EUCARESTIA:
CROCE E VITTORIA

Tutta la vita di Gesù, fin dalla sua nascita, è stata orientata alla croce e alla Risurrezione; basti pensare alle parole profetiche di Simeone quando Maria e Giuseppe portarono Gesù al Tempio, “per offrirlo al Signore” (Luca 2,22): «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te (Maria) una spada trafiggerà l’anima» (Luca 2,34-35).

Dunque, Dio ha scelto, per la nostra salvezza, la via dell’umiliazione (incarnazione) e della croce (la passione) come premessa e preparazione alla Risurrezione e alla gloria. Se ci fosse stata una via più vera e più efficace, Dio certamente avrebbe preferito quella. È segno che per dirci e darci tutto il suo amore e condurci alla gloria non c’era via migliore della sofferenza e della morte: e questo è avvenuto non propriamente per espiare una pena (i peccati dell’umanità) o per pagare un prezzo, ma semplicemente – e divinamente! – per darci la misura infinita del suo Amore!

La croce è la via privilegiata dell’amore

La croce è già vittoria in se stessa, perché ci apre alla logica di Dio e ci fa capaci di comprendere i veri motivi e le vere dimensioni dell’amore. Le più profonde lezioni, Dio ce le ha sempre comunicate con i fatti, più che con le parole: nella persona stessa di Gesù!
Gesù ha salvato il mondo attraverso l’oblazione totale della sua vita, compiuta sulla croce; ma già tutta la sua esistenza terrena è stata una obbedienza al Padre, una condivisione delle nostre povertà e delle nostre sofferenze, una accettazione serena delle umiliazioni più cocenti; il racconto della Passione, dal Getsemani al Calvario, raggiunge il culmine della sofferenza e dell’umiliazione e ne è una documentazione più che eloquente.
Tutta questa dimensione di sofferenza, di umiliazione e di dolore Gesù l’ha condensata e come scolpita nell’Ultima Cena, istituendo appunto l’Eucaristia: «Questo è il mio corpo... dato (nel testo della consacrazione del Pane diciamo oggi: “offerto in sacrificio”) per voi; questo è il mio sangue... versato per voi!». Come ha scritto il Papa (Ecclesia de Eucharistia, 11): “L’Eucaristia porta indelebilmente inscritto l’evento della passione e morte del Signore”.
Non possiamo infatti dimenticare quella venatura di sofferenza che ha segnato l’Ultima Cena, anche se – secondo la descrizione del Vangelo di Luca (22,15) – Gesù l’ha iniziata dicendo: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione». Eppure, proprio durante la Cena, Gesù «... si commosse profondamente e dichiarò: In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà» (Giovanni 13,21) e poco dopo disse a Simon Pietro: «In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte» (Giovanni 13,18). Insomma, Gesù si è caricato delle umiliazioni e delle sofferenze di tutta l’umanità, si è unito a tutte le vittime innocenti della violenza e del terrore, di tutti i Paesi e di tutti i tempi...
Il clima di sofferenza, timore e sconcerto di quella Cena non possiamo riviverlo tale e quale oggi nelle nostre Eucaristie; tuttavia non possiamo nemmeno metterlo da parte, perché la sofferenza e il peccato continuano a ripetersi nella storia. Infatti, non poche volte si danno casi di peccatori e peccatrici che, o si accostano alla sacra Mensa con colpe gravi, o con estrema superficialità, distrazione e indifferenza...
Faremmo bene a compiere tutti, preti compresi, un frequente esame di coscienza per verificare fin dove cerchiamo di vivere, e viviamo realmente, il clima di fede, di fedeltà, di sofferenza e di comunione che Gesù “desidera ardentemente” trovare per “mangiare la Pasqua con noi”!

Per una qualità della partecipazione

Veniamo dunque a noi, a come oggi, a quasi venti secoli di distanza, celebriamo l’Eucaristia obbedendo al mandato di Gesù di “fare memoria”.
Innanzitutto il clima: di solito si va a Messa per devozione, o per dovere, o per ottenere una grazia, o per ricordare un defunto; cioè per motivi personali, specifici di ciascuno. Pensiamo invece troppo poco a rivivere in profondità la passione, morte e Risurrezione di Gesù.
Chi va a Messa, di solito, porta con sé i suoi problemi e non pensa a fare una condivisione spirituale includendovi i problemi degli altri partecipanti (questo aspetto lo affronteremo ancora nei prossimi articoli). La preghiera dei fedeli – è vero – ci aiuta ad aprirci sul vasto orizzonte della Chiesa e del mondo, ma siamo ancora troppo chiusi nei nostri problemi, nel nostro piccolo orizzonte.
Apriamoci e spaziamo: mettiamo accanto alle nostre croci anche le croci dei nostri fratelli vicini e lontani e disponiamoci a condividere le sofferenze altrui, così come ci sentiamo sollevati quando qualcuno condivide le nostre croci. L’Eucaristia, Gesù l’ha istituita proprio per questo, perché tutte le nostre gioie e dolori confluiscano nel mistero del suo Corpo e Sangue donati!
Proviamo anche a celebrare l’Eucaristia uniti a Maria ai piedi della croce. Ci sarà di conforto sentirci, come ha voluto Gesù, i suoi figli; infatti, affidando Maria a Giovanni e Giovanni a Maria, Gesù morente ha voluto estendere alla Madre sua la maternità su tutti i suoi discepoli (Giovanni 19,25-27).
E così, nella nostra vita quotidiana, noi cominceremo a vedere le nostre croci in una luce nuova, la luce eucaristica, e le porteremo con meno sofferenza e soprattutto con più fede e amore. Perché, dobbiamo riconoscerlo e affermarlo con maggiore convinzione, tutte le buone volontà non sono sufficienti a rendere meno penoso il nostro calvario, ci è necessario l’apporto determinante e insostituibile dell’Eucaristia!
Sì, con Gesù le croci sono più leggere, non solo, ma quasi ci infondono entusiasmo e disponibilità per aiutare gli altri che soffrono a portare con meno disagio la loro croce. Lo possono dire tutti coloro che si dedicano a sollevare i fratelli sofferenti (poveri, malati, depressi...) e a condividere con loro le pene e le indigenze. Non c’è nulla come la condivisione che, mentre da una parte allevia le pene altrui, dall’altra allevia e rende quasi desiderabili le nostre! «Beati gli afflitti, perché saranno consolati!» (Matteo 5,4).

Eucaristia: il segno della vittoria

E così arriviamo a capire – con non piccola soddisfazione – il senso e la conclusione di tutte le croci e di tutte le sofferenze. E la conclusione è, non può non essere, la stessa Risurrezione di Gesù!
Se Gesù è morto, è solo perché dopo la morte ci sarebbe stata la Risurrezione. Anzi, dobbiamo dire di più: se Gesù è morto ed è risorto, è solo e unicamente per poter far risorgere tutti noi.
Guai se la conclusione della storia e della creazione terminasse con la morte! Vorrebbe dire che Dio – infinitamente sapiente e potente nel creare un mondo che non finiremo mai di ammirare, e in esso una umanità che ha, nonostante tutto il male, costruito un cammino di crescita straordinaria – alla fine dovrebbe vedere tutta la Sua Opera finire nel nulla, perché inghiottita dalla morte!
E questo vorrebbe dire, ancora, che la morte sarebbe più potente di Dio, e che – non oso scriverlo, tanto questa espressione puzza di bestemmia! – il vero dio sarebbe la morte!
No! Dio è la Vita! Dio è la Risurrezione dei morti! E tutto questo lo celebriamo e lo cantiamo, con un tumulto di gioia nel cuore, in ogni Eucaristia!

                                                                                                 Don Rodolfo Reviglio


IMMAGINI:
1  
L’Eucaristia ci ripresenta il sacrificio di Gesù sulla croce, quale espressione massima dell’amore di Gesù per noi.
2  In ogni celebrazione eucaristica vogliamo proclamare la nostra fedeltà a Gesù che sulla croce ha scelto di rimanere fedele a noi. (Foto Elle di ci, Guerrino PERA).
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-4
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