IL
DIALOGO NELLA BIBBIA
Oggi
si parla molto di dialogo. Ma cosa ci dice la Bibbia a riguardo
di questa parola, divenuta molto di moda? Il termine è
di origine greca e la parola diàlogos è del tutto
assente. Esiste invece il verbo, dialégomai, che compare
tredici volte con diverso valore... Gesù usa abitualmente
la forma dellasserzione autoritativa: in verità
(amen) vi dico (rafforzata nel quarto Vangelo: In
verità, in verità vi dico). Quando poi si
confronta con i farisei e i dottori della legge, più che
una discussione nasce regolarmente un diverbio. Sicché
non si vede proprio come si possa presentare Gesù come
lantesignano del dialogo nel senso moderno
del termine.
Dialogo
e fede
Verso la metà del nostro
secolo la parola dialogo nella mentalità comune
diventa emergente e quasi mitica: il termine viene caricato di
sentimenti, di attese, di problematiche che la portano molto
lontano dalla sua valenza primitiva. Il fenomeno concerne soprattutto
il discorso religioso nel mondo cattolico...
A sentire certi pronunciamenti
sembra che si sia identificato nel dialogo lintera
fede cristiana, sicché il dialogare sarebbe
già per se stesso obbedire alla missione fondamentale
di predicare il Vangelo; in realtà il credente deve avere
il nous di Cristo; cioè la sua mentalità, la sua
visione di Dio e delluniverso, la sua capacità di
cogliere il senso di ogni cosa entro il disegno del Padre. Credere
vuol dire guardare la realtà con gli occhi del Risorto...
Chi è investito di questa luce superiore è in grado
di contemplare il disegno che è stato pensato e voluto
per questo ordine di provvidenza. Chi invece ne è privo,
non cogliendo il disegno unificante di Dio, non può esaurire
lintelligibilità di nessun esistente, perché
ogni esistente in concreto è vero solo in
quanto è inserito nella unitotalità
del progetto di Dio ed è finalizzato ad esso.
Senza dubbio, possiamo dialogare
su molte cose, ma su ciò che davvero conta e importa nella
nostra vita, il cristiano non può svendere la sua fede.
Per esempio, non sul significato delluniverso, non sulluomo
che ha come sua indole propria di essere immagine di Cristo,
non sul matrimonio che è annuncio e figura del mistero
sponsale che connette la creazione
al Creatore, non sullamore, sulla giustizia, sulla bellezza,
e sul fondamento ultimo di questi valori.
Ascoltare su questi temi i discorsi di coloro che ignorano Cristo
e la sua causalità esemplare e finale nei confronti di
ogni essere, è pressappoco come ascoltare i giudizi su
unesecuzione musicale di chi fosse sordo dalla nascita
o le disquisizioni di chi è sempre stato cieco sul cromatismo
di un maestro della pittura. Lo si può anche fare, ma
soltanto per ragioni di cortesia, senza alcuna speranza che i
dialoghi di questo genere abbiano esiti per qualche
aspetto plausibili.
Abbiamo
lo spirito di Dio
A questo proposito è
illuminante la dottrina di San Paolo, che ha affrontato il problema
nel secondo capitolo della prima lettera ai Corinzi, dove mette
in opposizione il credente e il non credente. La sua risposta
è chiara, e la riportiamo senza commenti: Noi non
abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per
conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose
noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza
umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali
in termini spirituali. Luomo naturale (psychicòs)
non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia
per lui, e non è capace di intenderle, perché se
ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. Luomo
spirituale (pneumaticòs) invece giudica ogni cosa....
È da notare che limpermeabilità alla luce
dello Spirito può sussistere anche in persone che sono
psichicamente cioè naturalmente, culturalmente,
scientificamente molto dotate.
Questo spiega come ci siano
uomini intellettualmente acutissimi, illustri pensatori, ricercatori
e letterati insigniti del premio Nobel, che in materia di religione,
di antropologia, di etica enunciano dottrine e opinioni che sono
remotissime dalla verità e dalla saggezza.
Mentre si potrà trovare molta verità e molta saggezza
in persone senza istruzione e senza notorietà; persone
alle quali lo Spirito di Dio si è compiaciuto di infondere
uneccezionale capacità di vedere le cose nel loro
senso ultimo e nel
loro valore.
La sapienza
della fede
Luomo davvero realizzato
cioè luomo secondo il progetto di Dio
è luomo pneumatico. Là dove cè
una volontaria ed esplicita chiusura allazione dello Spirito
spesso si determina anche un logoramento delle facoltà
così dette naturali.
La perdita della fede molte volte dà luogo a qualche scardinamento
della ragione, che diviene premessa per qualche aberrante giustificazione
di comportamenti lesivi della dignità umana. In particolare,
non ci si può attendere dai non credenti qualche comprensione
sostanziale di quelle realtà che più direttamente
attengono al cuore del mistero nascosto dai secoli in Dio,
mistero che adesso nellatto di fede noi conosciamo con
ogni sapienza e intelligenza. Per esempio, non ci si può
aspettare che comprendano qualcosa circa lIncarnazione
del Figlio di Dio e la redenzione del mondo attraverso il suo
sacrificio; circa la vita intima di Dio come vita trinitaria;
circa la Chiesa, sposa del Signore risorto e suo corpo,
che cammina in questa nostra storia di errori e di peccati senza
sviarsi e senza contaminarsi; circa la presenza del Corpo
dato e del Sangue sparso sotto i segni eucaristici;
circa il valore del matrimonio indissolubile e della verginità
consacrata; circa la positività e anzi la preziosità
del dolore.
Gioire della
verità, sempre
Chi è davvero non
credente è, in questi discorsi, in uno stato di
analfabetismo quale che sia la sua forza speculativa naturale
e lampiezza della sua erudizione. Sulla terra dellincredulità
noi siamo dunque stranieri e pellegrini e non dobbiamo
cullarci nellillusione che ci si possa intendere facilmente
con tutti.
Ma non per questo dobbiamo sfuggire a ogni contatto e a ogni
discorso che non sia tra coloro che sono illuminati.
Si può e si deve sempre cercare di dialogare con tutti,
nella speranza di trovare qualche parziale concordanza di vedute
e qualche frammentario riconoscimento dei valori cristiani. Se
li troveremo, non potremo che rallegrarci.
Ma sarà
meglio persuadersi che non potrà essere troppo facile,
né troppo frequente la convergenza sia pure parziale tra
coloro che affermano e coloro che negano un disegno divino allorigine
delle cose; coloro che affermano e coloro che negano una vita
eterna oltre la soglia della morte; coloro che affermano e coloro
che negano lesistenza di un mondo invisibile, di là
dalla scena variopinta e labile di ciò che appare; coloro
che credono e coloro che non credono nel Signore Gesù,
crocifisso e risorto, Figlio unico e vero del Dio vivente, Salvatore
delluniverso...
Nellipotesi che anche
nel non credente si possano dare spazi di luce e
singole persuasioni di origine pneumatica
cioè dovuti allazione insindacabile e imprevedibile
dello Spirito allora si può ancora sostenere la
totale impossibilità e la totale inutilità di un
dialogo? La consapevolezza che lordine attuale
di provvidenza possiede una dimensione soprannaturale intrinseca
e onnicomprensiva, ci induce a pensare che nessun uomo di fatto
esistente sia abbandonato entro
i confini della pura naturalità.
Gesù,
la verità che salva
Ogni uomo appartiene al Signore
Gesù prima ancora di essere stato raggiunto e trasformato
dal suo Spirito.
Ogni uomo riproduce
in sé in qualche modo il suo volto prima ancora di partecipare
alla vita divina. Ogni uomo ha già dentro di sé
il fondamento oggettivo di una sua immancabile tensione e vicinanza
al Figlio di Dio incarnato. Inoltre la verità rivelata
storicamente ha permeato e permea di sé ogni conoscenza
umana e ogni cultura, anche quella che con più tenacia
si vuol qualificare profana o laica,
cioè dichiaratamente lontana e indipendente da ogni visione
cristiana.
Il detto famoso di Benedetto
Croce Non possiamo non dirci cristiani è ambiguo,
serve alla confusione delle idee e favorisce il travisamento
dellavvenimento evangelico. Però possiede una sua
verità, nel senso che oggi non è possibile per
nessuno sottrarsi ai fermenti concettuali e spirituali della
rivelazione. Questo è particolarmente evidente per coloro
che appartengono alla nazione italiana e sono fatalmente segnati
dalla sua tradizione, dal suo patrimonio letterario e artistico,
dalla sua civiltà.
Infine non è da sottovalutare
la libera azione illuminante che è propria dello Spirito
Santo. Le intelligenze umane, anche se di solito non arrivano
a percepirlo, sono spesso pneumatizzate quando si
pongono sinceramente al servizio della verità. Tutto ciò
è enunciato dal celebre aforisma caro a San Tommaso: Ogni
verità, da chiunque sia detta, proviene dallo Spirito
Santo. È unaffermazione ai nostri fini molto
preziosa, perché riconosce non solo lesistenza di
un irradiamento pneumatico che va ben oltre larea
dellappartenenza ecclesiale, ma anche che possiamo e dobbiamo
ascoltare ogni parola di luce, una volta riconosciuta come tale,
da qualsiasi bocca venga pronunciata.
Per un vero dialogo, occorre affermare anzitutto che non cè
alcuna possibilità di dialogo tra la fede
e lincredulità, considerate come atteggiamenti mentali
e spirituali totalmente estranei e tra loro antitetici. Del resto,
dallincredulità come tale intesa come piena
negazione di ogni rapporto con Cristo non abbiamo niente
da prendere o da imparare.
Il non credente invece può
farsi portavoce inconsapevole dello Spirito; nel qual caso noi
ci dobbiamo porre in ascolto. Questo non vuol dire che tutto
ciò che egli dice provenga dallo Spirito Santo, poiché
dallo Spirito Santo proviene soltanto ciò che è
vero, vale a dire, ciò che realizza il disegno del Padre
e il Vangelo di Cristo. Si rende perciò necessario un
atteggiamento vigile, che sappia accuratamente esaminare e vagliare.
In conclusione, tutta la riflessione sul dialogo
va preservata da ogni faciloneria e da ogni leggerezza.
La posta in gioco è altissima e la questione è
seria: ci può essere il rischio, con una spensierata apertura
scambiata per generosità, di non riconoscere più
Cristo come lunico maestro di vita e lunico salvatore
delluomo; ma ci può essere anche il rischio, in
nome di una improvvida intransigenza dottrinale, di disimparare
ad amare: ad amare tutti gli uomini senza eccezione, i quali
per il fatto di essere stati creati, sono chiamati ad aver parte
alla gioia divina e restano sempre immagini vive dellunico
Signore delluniverso.
Card. Giacomo Biffi
IMMAGINI:
1 Chi dialoga non solo
deve essere profondamente convinto di quello che dice, ma deve
anche sforzarsi di vivere ciò che dice. Solo così
potrà provare la verità delle sue idee. (Foto di
G. Viviani)
2 Il dialogo autentico rifugge dalle
maschere, dai tentativi di nascondersi e di rifiutare lincontro
con laltro. ( Foto Daniele Dal Bon)
3 Gesù si
presenta alluomo con unesclusività totale.
Lui non è una verità fra le tante, o una possibilità
di realizzazione delluomo fra le molte che gli sono proposte,
Gesù si annuncia come la verità e lunica
salvezza per luomo.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2005-6
VISITA Nr.