ALLA
SCUOLA DI MATTEO /2 :
IL DISCORSO DELLA MONTAGNA
Dopo il periodo pasquale
continueremo, ogni domenica, ad ascoltare il Vangelo secondo
Matteo. Però saranno brani tolti dal loro contesto.
Per questo vogliamo aiutare il lettore ad avere una panoramica
dellopera di Matteo, offrendo ogni mese ununità
letteraria compiuta.
In Avvento abbiamo letto il Vangelo dellInfanzia,
tutto centrato su quattro citazioni dellAntico Testamento.
Esse offrono il senso che Matteo vuole dare alla sua opera: Gesù
è il vero compimento della Legge e dei profeti.
Questo è chiaro anche dopo, quando si parla di Giovanni
Battista (3,3) e quando Gesù dà inizio al suo apostolato
in Galilea (4,14-16),
ma soprattutto in 5,17-20.
Ma perché
Matteo presenta Gesù così? La situazione della
Chiesa giudeo-cristiana, destinataria del suo Vangelo, è
tragica. Verso gli anni 80 è stata scomunicata dallebraismo
ufficiale. Molti hanno rifiutato Gesù per continuare nella
fedeltà alla Legge e alle tradizioni dei Padri. In quegli
anni, dopo la distruzione di Gerusalemme (anno 70), il rabbinismo
aveva unautorità senza pari e infondeva con la sua
dottrina tanta sicurezza ad un popolo ormai senza terra. Altri
invece scelsero di rimanere fedeli a Gesù e uscirono
dallaccampamento portando lobbrobrio di Cristo (cioè
accettarono di essere come Gesù rifiutati dal proprio
popolo) per andare in cerca della città futura (Eb
13,13). Ebbene è per questa comunità che Matteo
scrive il suo Vangelo, dimostrando che Gesù porta lantico
alla sua perfezione, al suo vero compimento e che il suo insegnamento
ha unautorità superiore a quella di ogni rabbino.
Lo dimostra il Discorso della Montagna.
Lintroduzione (5,1-2)
è significativa: «Vedendo le folle Gesù salì
sul monte e, sedutosi, gli si avvicinarono i suoi discepoli ed
Egli, aprendo la sua bocca (unespressione solenne che sottolinea
limportanza del momento), insegnava loro dicendo».
Cè un distacco tra Gesù e le folle e linsegnamento
è rivolto ai soli discepoli con un discorso (va da 5,3
a 7,27), senza alcuna interruzione. I destinatari, i discepoli,
sono indicati dal pronome voi e, a volte, personalizzando
al massimo, dal pronome tu.
Nel suo parlare risuona per 17 volte la parola Padre:
Padre vostro, undici volte; Padre tuo,
cinque volte; Padre mio, una volta. Alla parola Padre
corrisponde la parola figli. Sono due parole, che
ci spingono a tenere conto di unaltra parola: fraternità,
anche se non viene usata. Bastano queste indicazioni per capire
che tutto il discorso è centrato sulle relazioni interpersonali
che partono sempre dal cuore.
Guardiamo
a Gesù
È lì, seduto
sul monte, ma non è il nuovo Mosè:
è il Signore. Così viene chiamato Gesù in
tutto il Vangelo. Ora, come un giorno Dio dal monte Sion dettò
la sua Legge, chiamata poi La Legge di Mosè,
così oggi i discepoli sentono il loro Signore che dal
monte annuncia La Legge del Regno, mettendo fine
al Regno della Legge.
Ma prima di spiegare questo, Gesù nelle Beatitudini (5,3-12)
ci offre, il suo autoritratto, che deve diventare
il nostro, perché noi, come ci dice Gesù, dobbiamo
essere sale della terra e luce del mondo
in modo che la gente veda le vostre opere buone e lodi
il Padre vostro che è nei cieli (5,13-16).
A questo punto ci sono
parole molto importanti (5,17-18.20) nelle quali Gesù
ci rivela il suo e il nostro compito: «Non pensate che
io sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti. Non sono venuto
ad abolirli, ma a portarli al loro vero compimento.
Vi assicuro
che i cieli e la terra non scompariranno prima che una lettera
o un piccolo trattino della Legge sia giunto al suo pieno compimento...
e vi dico anche che se la vostra giustizia (cioè: il vostro
modo di vivere la volontà del Padre) non supererà
quello degli scribi e dei farisei non entrerete nel Regno dei
cieli».
Perché ha detto: portarli
al suo vero compimento? Perché in Gesù la
Legge e i Profeti cessano di essere Parola scritta,
come continuano ad essere nella Sinagoga, per diventare
ed essere in continuità evento di salvezza, sino
alla fine
della storia. Per questo Gesù ci insegna a vivere la volontà
di Dio in modo diverso dagli scribi e dai farisei. Le sei antitesi:
«Avete udito che fu detto... ma io vi dico...» (5,231-47)
lo mettono in evidenza.
Come costruire
la fraternità (5,21-47)
Dice Gesù: «Avete
udito che fu detto agli antichi: Non uccidere. Ora,
io vi dico: Chi si adira contro il proprio fratello, chiunque
ferisce il proprio fratello con parole, chiunque lo elimina dal
proprio cuore, chiunque vive come se laltro non esistesse,
chiunque cerca di eliminarlo dalla società (in una parola
di ucciderlo nel proprio cuore e nelle sue relazioni sociali),
sarà sottomesso al giudizio e condannato».
E poi: «Se ti ricordi
che tuo fratello ha qualcosa contro di te... corri a riconciliarti
con il tuo fratello». Il solo ripetersi per quattro volte
della parola fratello dice che Gesù sta parlando
della fraternità allinterno di una comunità
di fede; egli ci insegna a costruire fraternità mediante
la riconciliazione: Va a riconciliarti con il tuo
fratello. Le sue parole invitano a vivere la fraternità
nel profondo del cuore e ciò è possibile se lasciamo
che Dio, compiendo le sue profezie, cambi il nostro cuore di
pietra in cuore di carne per poter vivere in pienezza la legge
dellamore (Ez 11,19-20; 36,25-29). In Geremia 31,33-34
si legge: «Scriverò la mia legge nel loro cuore...
mi dimenticherò del loro peccato».
Con le sue parole Gesù
se la prende con la radice stessa della violenza. Latto
distruttore del fratello nasce dal di dentro, il male è
nel cuore. Latto concreto di uccidere è solo esteriorizzazione
di ciò che già è avvenuto nel cuore. E questo
è chiaro quando si dice: «Fu detto: non commettere
adulterio... Ora io vi dico: Chiunque guarda una donna con il
desiderio di possederla ha già commesso adulterio nel
proprio cuore», ha già mancato di giustizia contro
suo marito e contro la sua famiglia e il suo peccato è
già compiuto. Segue lantitesi sul matrimonio (5,31-32),
che però qui è solo un accenno a un tema che con
le stesse parole Matteo tratterà a fondo nel capitolo
19.
Nella quarta antitesi (5, 33-37) si proibisce il giuramento.
Il motivo è semplice: i figli debbono rivelare la veracità
del Padre. Perciò il parlare tra i fratelli nella fede
sia così visibilmente verace che renda inutile ogni giuramento.
Solo così si rivela il Padre.
***
Con il versetto 38 si riprende
il tema della fraternità che dobbiamo costruire con tutti.
La legge dellocchio per occhio, dente per dente è
abolita. Gesù dice di non opporsi al malvagio
e ne traccia il cammino con cinque imperativi: porgi laltra
guancia; lasciagli anche il mantello; se ti chiede di fare con
lui un chilometro, fanne due; non volgere le spalle a chi ti
chiede un prestito, da a chi ti chiede qualcosa.
Con questi esempi non si dà
al malvagio la licenza di uccidere; essi sono scelti da Gesù
negli estremi limiti del possibile, non sono da prendersi alla
lettera, ma nel loro spirito. E linsegnamento è
più che chiaro. Gesù ci comanda di opporci alla
legge della violenza, di non farla pagare a nessuno, di rispondere
al male con il bene, di usare generosità oltre il richiesto.
Letica di Gesù è quella di un amore assoluto
e gratuito, senza limiti per riuscire a cambiare la società
dando sempre il primato allamore. E questo risulta chiaro
nelle relazioni con i nemici: «Amate i vostri nemici; pregate
per i vostri persecutori» (5,44).
Il nemico,
il persecutore, è mio fratello, perciò debbo cercare
la via per costruire con lui una vera vita fraterna. Sappiamo
bene che questo discorso ci urta. Però costatiamo che
stiamo vivendo in una cultura di morte, che viviamo in una società
in cui la parola giustizia è sinonimo di vendetta.
La parola di Gesù mette il dito sulla piaga e ci fa del
bene perché ci aiuta a vivere il vero amore, e aggiungendo:
affinché siate figli del Padre vostro che è
nei cieli, egli ci indica lo scopo di tutto ciò
che finora ha insegnato: Imitare lamore del Padre,
che fa sorgere il suo sole sui malvagi e sui buoni e fa
piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
Ecco il vero ideale che Gesù
esprime al centro di tutto il discorso, vera chiave di volta
di tutto il suo insegnamento: Diventate perfetti come è
perfetto il Padre vostro che è nei cieli (5,48).
Quasi tutti traducono: siate perfetti.... No! È
meglio: Diventate.... Nulla si improvvisa; la morale
cristiana è la morale del divenire. A poco
a poco cresciamo come figli di Dio; a poco a poco
diventiamo santi. È un arduo ma avvincente
cammino.
Solo se viviamo come figli
del Padre possiamo rompere quel cerchio infernale della violenza
che chiama violenza. I millenni hanno già dimostrato che
questa via non paga; solo lAmore gratuito può, imitando
il Padre, dare cose buone, interessarsi di tutti i fratelli e
soprattutto perdonare. Una società che sia segno di realizzazione
del regno solo può costruirsi sullAmore, il Perdono
e la Riconciliazione. Questa è LA LEGGE DEL REGNO che
permette ai figli, ai fratelli, di vivere la vera fraternità,
e che permette di...
Vivere nella
luce del Padre (c. 6)
Penso che sia questo il titolo
più bello della seconda parte del Discorso che trova il
suo culmine nella preghiera del Padre nostro. Linizio
è significativo: «Guardatevi dal compiere le vostre
opere buone davanti agli uomini per essere visti da loro, altrimenti
non avrete nessuna ricompensa dal Padre vostro che è nei
cieli». Il testo richiama 5,16: «che vedano le vostre
opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei
cieli». Come figli dobbiamo cercare solo la gloria di Dio,
dare a Dio il primo posto. Le opere buone che tante volte sono
ammirate dagli altri e trasformate in lodi rivolte a noi, debbono
portarci immediatamente a rendere gloria a Dio. Così ha
fatto Gesù quando si è accorto che la gente lo
ascoltava volentieri e quando i suoi discepoli, mandati da lui,
hanno fatto del bene. Subito disse: «Ti ringrazio, Padre,
che hai nascoste queste cose a chi si crede dotto e sapiente
e le hai rivelate ai piccoli, ai semplici» (11,25). Così
come Gesù anche noi dobbiamo compierle perché Dio
sia conosciuto e glorificato come Padre e per testimoniare la
nostra figliolanza.
Il testo parla poi di tre atti
religiosi: lelemosina,
la preghiera e il digiuno (6,2-6.16-18). Sono solo esempi per evidenziare il modo con
cui si deve compiere ogni atto o opera religiosa: non per essere
ammirati dagli altri, ma da Dio che vede nel segreto,
che conosce lintenzione profonda del nostro agire. Dobbiamo
imparare a sentire la gioia di essere continuamente sotto lo
sguardo amoroso del Padre ed è a Lui che rivolgiamo la
nostra preghiera.
Gesù ci insegna la preghiera dei figli: il
Padre nostro. Non è facile questa preghiera. Il pronome
nostro ci riporta al senso della fraternità.
Perciò se quando la diciamo non cè in noi
lo sforzo di essere fratelli, noi pronunziamo una menzogna. Il
senso della fraternità ritorna con: rimetti a noi
i nostri debiti come noi li rimettiamo agli altri (6,9-13) e
ci porta a un vero distacco dalle ricchezze e a non mettere la
nostra fiducia nel denaro che è solo un mezzo di sussistenza
e unoccasione di condivisione. Impossibile servire Dio
e il denaro (6,19-24). Il cristiano è colui che sa mettere
Dio al primo posto.
Con questa frase entriamo in
un bellissimo brano (6,23-34) e ascoltiamo Gesù che cerca
di farci capire che Dio è tutto ed è realmente
nostro Padre: «Voi valete più di molti passeri...
Non preoccupatevi del cibo e del vestito. Il Padre vostro sa
che ne avete di bisogno». La persona umana ha un valore
massimo per Dio. Sono frasi che fanno pensare alla bontà
di Dio, anche se è il contrario quello che costatiamo.
La libertà umana stravolge il progetto storico di Dio
e non permette alla stragrande maggioranza di sentirsi protagonisti
della storia e di avere il necessario per la vita. Solo chi cerca
il regno di Dio e la sua giustizia, cioè chi fa
la volontà del Padre, può con il suo impegno cambiare
a poco a poco la storia umana e fare sì che si viva la
vera fraternità.
Verso la
conclusione (c. 7)
Allinizio (7,1-12) predomina
il tema della fraternità: «Non giudicate
gli altri... Perché guardi la pagliuzza che è nellocchio
di tuo fratello e non vedi la trave che è nel tuo?».
Solo chi sa mettere sotto critica se stesso, riesce ad avere
un occhio veramente limpido e a vedere le cose belle
che ci sono negli altri, a stimarli e a considerarli superiori
a se stesso (Fil 2,3). È il cammino della vera fraternità.
Seguono poi alcune esortazioni:
«Non date le cose sante ai cani» (7,6). Cioè:
comportatevi in modo tale che la vostra fede non sia disprezzata.
«Date sempre cose buone agli altri, come il Padre vostro
le dà a voi quando le chiedete»: imitate il Padre
vostro che è nei cieli. «Tutto quanto volete che
gli altri facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (7,11-12).
Non sono cose facili, ma necessarie per trovare la via che porta
alla salvezza (7,13-14).
Cè poi una messa in guardia contro quei discepoli
che in realtà sono falsi profeti o maestri, cioè
distruttori della comunità: «Li conoscerete da quello
che fanno» (7,15-20).
Infine, perché il nostro atto di Fede in Gesù Signore
sia sincero, Gesù ci dice che «Bisogna fare la volontà
del Padre mio che è nei cieli». Per questo bisogna
agire sempre in contemplazione del Padre e sforzandoci di vivere
fino in fondo la fraternità (7,21-23).
Preghiamo
Signore Gesù,
tu ti sei fatto nostro fratello e non ti vergogni di esserlo.
Tu ci accetti come siamo e guardi le cose belle che ci sono in
ogni persona e scusi ciò che non va ed è con questo
tuo comportamento che vuoi costruire con tutti una vera fraternità.
Come realizzare questa tua immagine?
Solo se, mediante
il tuo Spirito, tu metti in noi una profonda convinzione che
la vita cristiana è imitazione di Te, allora ci metteremo
sulla tua via; guarderemo ogni persona e ci accorgeremo che in
ognuno cè un frammento della Tua bellezza, impareremo
così a stimarla e a lavorare insieme per iniziare un cammino
di vera fraternità.
Fa o
Signore che cessiamo di parlare di fraternità senza tener
conto di te. Solo guardando a te, a come tu ti comporti e imitandoti,
trasformeremo il nostro ambiente in una vera fraternità.
Amen.
Mario Galizzi SdB
IMMAGINI:
1 Guido Reni : San Matteo. / Matteo vuole
presentare la Chiesa come una fraternità basata non su
legami di sangue ma su relazioni spirituali fondate sulla novità
introdotta dal discorso della montagna.
2 Cristo (particolare del Tributo),
Masaccio (1401-1428), Cappella Brancacci, Firenze. / Nel discorso
delle beatitudini, Gesù non è il nuovo Mosè
che promulga la nuova legge ricevuta da Dio, ma si presenta come
Dio stesso che illumina i suoi discepoli sul contenuto della
vera legge che guida lesistenza delluomo.
3 Apostoli (particolare
della Maestà), Duccio da Buoninsegna (1255-1319), Museo
del Duomo, Siena. / Gli Apostoli raccolsero il messaggio di Gesù
che sul monte annunciò le beatitudini delluomo,
quale nuova legislazione che regola i rapporti fra gli uomini
e con Dio.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2005-4
VISITA Nr.