a Tarso
di Cilicia, ma educato in questa città ai piedi di Gamaliele
nelle più rigide norme della Legge». Gamaliele era
un uomo zelante e di grande spiritualità. La tradizione
rabbinica dice: Quando egli morì, la gloria della
Legge cessò e la purità e lastinenza morirono.
Perciò Paolo può dire: «Educato da un così
grande maestro ero pieno di zelo per Dio, come lo siete tutti
voi oggi. Per questo ho perseguitato fino alla morte coloro che
seguono questa Via». Si tratta della via della salvezza
insegnata da Gesù, ma egli in coscienza sentiva che doveva
perseguitarla e lo faceva con accanimento come «lo può
dimostrare il sommo sacerdote e tutti gli anziani. Da loro ho
ricevuto lettere per i nostri fratelli in Damasco con lintenzione
di condurre a Gerusalemme i prigionieri che fossi riuscito a
fare. Ma mentre mi stavo avvicinando a Damasco una grande luce
rifulse dal cielo attorno a me. Caddi a terra e udii una voce
che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?.
Risposi: Chi sei, Signore?. Mi disse: Io sono
Gesù il Nazareno che tu perseguiti». Continuò
a raccontare la sua chiamata così come labbiamo
letta in 9,1-18. Ma è interessante annotare come qui,
per attirare lattenzione, qualifica Anania: «Uomo
devoto osservante della Legge e di buona reputazione presso tutti
i Giudei colà residenti». Ebbene lui mi battezzò
e mi disse: «Il Dio dei nostri padri (significativo per
gli uditori) ti ha condotto per mano a conoscere la sua volontà
e a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua bocca
perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini
delle cose che hai visto e udito». È un testo molto
importante. Esso esprime che la testimonianza che dovrà
dare a Gesù tra i pagani è secondo la volontà
del Dio dei Padri. Perciò non cè nessuna
rottura con la storia. Per dirla in altre parole: Gesù
è la pienezza della Legge, il suo vero compimento. Chi
lo rifiuta è in rottura con Dio, non cammina più
con Dio nella storia.
Con questo Paolo ha spiegato il suo cambiamento da osservante
giudeo a cristiano, ma ha ancora una grande esperienza da raccontare.
«Quando tornai a Gerusalemme e stavo pregando nel Tempio,
entrai in estasi e vidi il Signore che mi diceva: Affrettati,
lascia Gerusalemme perché non accetteranno la tua testimonianza.
E io risposi: Ma essi sanno che ero solito imprigionare
quelli che credono in te e che ho approvato coloro che versavano
il sangue di Stefano. Ma il Signore mi disse: Va
perché io ti mando tra i pagani». A questo
punto la folla alzò la voce e urlando disse: Togli
di mezzo costui, non deve vivere. È risuonato come
per Gesù il Crocifiggilo, Crocifiggilo.
Cittadino
romano (22,24-29)
Il comandante lo fece riportare
nella fortezza per salvarlo dalla folla, ma comandò che
fosse interrogato a colpi di flagello. Voleva capire perché
la folla urlava tanto. «Ma Paolo disse al centurione che
gli stava accanto: Avete il diritto di flagellare un cittadino
romano?».
Ci si chiede: Perché Paolo solo ora fa valere la
sua cittadinanza romana?. Ma forse è Luca che ha
preferito trattare a parte questo tema. Lo evidenzia solo ora
per fare meglio risaltare un dato decisivo che segna una svolta
nella vicenda processuale di Paolo al punto da farlo giungere
in modo impensato a Roma (23,11).
Ora Paolo è sicuro. Nessuno potrà incatenarlo e
flagellarlo se prima non è stato giudicato e dichiarato
colpevole. È quello che cerca di fare il tribuno convocando
i sommi sacerdoti e tutto il Sinedrio.
Paolo di
fronte al Sinedrio (23,1-11)
Linizio di questa scena
ricorda subito Gesù di fronte al Sinedrio. Appena Paolo
si trovò davanti al Sinedrio disse: «Fratelli, io
ho vissuto la mia vita in perfetta rettitudine davanti a Dio
fino ad oggi». Sentendo questo il sommo sacerdote ordinò
di percuoterlo sulla bocca. Gesù davanti al Sinedrio fu
schiaffeggiato (Gv 18,22). Paolo continua a difendere la sua
innocenza dicendo: «Fratelli, io sono un fariseo, figlio
di farisei e oggi sono chiamato in giudizio a motivo della speranza
nella risurrezione dei morti» (v. 6). Queste parole furono
una bomba. Paolo lo sapeva che sarebbe stato così (v.
5).
Tra gli uditori, infatti, cerano molti sadducei e farisei.
I primi sostengono che non cè risurrezione, né
angeli, né spiriti. I farisei invece sostengono il contrario.
Le parole di Paolo suscitarono una tale disputa che rese impossibile
la prosecuzione del processo, tanto più che i farisei
dichiaravano Paolo innocente. Allora il tribuno comandò
ai soldati di scendere e di ricondurre Paolo nella fortezza.
La conclusione è che la notte seguente gli si presentò
il Signore e gli disse: «Coraggio, come hai testimoniato
per me a Gerusalemme, così è necessario che tu
mi renda testimonianza anche a Roma». Ma perché
questo avvenga ci vorrà ancora molto tempo.
Complotto
contro Paolo (22,12-34)
Lavventura continua:
lodio dei Giudei era arrivato a un punto tale che alcuni
«giurarono solennemente di non toccare né cibo né
bevanda fino a che non avessero ucciso Paolo». Si presentarono
ai capi dei sacerdoti e dissero: «Voi dovete dire al comandante
che ve lo riporti qui col pretesto di esaminare meglio il caso.
Noi siamo pronti a ucciderlo prima che arrivi qui». Ma
il figlio della sorella di Paolo riuscì a sapere dellagguato
e andò da Paolo e Paolo lo mandò dal centurione
che, informatosi bene, fece preparare duecento soldati e settanta
cavalieri e di notte fece condurre Paolo fino a Cesarea dal governatore
Felice. Con una lettera informò il governatore della situazione
e comunicò agli accusatori che deponessero contro Paolo
davanti al governatore Felice a Cesarea.
Il processo davanti a Felice (24,1-22)
Continua a realizzarsi quanto Gesù ha vissuto e annunciato
ai suoi discepoli: «Vi perseguiteranno e vi porteranno
nelle loro sinagoghe e prigioni, Vi trascineranno davanti a re
e governatori a causa del mio nome. Avrete allora occasione per
dare testimonianza di me» (Lc 21,12s). Paolo si trova ora
davanti a un governatore dopo essere stato presentato davanti
al Sinedrio come Gesù.
Laccusa è composta dal sommo sacerdote e dagli anziani
che ora si servono di un avvocato chiamato Tertullo, il quale
comincia a parlare lodando il governatore come uomo di pace per
poi accusare Paolo come un sedizioso. Dice infatti: «Abbiamo
scoperto che questuomo è una peste che fomenta continui
dissensi tra i giudei che sono nel mondo. Egli è il capo
della setta dei Nazorei e ha tentato di profanare il Tempio.
Per questo labbiamo arrestato».
Paolo non ha un avvocato, ma sa difendersi: «Sono solo
dodici giorni che mi sono recato a Gerusalemme per il culto e
nessuno mi ha trovato nel Tempio a discutere con qualcuno. È
vero che è secondo la Via, che loro chiamano
setta, che io adoro il Dio dei miei antenati... Dopo molti anni
di assenza sono venuto a offrire sacrifici e mentre ero impegnato
nei riti di purificazione alcuni Giudei della provincia di Asia
mi incontrarono. Sono loro i testimoni oculari che dovrebbero
comparire davanti a te. Questi invece non hanno alcun motivo
per farlo a meno che si tratti di ciò che gridai davanti
a loro: È a motivo della risurrezione dai morti
che vengo giudicato davanti a voi».
Il governatore Felice capì quello che Lisia gli aveva
scritto: «Lho condotto davanti al Sinedrio e mi sono
accorto che le accuse riguardavano questioni della loro Legge
e che non cerano imputazioni meritevoli di morte o di prigione.
Lo mando da te solo per salvarlo da un complotto contro di lui».
Anche il governatore ora ha le stesse convinzioni. Interrompe
la seduta e la aggiorna alla venuta del comandante Lisia, mai
avvenuta.
Conoscere
la Via (24,23-27)
Ora Paolo è veramente
più libero. Il governatore infatti diede ordine al centurione
che Paolo venisse custodito e che la sua prigionia risultasse
mitigata senza impedire ai suoi di prestargli servizio. E forse
è dalla conoscenza delle persone che frequentavano Paolo,
che lui e la sua convivente Drusilla incominciarono a frequentarlo,
sperando di avere da lui del denaro.
Ma Paolo conosceva la loro vita dissoluta (Drusilla infatti era
stata rubata a suo marito per mezzo di un mago) e ne approfittò
per approfondire con loro la Via cioè la dottrina
della fede cristiana. Qualcosa già conoscevano e lapprofondimento
dovette procedere bene fino a quando Paolo incominciò
a parlare di giustizia, di continenza e di giudizio. La conseguenza
è che il governatore non discusse più con Paolo
e che il suo ultimo atto di governatore nei riguardi di Paolo
fu uningiustizia. Paolo avrebbe dovuto essere lasciato
libero perché non si trovò nessun motivo di condanna
contro di lui. Ma Felice lasciò Paolo in prigione per
fare un piacere ai Giudei e consegnò il suo mandato nelle
mani di Porcio Festo.
Paolo si
appella a Cesare (25,1-12)
Con il nuovo governatore i
capi dei Giudei tornarono alla carica e gli chiesero di trasferire
Paolo a Gerusalemme. Questo perché avevano disposto un
tranello per ucciderlo durante il trasferimento. Festo dispose
che il giudizio si facesse a Cesarea. Allora i Giudei scesero
a Cesarea e gli imputarono numerose e gravi colpe senza riuscire
a provarle, mentre Paolo disse: «Non ho commesso alcuna
colpa né contro la Legge, né contro il Tempio,
né contro Cesare». Festo allora per dimostrare ai
Giudei che voleva aiutarli, chiese a Paolo se voleva salire a
Gerusalemme per essere processato là. Ma Paolo tirò
fuori i suoi diritti di cittadinanza romana e rispose: «Mi
trovo davanti al tribunale di Cesare. Nessuno ha il diritto di
consegnarmi a loro. Mi appello a Cesare». E Festo a lui:
«Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai».
La parola di Gesù: «Devi darmi testimonianza anche
a Roma» adesso può diventare realtà. Al di
là di tutte le trame umane è sempre il Signore
che ha lultima parola. E Paolo continua a sperimentare
che davvero cammina con Cristo nella Storia.
Preghiamo
Signore, comè
stato bello vedere trasparire il tuo volto sul volto di Paolo.
Adesso si comprende perché Paolo abbia detto ai cristiani:
«Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo».
Ma questo, quando, con la nostra vita, noi sacerdoti riusciremo
a dirlo ai fedeli?
Signore, insegnaci la contemplazione di te quando meditiamo il
tuo Vangelo e allora, a poco a poco, riusciremo a imitarti sempre
più e compiremo la volontà del Padre che vuole
renderci simili a te.
Ora ti rivolgiamo questa preghiera pensando ai destinatari della
nostra missione: hanno bisogno di vederci come veri modelli del
gregge, sottoposti allazione dello Spirito.
Signore Gesù, ascoltaci!
Amen!
Mario Galizzi
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-1
VISITA Nr.